Famiglie di Fonditori storici - Regione Emilia Romagna
AREA II - ARCHIVIO STORICO (ARS)
Cap. ARS-G05 - Rassegna fonditori storici - Pag. ARS-G05.39
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(RE) - Reggio Emilia - Famiglia Ruffini - di Nicola Patria
Monografia di Luca Chiavegato su Giuseppe Ruffini
Reggio Emilia, secoli XVIII-XIX.
A Reggio Emilia esisteva, nel settore della fusione di campane, tra il 1700 e il 1800 la Famiglia Ruffini.
Reggio Emilia, XVIII secolo
Fonditore di campane attivo fino al 1755 circa, padre di Giuseppe e Carlo.
“JOSEPH RVFFINI REGII FVNDITOR.”
GIUSEPPE RUFFINI
1721ca. – 1801.
Discendente da una famiglia di
fonditori di probabile origine lombarda[1]
che per almeno due generazioni ebbe la più ricca area di mercato del periodo e
seppe imporsi anche sulla spietata concorrenza, Giuseppe Ruffini nasce sulle
colline dell’Appennino emiliano tra Modena e Reggio Emilia attorno al 1721. Sino
alla metà degli anni cinquanta lavora con il padre, Giovanni Domenico, dal quale apprende l’arte della fusione dei metalli, e
con i fratelli peregrinando tra le province emiliane di Modena e Reggio e la
Toscana[2].
In seguito, abbandonata la famiglia ma non la
propensione al viaggiare che lo porterà a formarsi un mercato così ampio
da non avere eguali, inizia la sua carriera di artista delle campane che
terminerà a Verona nell’ottobre del 1801. Dalla seconda metà del secolo
diminuisce la sua presenza, almeno come fonditore, nei territori natii che però
non abbandona mai; la sua attività si sposta principalmente nelle province di
Trento, Verona e Mantova. In particolare nella città lombarda riesce ad imporsi
in brevissimo tempo come fonditore ducale superando in tecnica le maestranze
locali, abili ma non specializzate. Legato alle sue radici, non abbandona mai il
titolo di reggiano e continua a
firmarsi “REGII FVNDITOR” o “REGGENSIS”. Solo per il breve periodo in cui
collabora con il suo allievo e socio,
Antonio Maria
Partilora, nelle piccole targhette non vengono menzionate le zone di
origine dei singoli artisti ma unicamente quella della fonderia.
Secondo Spinelli e Parmeggiani già nel 1736 alcune campane
portano la firma di Giuseppe Ruffini ma è difficile affermarlo con certezza in
quanto a quindici anni l’artista poteva solo collaborare con il padre. Le
quattro campane di San Giacomo di Roncole (Modena) sono probabilmente una
collaborazione. Anche i due bronzi per la chiesa di Rocchetta di Guiglia
(Modena), sebbene di quattro anni più tarde, sono opere a più mani. La campana,
ora in possesso privato, del 1746 è forse tra le prime che il padre lascia
firmare autonomamente al figlio. Lo Spinelli pone nel 1750 una fusione per la
chiesa di Aquiaria (Modena) ma la cosa non viene confermata dal Parmeggiani.
Interessante nel 1751 è un contratto di fornitura di campane per la chiesa di
San Michele dei Mucchietti (Modena)[3]
la cui fusione venne però realizzata di fatto dal padre[4],
Giovanni Domenico. Sempre dello stesso anno è la fusione di una campana a Montorso (Modena) che viene poi rinnovata, assieme alle altre esistenti, negli
anni settanta del secolo successivo. Nel 1752 fonde le due campane della
parrocchiale di Montecenere (Modena) e l’anno successivo le tre di
Montebaranzone (Modena).
Sempre nel 1753 lo Spinelli menziona due
importanti commissioni che, come altre, non trovano corrispondenza in
pubblicazioni successive: la campana dell’orologio della Caserma, e la campana
per
Nel 1757 la comunità di Castelvetro nel modenese lo chiama per rifondere la campana civica della torre dell’orologio
[5]. In seguito fonde alcuni bronzi per le chiese parrocchiali di Villabianca (Modena) e San Dalmazio (Modena). Lo troviamo quindi a Novellara (Reggio Emilia) per la fornitura di tre campane alla chiesa parrocchiale, mentre a San Pancrazio, alla periferia di Modena, fonde un concerto di tre campane[6]. Dal 1761 è attivo nelle due provincie emiliane, che allora erano parte di uno stesso regno sotto la dinastia estense: qui ritroviamo infatti una sua campanella nell’oratorio di San Giorgio di Lentigione (Reggio Emilia), un’altra nella parrocchiale di Bastiglia (Modena) ed altre tre in quella di San Biagio in Palude (Modena).In questi anni è probabilmente già uscito dai confini dello stato estense anche se non si è ancora spinto fino alle chiese principali delle città vicine. Nel 1762 è però a Mantova dove lavora nella fonderia ducale di San Giorgio
[7]. Qui la sua prima opera pubblica è la fusione della campana maggiore della torre del Duomo dedicato a San Pietro che, con un diametro diQuesto grande successo porta, lo stesso anno, la coppia Ruffini-Gatti alla fusione di un altro bronzo importante non tanto per le dimensioni quanto per l’imponenza del luogo che lo avrebbe ospitato: il campanile della Basilica Palatina di Santa Barbara. Qui va ad arricchire il gruppo di storiche campane che a partire dal 1554
[9] sono state collocate sulla torre. In quest’opera la coppia di artisti si firma separatamente: ”…IVLIO GATTI MANT. FVND. CAMP.” e “…IOSEPH RUFFINI REGGIENSIS FVND. DVC.” [10]. Il successo dei bronzi porta il Ruffini al titolo di fonditore ducale.
Nel 1763 troviamo solo testimonianze di campane
firmate con il cognome Ruffini nella chiesa parrocchiale di San Paolo a
Concordia sulla Secchia, a Roncole e l’ultima campana rimasta nella chiesa di
San Michele dei Mucchietti, probabile rifusione o aggiunta alle preesistenti,
tutti in provincia di Modena, opere realizzate probabilmente in collaborazione
con i fratelli.
In questi stessi anni Giuseppe Ruffini comincia a lambire anche i territori di Verona e di Trento e nel 1764 fonde, secondo l’Inama, sei grandi campane in DO naturale per la parrocchiale di San Martino a Fondo (Trento): cinque nella scala diatonica maggiore, più l’ottavino
[12]. Lo stesso anno riceve un’importante commissione dal paese di San Possidomio, nella pianura modenese, dove realizza cinque campane con le note essenziali per i più comuni concerti emiliani di quattro elementi, formando il cosiddetto ottavo, in quanto la campana grande e le tre campane mezzane formano il sesto, mentre gli stessi tre bronzi con il minore formano il maggiore classico[13]. Per quanto riguarda i successivi tre anni abbiamo un vuoto documentario a colmare il quale ci viene in aiuto un libretto antico in cui sono citati una serie di paesi dove i Ruffini, non solo lui ma anche i suoi parenti più stretti ovvero il padre ed i fratelli, hanno fuso sacri bronzi. Il testo è datato 1770 e cita paesi delle provincie trentina, veronese, bresciana, reggiana, modenese, parmense, piacentina, cremonese e molte altre che, sebbene con tanti dubbi, danno una panoramica sia della diffusione della opere della dinastia sia del loro fiorente mercato[14].
Interessante è la testimonianza dello Spinelli
che, trattando delle campane del 1766, attesta che nelle chiese di San Rocco e
di San Bernardino da Siena di Carpi (Modena), vi erano campane firmate Fratelli
Ruffini. Questo porta a pensare che Giuseppe ed uno dei suoi fratelli o entrambi
abbiano collaborato per un breve periodo della loro vita sino a che il primo non
si è proiettato su un mercato più ampio e fertile come quello mantovano,
veronese e trentino mentre il secondo è rimasto a sopperire le esigenze del
mercato locale. Per la chiesa di San Pietro di Reggio nell’Emilia Giuseppe
Ruffini promette di fondere la campana maggiore e di intonarla secondo il volere
dell’abate a titolo gratuito; in cambio chiede la terra di scarto dello scavo
del fondamento della nuova torre campanaria. Non si sa però con certezza se il
contratto sia stato effettivamente eseguito.
Nel 1767 Giuseppe Ruffini installa sul piccolo campanile della chiesa di Pampuro di Sorgà (Verona) due campane; firmandole tralascia il titolo ducale per rimanere solo: “…FUSOR JOSEPH RUFFINI REGGIENSIS
[15]”. Lo stesso anno fonde a Moglia di Gonzaga (Mantova) due campane di medie dimensioni[16].Un’importante testimonianza delle sue indagini musicali ci è data dal suo Diapason riportato su campane successive ma il cui stampo in negativo risale proprio all’anno 1767. Importantissima è la commissione delle sei campane per la parrocchiale di Cavedine
[17] (Trento) fuse nel 1768 e benedette, con le due campane di Torbole di Riva del Garda (Trento), nella chiesa di San Marco a Trento il 4 Febbraio 1769.Alla fine degli anni sessanta del XVIII secolo il Ruffini è chiamato dalla comunità di Ostiglia (Mantova) per fondere un concerto di quattro campane a salto in RE maggiore; di queste la tonica, ossia la maggiore, esiste ancora. Il pagamento del campanone era a carico del comune diventando campana civica, mentre le altre tre erano a carico dei fedeli della chiesa di Santa Maria di Castello, essendo il concerto posizionato su quella torre. Questa campana, reduce dello scomparso concerto, porta come le precedenti lunghe inscrizioni che terminano con la firma dell’artista
[18]; in questo caso: “…ANNO DNI MDCCLXIX PER IOSEPH RUFFINI REGII ET MANTVAE FONDITOR”. Questo gruppo di campane, intonate secondo l’accordo armonico maggiore, è detto concerto a salto. Anche sul campanone ostigliense il Ruffini colloca il suo Diapason con una lunga inscrizione: ”SCALA DEI ORDINI DIATONICO CROMATICO ET AENARMONICO” firmata nella parte bassa: “JOSEP RVFFINI REGII FVN EX TRUXIT A.D. 1767[19]”.L’anno successivo torna ad Ostiglia per fondere la campana della torre dell’orologio, trasportata a metà del XIX secolo, sull’orologio dell’ospedale civile. Su molte campane minori, come questa, non cita i suoi titoli rimanendo quasi in forma anonima: “…A.D. MDCCLXX PER IOSEPH RUFFINI
[20]”.Rimane quindi a Mantova dove lavora per il monastero di San Barnaba e nel 1770 installa due campane del vecchio concerto andato perduto
[21].Questo fatto è importante perché conferma nelle decorazioni ciò che si è potuto solo ipotizzare trattando del campanone di Cavedine e di Ostiglia: lo studio cioè della fonica nella corrispondenza delle varie note nell’impostazione cromatica della musica e della musicalità gregoriana. Al tempo stesso la rappresentazione del suo Diapason su alcune delle sue campane mostra il suo interesse per la musica in generale e quella specifica e un po’ ristretta per le campane. Tale studio, diventato un ulteriore modo per personalizzare le sue opere, appare anche su alcuni bronzi fusi per il trentino come, per esempio quello fuso nel 1772 per la chiesa curaziale di Bondo (Trento)
[22] in cui la grande campana-cornice, è attorniata da simboli araldici e da arnesi da lavoro[23].Sempre quell’anno Giuseppe Ruffini innalza a Vallarsa (Trento) un poderoso concerto di sei campane in DO naturale con cinque elementi in scala ed
ottavino[24]. Questo e quello di Fondo, fuso in precedenza, anticipano di alcuni anni quello di San Giorgio in Braida a Verona che si ritiene, in ambito veronese, il primo dell’artista.
Nel 1771 lo Spinelli lo vuole attivo nel paese di
Disvetro (Modena) ma questa informazione non è confermata dalle ricerche
successive, infatti il Parmeggiani afferma che la campana qui fusa va
attribuita al fratello Carlo.
Il 1772 è un anno particolarmente prolifico per
Giuseppe Ruffini specie nel trentino dove, oltre ai già citati bronzi di Bondo e
Vallarsa, fonde campane per Cavrasto, Sclemo, Stennico, Seo e Vion; tutte
fusioni di una o due campane. A Pelugo (Trento) e a Ca’ Bianca di Finale Emilia
(Modena) troviamo testimonianze di sue opere l’anno successivo.
Tornato a Mantova, nel 1774 è chiamato nel basso
veronese ad Isola Rizza per fondere tre campane per la nuova chiesa costruita
proprio in quel periodo. Quasi con assoluta certezza anche su queste campane è
presente il Diapason. Lavora quindi, sempre in trentino, con
Giovanni Chiappani (11/7/1756 – 13/2/1788), figlio
di
Bartolomeo (17/8/1728 – 15/9/1804) e suo
allievo e socio dal 1770, fornendo campane a Banco di San Zeno, Fondo, Albiano e
Priò di Vervò.
Le due più importanti fusioni del 1775 sono le campane di San Giorgio di Rovereto (Trento), e l’aggiunta di quattro campane alle tre preesistenti del concerto di Villalagarina (Trento) dove la fabbriceria locale, non approvando la soluzione del concerto in tono minore della prima proposta, celebra con esultanza l’ampliamento massiccio del predetto gruppo di campane
[25].Fino al 1775 risiede ora a Mantova, ora a Trento ma già prima del 26 luglio 1776, data della sua entrata nella Corporazione dei Fabbri e Calderai di Verona
[26], si è trasferito nella città scaligera dove, superata la prova d’ingresso che consisteva nel fondere una campana di 180 pesi veronesi - 15 quintali ca. - per la chiesa di Colognola ai Colli[27], apre una fonderia nei pressi della sanmicheliana Porta Nuova.Lo stesso anno Giuseppe Ruffini adatta il concerto di cinque campane in SOL maggiore calante per la chiesa di San Giorgio in Braida
[28] che per la città di Verona è il secondo gruppo di campane intonato sulla scala diatonica maggiore dal momento che fa seguito al concerto di cinque bronzi con scala in FA maggiore creato nel 1755 dal fonditore cremasco Domenico Crespi (13/8/1703-1/10/1765) per la chiesa di San Fermo Maggiore. In precedenza a Verona i gruppi di campane, o concerti, erano costituiti da campane di grandi dimensioni ed avevano intonazione a salto dal momento che costituivano un accordo armonico maggiore con prima, terza, quinta e ottava di un concerto ad otto campane intonate secondo la scala maggiore dove quinta e ottava erano le due minori. Questi concerti avevano a Verona una tradizione dal momento che già nel XVI secolo una famiglia di fonditori originari di Pescantina, i Bonaventurini, ne avevano installato nel 1551 uno nella chiesa di Santa Maria in Organo e che nel corso del Seicento il fonditore veronese Bartolomeo Pisenti ne aveva prodotti uno per la chiesa di San Nicolò all’Arena nel 1682 ed un secondo per quella di San Bernardino nel 1684. Il successo del concerto armonico fu per altro tale da soppiantare quello più l’antico a salto, e quello dei gruppi di campane installate alla rinfusa come quelle della Basilica di San Zeno Maggiore[29].
Nonostante ciò il Ruffini continua a fondere campane
singole da inserire su torri sulle quali ve ne erano già altre non accordate. È
il caso della quarta del concerto di
Casaleone (Verona) fusa nel 1776 ed inizialmente priva delle inscrizioni in
rilievo, cesellate sul dorso solo a fusione avvenuta. Il Ruffini produce quindi
campane per San Zeno di Montagna (Verona) e per Valli del Pasubio (Vicenza) dove
fonde, in loco, cinque campane in MI bemolle maggiore. Di queste ci rimane solo
la minore, scampata alle requisizioni.
Il 1777 si può dire l’anno più fecondo per la produzione trentina del Ruffini. L’elenco dei paesi ed il numero di campane fuse facevano invidia a molti concorrenti. Tra le tante citiamo per la mole e per essere l’ultima campana con il berretto e la più tarda, la campana maggiore d’Ossana nell’alta Val di Sole
[30] (Trento). Questo vero e proprio capolavoro dell’arte fusoria presenta all’interno un particolare che ad un attento osservatore non può sfuggire: l’innesto nella sagoma del berretto viene scavato in modo da aumentare la volumetria della cassa armonica abbassando così di tono le vibrazioni che si sviluppano in quella parte del bronzo.Nel 1778 è di nuovo a Mantova per la fusione della prima campana del vecchio concerto di San Barnaba, integrato in seguito con fusioni e rifusioni delle campane seconda, terza e quinta o maggiore dalle fonderie Luigi Cavadini di Verona e Daciano Colbachini di Padova. * L’attuale concerto di questa chiesa consiste in cinque bronzi impostati sulla scala tedesca del Gloria - che consiste nella prima, nella seconda e nella quarta nota della scala diatonica maggiore - raddoppiandola creando oltre agli intervalli musicali di seconda e terza, anche quelli di quarta, abbandonando lo schema musicale gregoriano della scala diatonica maggiore promosso dal Ruffini. Le note musicali espresse da questi bronzi sono: RE naturale, MI nat., SOL nat., LA nat., DO nat. (si noti che la terza campana cioè il SOL nat., è la minore del primo terzetto e la maggiore del secondo). Nonostante la possibilità di maggiori intervalli musicali, il Diapason ruffiniano, permette all’occorrenza, di ampliare concerti di cinque, sei, sette anche se molto raro, otto e più campane creando con la possibilità delle molte e semplici note, una vasta gamma di suoni.
Sempre nel 1778, fonde una campana per la chiesa di
San Martino in Mantova, sulla quale si firma solo con il nome: “FATTA RIFONDERE
DAL SIG. PIETRO BOLGIANI PRIMO FABBRICERE DI S. CARITA’ E DI S. MARTINO IN
MANTOVA DA GIUSEPPE” (manca il posto per Ruffini essendo l’inscrizione
costituita da un’unica riga come menziona il Gerola o. c.). Lo stesso anno torna
nel parmense dove a Bedonia fonde almeno la campana minore di quel gruppo di
sacri bronzi.
Nel 1779 rifonde due campane della Torre dei Lamberti,
ricreando il concerto a salto più
poderoso del veneto formato dal RE naturale della
Marangona come tonica, dal FA diesis della
Baiona come terza, dal LA naturale della
Consolata come quinta, dal SI bemolle del
Rengo come terza grave sotto la tonica e dalla
Campana delle Ore come ottava del
Rengo[31].
Questo è anche l’anno dell’invenzione del suo stemma caratteristico per
eccellenza: il medaglione con il suo profilo ricalcante le medaglie e le monete
romane prima, rinascimentali poi. Questo suo marchio di fabbrica, tanto elegante
quanto eccentrico, dimostra una straordinaria cultura dell’antichità. Nella
targhetta sottostante è poi scritto, in rilievo, l’anno di
coniazione del medesimo e il titolo
dell’artefice: “JOSEPH. RVFFINI. REGII. FUNDITOR+ A.D. MDCCLXXIX. ET.SO”.
Per la città di Verona sicuramente non ha eseguito solo queste due importanti commissioni. Le monache di San Michele in Campagna, oggi Extra, gli commissionano proprio quell’anno la rifusione della seconda campana del loro concerto
[32]. Il successo dei suoi molti lavori riesce ad oscurare le capacità di altri fonditori veronesi come Giuseppe Antonio Larducci[33] (1723-post. 1781) e di altri che avrebbero voluto entrare nella città come i Soletti di Brescia ai quali restavano le scarse possibilità che la provincia poteva offrire.
Sempre nel 1779 escono dalle fonderie alle quali
Giuseppe Ruffini si appoggia le quattro grosse campane in DO naturale per Isera
(Trento), quelle per Lardaro sempre nel trentino, ed una piccola campana per
Santa Caterina di Concordia (Modena) uscita dalla sua fonderia di Mantova.
Nel 1780 lo troviamo ad Ala (Trento) per la
fusione di una bella campana in FA naturale. Sulla stessa torre vi è un altro
bronzo, più piccolo e grezzo ma sempre dovuto all’officina di Giuseppe Ruffini
che arriva lo stesso anno a portare campane anche nel reggiano a Felina Amata
dove, in casa Pignedoli, vende una sua opera. È il periodo più fortunato
dell’arte di Giuseppe Ruffini.
Per il duomo di Mirandola (Modena) fonde a Mantova tre campane da accordare a quella maggiore già esistente dal 1736. Troviamo testimonianze scritte di campane fuse anche per la provincia di Trento, ma, stranamente non ci sono fusioni di campane nella città dei Principi-Vescovi, forse perché le poche campane che si rompevano in città erano subito rifatte, prima che si spargesse troppo la voce, da fonditori privilegiati come i Maffei
[34].
Nello stesso periodo Giuseppe Ruffini fonde
numerose campane di varie dimensioni, in prevalenza di piccole dimensioni, anche
la provincia di Verona ed in particolare per
Nei primi anni ottanta lo troviamo principalmente
in trentino: nel
Per la chiesa abbaziale d’Isola della Scala (Verona) fonde due bronzi nel 1787 e 1788. Secondo il Franzoni, don Tracco lo chiama a Bovolone (Verona) per issare sul possente campanile un concerto di campane del quale ne rimane una che è la terza del concerto partendo dalla maggiore fusa nel 1787 e porta il medaglione di riconoscimento
[37].
Dal 1788 al Ruffini si affianca un altro fonditore, suo
allievo e collaboratore,
Anton Maria Partilora[38]
(pre 1776-post 1801). Assieme lavorano tra
l’altro per la campana civica di Canneto sull’Oglio[39]
(Mantova) fusa nel 1788 con nota RE bemolle; al concerto di Roverchiara (Verona)
del
Attorno ai primi anni novanta del XVIII secolo mentre alcuni dei suoi allievi, e tra questi Pietro Cavadini e Bartolomeo Chiappani
[42], lasciano la sua fonderia per aprire attività concorrenziali si rafforzano per contro i rapporti con il Partilora Anche se il Ruffini non trascura di lavorare talora da solo come quando nel 1790 firma le tre campane per Sustinenza di Casaleone, tra i due si stringe in effetti un sodalizio che dura sino alla realizzazione del concerto di San Giorgio in Salici (Verona) nel 1794 dove si firmano entrambi.
Nel 1790 il Ruffini lavora con il fidato allievo
Partilora per le due campane di San Pietro al
Colle di Caldiero e per la campana maggiore del santuario della Madonnina di
Pescantina entrambe nel veronese. Sebbene lavorino assieme il Ruffini firma le
campane con le famose targhette e con il suo caratteristico
medaglione. E’ però interessante la
piccola scritta in rilievo di questa decorazione: “A.D. MDCCLXXIX + ET SO.” dove
la cosa più importante è costituita da quei due bisillabi che seguono la data:
con tutta probabilità il Ruffini ha voluto omaggiare i suoi molti allievi in
questo modo, citandoli tutti come soci a pieno titolo della sua grande impresa[43].
Nel 1795 la fusione della campana maggiore del
concerto cittadino di San Giorgio in Braida a Verona porta la firma del solo
maestro che curiosamente, in una targhetta nuova ma soprattutto in italiano, si
firma: ”GIUSEPPE RVFFINI FONDITORE”.
Assieme al
Partilora firma
poi il contratto per la fornitura di cinque campane per la chiesa di San Marco
di Rovereto nel 1796, ma il gruppo di campane in scala saltuaria, probabilmente
non è stato realizzato a causa delle Pasque Veronesi.
Nel 1797 lavora per la chiesa di Santa Maria in
Organo, nella contrada veronese dell’Isolo, fondendo la campana maggiore uguale
alla precedente. Nel 1799, fonde probabilmente la sua ultima campana per la
contrada Campe di Velo Veronese che emette nota “RE naturale” e pesa circa
Giuseppe Ruffini muore il 24 ottobre
La saldezza del rapporto fra il Ruffini ed i Partilora è attestata anche dopo la sua morte dal fatto che, probabilmente per volere di Anton Maria, alla morte del maestro, molto dell’apparato decorativo di quella fonderia sarebbe passata di proprietà della fonderia di Pietro Antonio Partilora ed ancor più dall’interesse dimostrato da quest’ultimo per il ritratto del Ruffini. Una volta entratone in possesso, per altro lo modifica nel nome e se lo intesta come testimonia la quarta del concerto di Concamarise (Verona) del 1818, la maggiore del concerto di Casaleone (Verona) fusa nel 1815 e la terza in ordine di dimensione del concerto di Quinto di Valpantena (Verona).
Giuseppe Ruffini;
caratteristiche dell’opera
L’evoluzione della qualità sonora delle opere di Giuseppe Ruffini è dovuta principalmente alla sua continua esperienza nell’ambito fusorio
[44] anche se non va dimenticato lo studio della definizione della nota musicale nel corpo bronzeo, ottenuta modificando il disegno della sagoma, con calcoli e perizie. Il suo impianto stilistico decorativo è stato da esempio per le tre nuove fonderie formatesi con i figli d’arte: Cavadini, Chiappani, Partilora. Ognuna cercò di personalizzarsi senza però distaccarsi dalla matrice così ben collaudata e studiata. Nessuno ebbe più a fregiarsi del titolo di FVND. DVC. Questo è un appellativo che rimane sinonimo di questo artista, come il cielo maggiorato[45], il diapason, i suoi stemmi signorili, probabilmente conquistati per merito per le buone riuscite dei suoi capolavori o quelle dei suoi avi. Elemento decorativo, comune anche agli altri componenti della sua famiglia, il diapason è composto da una grande campana con al suo interno tre file di campanelle nell’ordine dall’alto di tre, quattro e cinque. Su ogni campanella si trova una nota, la distanza musicale da una nota all’altra è pari a circa un mezzo tono. In pratica le dodici campanelle rappresentano le altrettante note che compongono l’ottava musicale. Ai lati di questo vi sono le insegne nobiliari già presenti sulle campane del padre.
Dove non inseriva il
cielo maggiorato, il Ruffini posizionava dei racemi floreali che facevano da
cornice a sedici tondi narranti le storie di Cristo, come sulla campana del
Museo di Montegalda (Vicenza), di Bovolone (Verona), di Canneto sull’Oglio
(Mantova), di San Giorgio in Braida, oppure ripiene di busti di Santi come le
campane di Sustinenza (Verona) o di farfalle e falene come quella di San Giorgio
in Salici (Verona).
Curioso il fatto che su molte campane, ritorni come motivo
ornamentale,
Secondo l’Alberti, il cittadino Ruffini fu
imputato per massoneria nella Verona francese di fine settecento, quando le idee
illuministe uscivano dalla Francia repubblicana per diffondersi a macchia d’olio
in tutta l’Europa monarchica e conservatrice.
L’inserimento di simboli massonici come il sole,
la luna, le stelle, e i nodi di un cordolo, soprattutto nella rappresentazione
del suo diapason, specie nelle campane, come quella di Cavadine (Trento),
insospettirono secondo l’Alberti, le autorità religiose. L’ambiguità del simbolo
del sacrificio del Pellicano che si toglie le piume per sfamare i suoi piccoli,
simbolo dell’Amore cristiano, è anche la rappresentazione di un’esoterica
corrente di pensiero molto antica. L’anteporre al Crocifisso,
L’arte di questo fonditore è tutta da studiare, molte cose sono da scoprire
[46], campane da catalogare, confrontare, capire per svelare misteri irrisolti per far luce su aspetti della sua personalità di fonditore, musicista matematico ed enigmatico artista della seconda metà del settecento.
[1]
Secondo studi comparati con il presente ed
analizzando il Catalogo della numerosa quantità
di campane… (vedi bibl.) sembrerebbe che
l’origine della famiglia sia da localizzarsi in
Lombardia e che abbia avuto un periodo di
attività particolarmente lungo: sarebbe infatti
ancora attiva con un tale Pietro Ruffini,
probabilmente fratello di Giuseppe e di Carlo,
nei territori toscani e nel 1855 nella chiesa
del Rosario di Finale Emilia (Modena).
[2]
Se però vogliano credere a quanto attestano
Spinelli e Parmeggiani, già dal 1736 pare abbia
cominciato a produrre proprie campane andate
purtroppo perdute a causa dei due eventi bellici
che hanno sconvolto il mondo nel XX secolo.
[3]
GOZZADI,
1998, pp. 15-17
[4]
Importante è la figura del padre
Giovanni
Domenico, del quale rimane, in territorio
modenese, solo la seconda campana per
dimensione, della chiesa di Gombola (Modena) del
1732, nella quale però è già abbozzato uno degli
stemmi che saranno la caratteristica
fondamentale dell’impianto decorativo del figlio
Giuseppe. Tale stemma si può ammirare assieme ad
altri sulla campana di Cavedine (Trento – 1768).
[5]
Castelvetro (Modena) campana della Torre
dell’Orologio: “MDCCLVII – MENSE NONO – ECC.MO
DOMINO JOANNI MARCH. FILIPPI AC BONIFACII
CLARISSIMO RANGONIO GENERE CASTRI VITREI
DOMINORVM AERE PUBLICO FUDIT ACVTA ET REFECTA
JOSEPH RVFFINI REGII FONDITORE” (sic. Così
riportata dal Parmeggiani ma probabilmente con
scarsa attenzione filologica).
[6]
Con ogni probabilità queste campane non seguono
la logica musicale della scala diatonica
maggiore propriamente detta ma sono due grandi
ed una piccola e manca la cosiddetta mezzanella
che, nel gergo del sistema di suono delle
campane in Emilia-Romagna, consiste nella
seconda campana per dimensioni partendo dalla
minore.
[7]
La fonderia ducale di Mantova di San Giorgio,
aveva sede nell’omonima zona industriale della
città, fuori dal centro storico per necessità di
spazio e paura di eventuali incendi che
avrebbero potuto propagarsi in fretta in tutto
l’abitato.
[8]
“PROTEGAT VRBEM HANC PROPTER DAVID SERVVM MEVM –
SEDE EPISC.
VACANTE R. ECCONOMIS A ANSELM. VIVA. ET IO. CAROLO TAMBVRINI S. ECCLES.
MANT. CANONICIS – AVDITE INSVLAE ET ATENDITE
POPVLI DE LONGE – A.D. MDCCCXLII OPUS RUFINI
REGENSIS VNA CVM
IULIO GATTI MANTVANO”. Nel
rilievo del Gerola c’è l’inversione nella data
delle lettere X ed L trasformando così il
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore |
|
I |
IX tonica |
1563 |
2300 |
SI |
1762 |
Ruffini Giuseppe (RE) e Gatti Giulio (MN) |
II |
VIII sopratonica |
1425 |
1660 |
RE b |
1843 |
|
III |
VII modale |
1272 |
1176 |
MI b |
1843 |
|
IV |
VI
sottodominante |
1190 |
976 |
MI |
1843 |
|
V |
V dominante |
1065 |
709 |
SOL b |
1843 |
|
VI |
IV
sopradominante |
950 |
501 |
LA b |
1843 |
|
VII |
II tonica |
800 |
309 |
SI |
1843 |
[9]
Il gruppo di campane della chiesa palatina di
Santa Barbara, tuttora esistenti, sono state
installate dal 1554 ed hanno le seguenti
caratteristiche:
n° campana |
Diam. Mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore |
|
I |
Tonica |
1257 |
1350 |
RE |
1650 |
|
II |
Modale |
1189 |
1100 |
FA |
1589 |
|
III |
sottodominante |
1142 |
1150 |
SOL |
1554 |
|
IV |
sopradominante |
778 |
280 |
SI |
1762 |
Ruffini Giuseppe
RE e
Gatti Giulio
MN |
V |
Tonica |
650 |
157 |
RE |
1934 |
|
Non esistente |
? |
? |
? |
1619 |
Le antiche campane non hanno
una scalarità musicale nella loro disposizione
fatto molto singolare perché le richieste erano
spesso molto esigenti.
[10]
L’iscrizione recita:
“MDCCLXII MARIA THERESIA IMPERATRICE REGINA
APOSTOLICA DUCE MANTUAE - REGIO AERE REFORMATA
REGNANTE –
IVLIO GATTI
MANT. FUND CAM – CARLO
RAMESINI LVZZARA PETROZANI ABBATE – IOSEPH
RUFINI REGIENSIS FUND DVC”.
[11]
Gatti Giulio
fonditore mantovano nel 1761, prima
del probabile arrivo in Mantova del fonditore Ruffini, fonde una campana per la chiesa di S.
Maddalena di Schiarino (note su un libretto
mostratomi dal Cavadini).
[12]
Il concerto di Fondo (Trento) iniziato nel 1764
è stato completato sempre dal Ruffini nel 1775.
La requisizione del primo conflitto mondiale da
parte degli austriaci portò via cinque delle
otto campane che componevano il concerto.
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore
|
|
I |
IX tonica |
1475 |
1957 |
DO |
1764 |
Ruffini Giuseppe
RE |
II |
VIII sopratonica |
1294 |
1344 |
RE |
1922 |
|
III |
VII modale |
1143 |
879 |
MI |
1922 |
|
IV |
VI
sottodominante |
1086 |
743 |
FA |
1922 |
|
V |
V dominante |
986 |
566 |
SOL |
1774 |
Ruffini Giuseppe
RE |
VI |
IV
sopradominante |
855 |
347 |
LA |
1922 |
|
VII |
III sensibile |
751 |
237 |
SI |
1922 |
|
VIII |
II tonica |
733 |
205 |
DO |
1764 |
Ruffini Giuseppe
RE |
TE SIBI DEVOTAM MARTINVS EPISCOPVS ALMVM
ECCLESIAE TITVLVM QUI TENET HVIVS HABET –
CONVOCO DICO NOTO DEPELLO CONCINO SIGNO ARMA
DIES HORAS FULMINA LAETA SACRA – SUMPTIBUS
MAGNIFICAE UNIVERSITATIS BVRGI FVNDI TEMPORE REV.
D ANTONII CIOLLI ARCHIPRESYT. Altra
inscrizione con la firma rovinata quasi
illeggibile.
SIGNUM AD MISSAS FRANCISCVU XAVIER AD ..
EXSTINCTIS FOCIS NIL MINVS POTES – ILLA EGO QVAE
FVERAM POST QVATTVOR VLTIMA QVONDAM IS MINOR AT
MAJOR SVM QVIA SEXTA MINOR – IOSEP RVFFINI FUDIT
EXTRVXIT 1774.
IN COMPLEMENTVM RELIQVIS SVPERADDERIS TE MAJORI
MINIMAM VOX CONSONANTIAE GRATIA GRATIS ADJVNGIT
MDCCLXIV.
Si può notare che
la quinta campana per dimensione è stata
probabilmente rifusa dall’artista, dalle
inscrizioni si conosce che la “sensibile” e
stata fusa nel 1775, mentre l’ottavino è stato
regalato dal fonditore.
[13]
Il concerto di S. Possidomio è composto da
cinque elementi disposti in modo tale da avere
le due tipologie di “quarti” più diffusi in
Emilia Romagna. Il primo di questi viene detto
comunemente “sesto” in quanto la differenza di
tono tra la prima campana e l’ultima considerata
del “quarto” in questione e di sei note della
scala maggiore (MI – DO#). Il “maggiore”
classico è formato dalle tre campane mezzane e
dalla minore creando un “doppio” in LA naturale.
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore |
||
I |
I sesto |
|
111,5 |
850 |
MI |
1764 |
Giuseppe Ruffini
RE |
II |
II sesto |
I quarto |
83,0 |
350 |
LA |
1948 |
|
III |
III sesto |
II quarto |
74,0 |
250 |
SI |
1948 |
|
IV |
IV sesto |
III quarto |
66,0 |
170 |
DO# |
1948 |
|
V |
|
IV quarto |
55,0 |
100 |
MI |
1948 |
HASCE QVINQVE CAMPANAS ILLVSTRISS. AC
REVERENDISS. O. MARIVS E MARCHION. CASTELVETRI
REGIEN. EPISC. ET PRINCEPS. HANC PRIMAM IN SS.
TRINITATIS ALTERAMQ B. MARIAE V. HONOREM SOLEMNI
RITU SACRAVIT A.V.E. MDCCLXIV – SANCTVS DEVS
SANCTVS FORTIS SANCTVS IMMORTALIS MISERERE
NOBIS. – ACHILLE TACOLI HVIVS TERRAE MARCHIONE
CVRANTE AC LARGITORE PRAECLARO ECCLESIAE PAROCHI
SOLIDALITATVM CLERI IX CANONICORVM
CVPIDISSIMIQVE POPVLI ELEMOSINIS VETERI
VTRIVSQUE CAMPANAE AERE INTERFUSO HASCE QVINQVE
CAMPANAS FVSORES RVFFINI REGII LEPIDI
EFFORMARVNT A.V.E. MDCCLXIV. – RECTOR JOANNES
BAPTISTA BORLENGHI I.V.D. ATQVE VICARIO FORANEO.
[14]
“Catalogo della
numerosa quantità di campane fatte dai fonditori
Ruffini di Reggio di Lombardia in diverse parti
d’Italia […]”. Interessante, per la panoramica
delle molte zone interessate e per le chiese ed
i comuni coinvolti.
[15]”PIIS
AELEMOSINIS COMUNITATIS PAMPVRI A.D. MDCCLXVII
FVSOR JOSEP RVFFINI REGGIENSIS”
in questa
piccola campana cominciano a comparire animali
esotici come lo scorpione, bellissimo
altorilievo nel quale ogni piccolissimo
particolare sembra prendere vita, questo da
l’idea dell’ottima capacità di fusione
dell’artista. Delle due campane ne rimane una
sola.
[16]
Moglia di Gonzaga (Mantova) fonde a Mantova due
campane una di pesi 84 e la seconda di pesi 44
(rispettivamente kg 650,24 e 345,84) con le note
di FA naturale e LA nat.
[17]
Il concerto di Cavedine dichiarato dal Tovazzi
di cinque elementi, segna dal punto di vista
dell’eleganza delle decorazioni il
raggiungimento da parte dell’artista della piena
maturità. Di queste campane ci rimane solo la
maggiore salvatasi per il suo valore storico
artistico dalle varie requisizioni. Emette nota
musicale RE nat. ed era stimata sui 125 pesi
trentini (kg 1050).
QVO FVGIET POPVLVS – VIGILI VNDIQVE CINCTVS AB
OSTE – VIRGO BENIGNA TVVM? – SVMPTIBVS ECCLESIAE
– POPVLIQVE – AVCTORE RVFINI CAMPANAS AVDIS
DOCTI – MODVLAMINIS ANNO – QVO REGIT HVNC
POPVLVM – PRIMO ROMEDIVS EBLI – CAVEDINI FUERAT
SACRVM TIBI STEPHANE TEMPLVM – AST MODVS NON
APTUM SACRIS – HOC VTILE NOBIS – CAMPANIS
SPATIVM FUSO DEDIT AERE STRVENDIS. DIAPASON E
SCALA DEI ORDINI DIATONICO CROMATICO ET
ENARMONICO – IOSEP. RVFFINI. REGII FUN EXTRVXIT
A D 1768.
[18]
“MARIA MATER GRAZIAE MISERICORDIAE TU NOS HOSTE PROTEGI ET ORA MORTIS
SOSCIPE DOMINE PROBASTI MENTEM SANCTIAM
SPONTANEAM NON OREM DEO ET PATRIA LIBERATIONEM –
AD LAUDEM DEI VIRGINISQUE MARIAE MATRIS EIUS AC
SANCTORUM LAURENTE BERNARDIN HIERONIMI JOANNIS
NEPOM. NICOLAI DETOLEN FRANCISCI ET SANCTAE
EUROSIAE. EXPENSIS COMUNITATIS HOSTILIAE REGENTE
DOMINO FRANCESCO BONAZZI PER USOS EIUS. ANNO DNI
MDCCCLXIX PER IOSEPH RUFFINI REGI ET MANTUAE
FONDITOR”.
Le lunghe inscrizioni delle campane ruffiniane
non intaccano la bellezza decorativa dei bronzi
stessi essendo sempre disposte con caratteri
piccoli in lunghe file.
[19]
Il diapason della campana di Ostiglia è datato
1767, esso presenta alcune mancanze rispetto a
quello riprodotto l’anno successivo e riportato
anche sulla campana di Cavedine. A questo
prototipo mancano alcuni elementi che avvalorano
la tesi di un avvicinamenti del fonditore
Giuseppe Ruffini agli ideali massoni arrivati in
Italia dalle vicine Austria e Francia, che si
succederanno tra l’altro al governo del regno
Lombardo – Veneto da dopo
[20]
“MENSIS COMUNITATIS HOSTILIAE DATO IOANNES
DRAGHI A.D. MDCCLXX PER IOSEPH RUFFINI“.
La campana si presenta con uno schema decorativo
semplice senza stravaganze, tipiche
dell’artista.
[21]
Il concerto vecchio in scala diatonica maggiore
della chiesa di S. Barnaba, al momento della
sostituzione nel 1961. La storia risale a molto
prima, infatti, la campana maggiore era una
fusione della
ditta Cavadini
del 1869, mentre la
terza campana del concerto era anch’essa una
rifusione di una campana precedente,
probabilmente
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore
|
|
I |
V tonica |
1070ca |
753,5 |
FA |
Rif. 1896 |
|
II |
IV sopratonica |
950ca |
497,5 |
SOL |
1770 |
Giuseppe Ruffini
RE |
III |
III modale |
850ca |
360,5 |
LA |
Rif. 1869 |
|
IV |
II
sottodominante |
800ca |
292,5 |
SI |
1869 |
|
V |
I dominante |
715ca |
199,5 |
DO |
1778 |
Giuseppe Ruffini
RE |
FILII DOLORIS MEI VESTEM
SVSCIPITE SERVI ELEGI VOS DE MVNDO UT EATIS ET
FRVCTVM AFFERATIS ET FRVCTVS VESTER MANEAT –
MDCCLXX PRIORE ADM R. P. MRO.
IOAN. ANGULO DE CASTRO SERV. M. CONVENT. S.
BARNABAE – IOS RVFFINI FECIT.
IOSEPH RVFFINI FECIT – A FVLGVRE ET TEMPESTATE LIBERA
NOS DOMINE – ANNO D. MDCCLXXVIII.
[22]
Il Boni vedendo la campana al Museo Nazionale di
Trento riporta uno schizzo del diapason,
fornisce addirittura un’altra versione, nel suo
articolo per la rivista culturale “Tridentum”.
[23]
Sulla campana di Cavedine (Trento) vi sono
entrambi gli stemmi in questione: lo scudo ed il
diapason. Quest’ultimo nella sua parte centrale
già descritto, raccoglie la maggior parte delle
attenzioni in quanto molti sono i simboli che
sopra vi sono raffigurati. La parte meno
considerata è proprio quella prettamente
araldica dove si analizzano le altre decorazioni
presenti in entrambi gli stemmi citati. Lo scudo
si presenta partito, ossia diviso verticalmente
in due parti uguali: nella parte destra sta il
leone rampante, e nell’altra una decorazione a
fasce. Vediamo di dare una spiegazione a questi
due elementi che poi ricorreranno anche sul
famoso Diapason. Il leone si pone sull’arme
rampante e non si blasona perché è la sua
normale posizione. È il più nobile animale del
blasone […] con la bocca aperta, la lingua
sventolante, la coda ripiegata verso la schiena
e la testa di profilo. Esso simboleggia la forza
il comando la grandezza e la magnanimità. Sulla
sinistra ci sono le fasce, otto in tutto ossia
quattro in rilievo ed altrettante in profondità;
un modo come un altro per distinguere i due
elementi che avrebbero un diverso colore su uno
stemma dipinto. Si blasona di otto pezzi. Nel
blasone lo scudo fasciato si comincia a
considerare sempre dallo smalto del capo (in
questo caso specifico della prima fascia scavata
in alto). Il fasciato può essere liscio o
innestato come nel nostro caso e l’innestazione
stessa viene suddivisa in cuneata, merlata o
nebulosa. La terza categoria riguarda lo stemma
di Giuseppe Ruffini e vale a dire che le due
fasce adiacenti s’innestano le une nelle altre
con ondulazioni molto sentite. Riepilogando la
parte sinistra dello scudo è fasciata innestata
nebulosa.
[24]
Il grande concerto di Vallarsa fuso nel 1772 per
l’inaugurazione della nuova torre campanaria
della parrocchiale possiede le seguenti
caratteristiche:
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore
|
|
I |
V tonica |
1450 |
1950 |
DO |
Rif. 1926 |
|
II |
IV sopratonica |
1290 |
1292 |
RE |
1772 |
Giuseppe Ruffini
RE |
III |
III modale |
1160 |
911 |
MI |
1772 |
Giuseppe Ruffini
RE |
IV |
II
sottodominante |
1000 |
600 |
SOL |
Rif. 1926 |
|
V |
I dominante |
710 |
300 |
DO |
1772 |
Giuseppe Ruffini
RE |
VI |
Ottavino tonica |
600 |
150 |
MI |
1772 |
Giuseppe Ruffini
RE |
CAMPANA HAEC CHRISTO DICATA PRO AGONIZANTIBVS AC
MORTVIS EX ELEMOSINIS COFLATA EST A CELEBERRIMO
FVNDITORE IOSEPHO RUFFINO GRATIS ANDREA PREZZI
ARCHIPRESBITERO ANNO DOMINI MDCCLXXII – DOMINE
IESVS CHRISTE LIBERA ANIMAS OMNIVM FIDELIVM DE
POENIS INFERNI – TEMPORIS EXTREMAN SIGNO
MORIENTIBUS HORAM HANC PRO SPIRANTI DANT PIA
VOTI CHORI – REX TREMENDAE MAIESTATIS QVI
SALVANDOS SALVAS GRATIS SALVAS NOS FONS PIETATIS
– O MARIA MATTER MISERICORDIAE TV NOS AB OSTE
PROTEGE ET HORA MORTIS.
LAVDO DEUM VERUM PLEBEM VOCO CONGREGO CLERUM
DEFVNCTOS PLORO PESTEM FVGO – FESTAQVE HONORO –
SOLO COMUNITATIS AERE IOSEPH RVFFINI FVNDITOR –
ANTONIO NORILLER MASSARIO MDCCLXXII.
CHRISTVS AB OMNI MALO FVLGVER ET TEMPESTATE NOS
SEMPER DEFENDAT – SACRA IGNEM NIMBOS FVNERA
PROLEM NUNCIO PELLO CANO – SOLO COMUNITATIS AERE
– ANDREA PREZZI ARCHIPRESBITERO – IOSEPH RVFFINI
FVNDITORE – ANTONIO NORILLER MASSARIO –
MDCCLXXII.
AERE COMVNITATIS ANDREA PREZZI ARCHIPRESBITERO –
IOSEPH RVFFINI FVNDITORE – ANTONIO NORILLER
MASSARIO – MDCCLXXII –
porta un altro
pezzo d’inscrizione che lo Zampetti non riporta.
[25]
Tratto da: “Cenni storici su la chiesa di
Villalagarina” (Trento). […]Terminata
la chiesa, rivolse le sue cure al campanile; e
alle tre campane, che avea, ne aggiunse altre
quattro, fatte fondere in Trento da Giuseppe
Ruffini di Modena, e benedire dal P. Vescovo
Cristoforo Sizzo nell’anno 1775. Costarono
fiorini 1925, e furono sonate pella prima volta
nella pasqua del 1776. Si era da prima
progettato di fare un concerto di Do profondo,
col fondere due altre campane, di tono più basso
di quelle che vi erano; ma tra perché si temeva
che il campanile non le contenesse, e perché a
qualcheduno non garbava gran fatto il tono
minore che ne sarebbe uscito; si fece fare la
quarta del Mi bemolle che abbiamo, la quinta,
l’ottava e la decima; e n’uscì un concerto
festoso che piace assai. […].
[26]
”ADI’ 29 LUGLIO 1776 – GIUSEPPE RUFFINI E’
ENTRATO A FAR PARTE DELL’ARTE COME CAMPANAR,
FECE PAR SUA PROVA
[27]
Nel 1776 dopo la fusione di quella maestosa
campana il Ruffini fuse per la stessa chiesa un
concerto di otto elementi in scala diatonica
maggiore. Sembra che una scuola di campanari si
sorta in quel periodo, formando un ramo
collaterale del sistema cittadino che secondo la
tradizione è nato con l’installazione delle
quattro nuove campane sul campanile di San
Giorgio in Braida che con la maggiore
preesistente creavano un insieme di note in modo
diatonico che era piaciuto molto dopo
l’inaugurazione delle campane di San Fermo, dove
gli appassionati del campanò davano sfoggio
della loro bravura. Questo concerto ruffiniano
venne rifuso una prima volta dal fonditore
veronese
Antonio Selegari e nel 1874 nuovamente
da
Achille Cavadini vincendo
[28]
Da recenti studi ancora in corso ad opera di
Fabio Tomelleri, si è scoperto che il Ruffini
non ha eseguito il concerto intero per le
monache di San Giorgio in Braida. Lui ha solo
suggerito di diminuire il peso delle campane
rotte precedenti, per fonderne quattro nuove, da
affiancare alla maggiore ancora in buono stato.
L’errata idea suggerita dal Franzoni in
Fonditori
di campane a Verona dal XI al XX secolo,
affermava che il Ruffini avesse compiuto il
concerto armonico per intero e poi nel 1795
avesse rifuso la maggiore perché rotta. In
pratica la maggiore che si è rotta nel 1794/5
non era quella del Ruffini ma bensì la campana
cinquecentesca della probabile dinastia veronese
dei
Bonaventurini la quale, ha degnamente
lavorato per più di cento anni.
n° campana |
Diam. Mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore
|
|
I |
V tonica |
1009 |
606 |
SOL |
1795 |
Giuseppe Ruffini
RE |
II |
IV sopratonica |
891 |
450 |
LA |
Rif.1852 |
|
III |
III modale |
791 |
301 |
SI |
1776 |
Giuseppe Ruffini
RE |
IV |
II
sottodominante |
729 |
250 |
DO |
Rif. 1955 |
|
V |
I dominante |
652 |
159 |
RE |
1776 |
Giuseppe Ruffini
RE |
VI |
Sestina
sopradominante |
593 |
125 |
MI |
1843 |
SOLI DEO HONOR ET GLORIA – SIT HOMEM DOMINI
BENEDICTVM – AN MDCCXCV – GIVSEPPE RVFFINI
FONDITORE.
PER SIGVM CRVCIS DE INIMICIS NOSTRIS LIBERA NOS DEVS
NOSTER – A.D. MDCCLXXVI – IOSEPH RVFFINI
FVNDITOR.
A FVLGVRE ET TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE –
A.D. MDCCLXXVI – IOSEPH RVFFINI FECIT.
[29]
Secondo i dati d’archivio della
Fonderia
Cavadini di Verona gli antichi concerti di
campane potevano essere alla rinfusa ossia due
campane piccole ed una maggiore, una campana
piccola da richiamo ed una grossa per i
funerali, tre campane in scala musicale (DO – RE
– MI), tre campane in accordo (DO – MI – SOL),
molte campane installate alla rinfusa senza
precisa intonazione musicale. Successivamente
comparvero i concerti in accordo maggiore (DO –
MI – SOL – DO), e per ultimo il concerto
diatonico (DO – RE – MI – FA – SOL ecc.) entrato
nella tradizione italiana verso la seconda metà
del XVIII secolo. Bisogna precisare che ogni
zona aveva le sue caratteristiche anche nella
disposizione delle note delle campane.
[30]
La meravigliosa campana di Ossana,
originariamente accompagnata da altre campane
ora si trova sull’alta torre parrocchiale con
quattro campane della fonderia Colbachini di
Padova.
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore
|
|
I |
V tonica |
1275 |
1250 |
MI
b |
1777 |
Giuseppe Ruffini
RE |
II |
IV sopratonica |
1156 |
880 |
FA |
1955 |
|
III |
III modale |
1001 |
530 |
SOL |
1955 |
|
IV |
II
sottodominante |
937 |
430 |
LA b |
1955 |
|
V |
I dominante |
839 |
320 |
SI b |
1955 |
PETRVS MICHAEL EPISCOPVS SRI PRINCEPS TRIDENTI –
REVERENDISSIMVS D. LVDOVICVS ROBORETI DE
FREIBERG ARCHIPRESBITER – JOSEPH RVFFINI
FVNDITOR FECIT 1777.
Il “berretto” o “ciambella”
o “cielo maggiorato” è un espediente tecnico
conosciuto dalla dinastia Ruffini e consiste nel
creare una fascia tondeggiante sulla parte alta
della campana detta “cielo”.
[31]
Il Concerto in accordo armonico maggiore della
Torre civica dei Lamberti in Verona è per
dimensioni il secondo del Veneto dopo quello
della Cattedrale della città scaligera. Nello
specchio la situazione attuale dopo le ultime
modifiche dopo la rifusione della Marangona
rottasi nel 1829, con la rifusione della Baiona
e l’eliminazione della trecentesca Consolata. La
campana rimasta delle due fuse dal Ruffini è la
minore.
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore
|
|
I |
I tonica |
1831 |
4215 |
SI b |
1557 |
|
II |
III modale |
1297 |
1300 |
RE |
1833 |
|
III |
V dominante |
1080 |
750 |
FA |
1833 |
|
IV |
VIII tonica |
815 |
330 |
SI b |
1779 |
Giuseppe Ruffini
RE |
MDCCLXXVIIII – IOSEPH
RVFFINI REGII FVND OV.
[32]
Il vecchio campanile del monastero di San
Michele in Campagna custodiva due campane: la
prima di
Giuseppe De Levi
detta “dei Morti” del
1594, la quale sostituiva una precedente, mentre
la seconda del figlio
Francesco De Levi
del
1615. Il primo concerto di San Michele era
composto da tre campane del fonditore cremasco
Domenico Crespi fuse nel 1754 sempre su quel
campanile, nel 1769 il fonditore
Giuseppe
Antonio Larducci rifonde la seconda campana o
mezzana e dieci anni dopo viene rifusa dal
fonditore Ruffini. Nel 1839 i
Cavadini ne
fondono cinque in FA magg. e nel 1889 cinque in
DO maggiore entrambi i concerti vengono
collocati sul nuovo campanile progettato
dall’Arch. Giuseppe Barbieri. Nel 1925 viene
collocata la sesta campana per completare il
concerto.
[33]
Giuseppe Antonio Larducci fonditore veronese è
la figura più sfortunata in ambito fusorio. Le
sue campane avevano breve vita e davano la
possibilità al Ruffini di correggere i suoi
errori. Ciò è testimoniato dai contratti per le
fusioni di San Giorgio in Braida 1772, San
Michele in Campagna 1769, Bovolone 1769 ecc.
ultimo discendente della scuola veronese le
linee delle sue campane riecheggiano gli
eleganti bronzi rinascimentali dei
Bonaventurini e dei
Levi. Meravigliosa la sua unica opera
rimasta di grandi dimensioni la campana grande
del concerto di Santa Lucia Extra (Verona) in RE
naturale probabile tonica di un gruppo di
“sorelle” dello stesso artista.
[34]
La dinastia dei fonditori
Maffei di Trento ha
nelle loro opere le campane più prestigiose
della città dei Principi – Vescovi, i quali
avevano dato al capostipite
Pietro il diritto di
privilegio sulle commissioni ecclesiastiche del
vescovado tridentino. Con tale diritto Pietro fu
uno degli autori del Vigili ovvero la campana
maggiore del Duomo di Trento dedicato a san Vigilio, fusa nel 1753.
Il figlio Leonardo ed il
nipote Antonio fondono per la torre del palazzo
Pretorio il campanone detto la “Renga” del 1789
tuttora esistente. Questo privilegio è stato
rinnovato più volte ai Maffei ma sul finire del
XVIII secolo non aveva più il valore di un
tempo.
[35]
L’unica campana rimastaci firmata dal Ruffini ed
il suo allievo trentino
Giovanni Chiappani
figlio di Bartolomeo e fratello di Lorenzo e di
Luigi tutti fonditori i primi in trentino e
l’ultimo a Verona.
“D. ANTON GRANDI D.D. – IOSEPH RVFFINI E GIOVAN
CHIAPANI SVO ALIEVO F. A. MDCCLXXXIII”.
[36]
Nella Fusione di Fiera di Primiero il Ruffini
fuse le quattro campane in accordo armonico
maggiore per la parrocchiale ed in più una per
la chiesa della Madonna dell’Aiuto e due per
Tonadico.
ILLMVS D.D. CHRISTOPHORVS
DE CARNERI DOCT. ET ARCHIPR. PRIMIERI –
STEFANINI PRAEFECTVS ET VICARIVS GEN.LIS.
GLORIA IN EXCELSIS DEO ET
IN TERRA PAX HOMNIBVS BONAE VOLVNTATIS – IOS.
RVFFINI FVDIT A.D. MDCCLXXXIV – ILL.MO CHRIST.
DE CARNERI ARCHIPRESB. DOCTRINA AC PIETATE CLARO
HVIVS OPERIS ZELANT.MO PROMOTORI C.P.P.I.
SIT NOMEN DOMINI
BENEDICTUM EX HOC NVNC ET HVSQ. – IOS. RVFFINI
FVD. A. MDCCLXXXIV.
LAVDATE PVERI DOMINVM LAVDATE NOMEN DOMINI – IOS.
RVFFINI F. A. MDCCLXXXIV – C. P.
N. H. – B. M. – L. B. – D. A. M. – P. D. – DIVINVM
AVXILIVM MANEAT SEMPER NOBISCVM – MDCCLXXXIV –
IOS. RVFFINI F.
M. GIACOMO Q. GAVDENTI BVRN. ET CINDICO – IOSEPH
RVFFINI F. A. 1784 – CHRISTOPHORVS STROBL
BENEFACTOR MANT. Q. GIOVANNI DE LEONARDIS… ZENI
MASSARI – BARTOLOMAEVS FORTVN. PASTORINI CVRATV
SCOMVNIT.TONACIDI DEP. ASISTENS.
A FVLGVRE ET
TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE – IOS RVFFINI FVDIT
A. D. 1784.
[37]
Per quanto riguarda il concerto di Bovolone, il
sig. Tomelleri ha scoperto che il concerto di
campane accordate in armonia esisteva prima
dell’arrivo del Ruffini a nel paese, quindi è
probabile che l’artista abbia solo rifuso una
delle vecchie campane esistenti. Ciò nonostante
le visite del Liruti affermano che sulla torre
parrocchiale di Bovolone vi erano cinque campane
in concerto del Ruffini fuse dopo il 1780.
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore
|
|
I |
IX tonica |
1350 |
1366 |
DO |
1867 |
|
II |
VIII sopratonica |
1200 |
1001 |
RE |
1884 |
|
III |
VII modale |
1150 |
850 |
MI |
1787 |
Giuseppe Ruffini
RE |
IV |
VI
sottodominante |
1020 |
600 |
FA |
1868 |
|
V |
V dominante |
988 |
440 |
SOL |
1893 |
|
VI |
IV
sopradominante |
828 |
330 |
LA |
1991 |
|
VII |
III sensibile |
755 |
240 |
SI |
1991 |
|
VIII |
II tonica |
728 |
195 |
DO |
1991 |
|
IX |
I sopratonica |
618 |
130 |
RE |
1991 |
|
X |
0 modale |
548 |
90 |
MI |
1991 |
ANNO DOMINI MDCCLXXXVII EXURCAM DILVCVLO
CONFITEBOR TIBI IN POPULIS DOMINE – JOSEPH
RVFFINI REGII FVNDITOR A.D MDCCLXXIX ET. SO..
[38]
Il 27 novembre 1787 entra nell’arte dei Fabbri e
dei Calderai
Antonio Maria Partilora. Dopo
essere stato il Garzone del Ruffini per più di
dodici anni (viene chiamato garzone in un
documento per le campane di San Giorgio in
Braida) diventa collaboratore e socio a pieno
titolo del maestro.
[39]
La campana della
torre del castello di Canneto sull’Oglio
(Mantova) ha una storia molto antica. Essa
esisteva già nella seconda metà del XV secolo.
Rottasi nel 1484 se ne fece una molto più grande
che suonò fino al secolo XVII quando si ruppe
una seconda volta. La si rifece e questa espanse
i propri rintocchi fino al 18 gennaio 1787. Una
grande lite all’interno del Consiglio Comunale
sulla disputa della fonderia, in quanto metà
consiglio voleva rivolgersi alla ditta
Giuseppe
Maggi di Viadana (Mantova) mentre i rimanenti la
volevano affidare ai Ruffini – Partilora perché
a loro detta più esperti.
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore
|
|
I |
I tonica |
1325 |
1350 |
RE b |
1788 |
Giuseppe Ruffini
RE e
Anton Maria Partilora VR |
II |
II sopratonica |
1130 |
900 |
MI b |
Rif. 1950 |
DIE XIX JANVARI MDCCLXXXVII FRACTA DIE XXV JVNII
MDCCLXXXVIII REFACTA – JOSEPH RUFFINI REGENSIS
ET ANTONIVS MARIA PARTILORA VERONENSIS FECERUNT
– PRO GRATIA CECIDI TRIBVIT MIHI PATRIA VITAM –
GENTEM ACCERSO FERO TRISTIA LAETA CANO.
[40]
Sul concerto di Roverchiara non si è sicuri
della presenza effettiva delle cinque campane.
Attualmente la tonica del concerto presenta un
peso di
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore
|
|
I |
V tonica |
1217 |
1018 |
RE |
1897 |
|
II |
IV sopratonica |
1099 |
780 |
MI |
1836 |
|
III |
III modale |
983 |
550 |
FA# |
1789 |
Giuseppe Ruffini
RE e
Antonio Maria Partilora
VR |
IV |
II
sottodominante |
910 |
430 |
SOL |
1789 |
Giuseppe Ruffini
RE e
Antonio Maria Partilora
VR |
V |
I dominante |
804 |
299,9 |
LA |
1870 |
CVIVS ANTONIVS LAVRENTIVS ORATE PRO NOBIS – VOX
DOMINI IN VIRTVTE – A FVLGVRE ET TEMPESTATE
LIBERA NOS DOMINE – JOS RVFFINI E ANT MAR
PARTILORA FECE.
CVIVS NOMEN PETRVS DIFENDITE NOS – CONCORDIA
PLVRIVM AE INDVSTRIA IOAN SIMONI A.V.F. NEC NON
LAVRENTY FACCIONI PIORVM ELEMOSINIS A.D.M.
MDCCLXXXIX – INTENDE VOCI MEA CVM CLAMABO – A
FVLGURE ET TEMPESTATE LIBERA NOS DOMINE – DA
HONOREM DEO – JOS RVFFINI E ANT MAR PARTILORA
FECE.
[41]
Il concerto di Casaleone (Verona) già dai primi
anni del secolo XVIII è composto di cinque
elementi. L’integrazione potrebbe essere opera
del fonditore
Pietro Antonio Partilora. Le due
campane tardo ottocentesche della fonderia
Cavadini
sono rifusioni delle campane citate
nelle visite pastorali del Liruti.
n° campana |
Diam. mm |
KG |
Nota |
A. D. |
Fonditore
|
|
I |
V tonica |
1039 |
600 |
SOL b |
1815 |
|
II |
IV sopratonica |
911 |
400 |
LA b |
1776 |
Giuseppe Ruffini
RE |
III |
III modale |
788 |
280 |
SI b |
1878 |
|
IV |
II
sottodominante |
781 |
260 |
SI |
1789 |
Giuseppe Ruffini
RE e
Antonio Maria Partilora
VR |
V |
I dominante |
658 |
160 |
RE b |
1881 |
|
VI |
Sestina
Sopradominante |
615 |
130 |
MI b |
1989 |
BENEDICT NOS DEUS PSAI GGUOIA ET OBLATIONES
PAROETIANORUM IN ECCLESIA SANCTORUM CANTICUM
NOVUM AN. 1776 JOS RUFFINI F – BENEDICAT NOS
DEUS NOSTE – HAEG BLASIUM MEMINII TEMPI
POPULIQUE PATRONUM.
PIORUM ELEMOSINIS ANN. MDCCLXXXIX – JOS.
RUFFINI ET ANT. MARIA PARTILORA FECERUNT
[42]
Per quanto riguarda gli allievi del Ruffini che
formarono fonderie proprie si sa che il
Cavadini
aprì fonderia nei pressi di Montorio (Verona)
nel 1792 / 93, mentre il
Chiappani con tutta
probabilità rilevò la fonderia trentina del
maestro che all’età di circa settant’anni non se
la sentiva più di spostarsi da Verona se non per
alcune commissioni per la provincia. Già dal
1783 ca. il
Chiappani
fondeva campane per conto
proprio dopo aver intentato cause e litigi con
il socio – maestro. Tra le prime campane fuse
dalla ditta
Chiappani Bartolomeo ve né una per
[43]
Dal capitolo introduttivo dal Catalogo Ruffini
si scopre la passione e i buoni propositi dei
tre fratelli,
Giacomo Giuseppe, Pietro Giovanni
e Carlo, di insegnare a chiunque lo richiedesse
tutte le tecniche di fusione dei metalli allo
scopo di evitare i numerosi infortuni che erano
frequenti nelle fonderie del tempo.
[44]
Da ricerche intrecciate con l’esperienza del
fonditore
Luigi I Cavadini
sappiamo che il Ruffini
lavorava con un metallo molto sporco e
granuloso. Nel contratto per la rifusione della
campana seconda chiamata Scolastica per la
chiesa di San Michele in campagna, al metallo
della campana vecchia del Larducci lui ha
aggiunto solo
[45]
Questo rigonfiamento sempre molto decorato
diventa uno stilema decorativo riconoscibile del
maestro. I suoi allievi noti non lo adoperano
forse per l’eccentricità di tale ornamento che
influisce sulla fonica del bronzo stesso
alterando gli armonici naturali. La fonderia di
Pietro Cavadini ha prodotto pochissime campane
con questa caratteristica. Nel modenese però sia
Carlo Ruffini che
Serafino Golfieri
adoperano
questo elemento con grande maestria creando
delle opere ammirate ancora adesso.
[46]
Il catalogo è molto chiaro molte di più delle
citate sono le campane del Ruffini delle quali
non si sa niente, come non si conosce nulla
sulla campana civica di Sermide (Mantova) che
dovrebbe essere conservata all’interno della
torre civica e invece se ne sono perse le tracce
(è opinione del Cavadini che siano state rifuse
la campana del padre Ettore e quella rotta del
Ruffini durante la seconda guerra mondiale).
Chissà quali e quante altre campane si
possono trovare sparse per le provincie citate,
arricchendo così il “corpus” di questo artista.
Le tabelle mostrano alcune
caratteristiche dei gruppi di campane chiamati
concerti. La prima colonna è suddivisa in due
parti nelle quali la prima mostra il numero
effettivo delle campane esistenti mentre la
seconda mostra le caratteristiche musicali di
tali campane. Il numero romano della seconda
colonna riguarda la terminologia campanaria che
contraddistingue i concerti musicali veronesi
dagli altri tipi di concerti non in uso nel
veronese. Per la numerazione campanaria veronese
si adotta la numerazione contraria all’andamento
musicale (V = camp. Maggiore, I camp. Minore, la
sestina invece è la campana più piccola e di
solito era un’aggiunta al precedente concerto di
cinque. Tale ragionamento va fatto anche sui
concerti di otto o nove e più campane impostando
come numero maggiore il IX).
*******
Giuseppe Ruffini, originario di Reggio Emilia, abita e lavora a Verona, dove aprirà una fonderia, di cui abbiamo notizie a partire dal 1776, nei pressi di Porta Nuova. Nella città, e non solo, si impose come maestro (o meglio “professore” come amava farsi chiamare) rivelandosi uno dei maggiori rinnovatori dell’arte della fusione.
Nel 1776, gettate già 28 campane per il solo Trentino, sappiamo fuse il bronzo maggiore per la chiesa di Colognola Veneta (di pesi 180) che utilizzerà come prova per poter accedere alla “Corporazione dei Calderai e Ferrari” veronesi, dove fu ammesso il 29 luglio dello stesso anno.
Lavorerà moltissimo non soltanto per la città scaligera: la sua fama, infatti, giungerà fino al Ducato mantovano ed al Principato Trentino.
Il fonditore diede un forte impulso all’affermarsi dei concerti di campane in scala grazie anche ai suoi studi sulla fonica; prima di Ruffini, infatti raramente le chiese possedevano più di tre campane. Contribuì inoltre all’introduzione di un nuovo modo di collocare e di suonare questi strumenti chiamato “sistema veronese”, ancor oggi attestato.
Dal punto di vista artistico diede un decisivo apporto nel rinnovare la ormai stanca decorazione dei bronzi sacri che dal XVI secolo si ripeteva pressoché invariata e vi introdusse la “ridondante” decorazione barocca. Le “trecce” della corona si arricchiranno di figure, la testata si rigonfierà cominciando ad assomigliare ad un cappello, i fregi e le iscrizioni non saranno più contenuti all’interno di una sola fascia. Il corpo della campana comincerà ad essere suddiviso in due parti dove verranno inserite le scene sacre sia contenute in cornici, sia libere e tutto il corpo verrà invaso da festoni. Anche il bordo inferiore non sarà mai lasciato libero ma ornato da cornici a motivi vegetali. Dal punto di vista stilistico, ho inoltre individuato un’ulteriore caratteristica del fonditore che spesso inserisce nei suoi bronzi piccoli animaletti in rilievo senza alcun nesso con la restante decorazione. Questi non sono costretti all’interno di cornici ma sistemati in libertà sopra un fregio o una linea di ripartizione quasi fosse il loro naturale appoggio.
Elemento di grande interesse è quello che viene definito lo “stemma araldico” del fonditore. Ruffini lo userà come “marchio di riconoscimento” per contraddistinguere le sue campane adottato al posto della semplice firma usata dai suoi “colleghi”. Venne inventato dal fonditore per rappresentare la sua arte e testimonia sia la sua cultura musicale sia la sua consapevolezza di essere un personaggio importante.
Suo collaboratore fu Anton Maria Partilora il cui nome comparirà accanto a quello del fonditore in alcune campane del veronese.
Ruffini morirà a Verona, nella parrocchia di S. Maria in Chiavica, il 24 ottobre 1801 lasciando due grandi allievi, Bartolomeo Chiappani e Pietro Cavadini, che segneranno l’epoca successiva lasciando pregevoli bronzi anche nella provincia di Trento.
1755 tre campane per Vigo-Darè (due sono andate perdute, la mediana è stata venduta ed ora è a Pelugo);
1764 tre campane per Fondo;
1768 Cavedine, Torbole;
1772 Seo (Stenico), quattro campane per Vallarsa, Sclemo (Stenico, perduta), Museo diocesano (proveniente da Bondo, perduta), due campane per Cavrasto (Bleggio Superiore, perdute);
1773 Pelugo (perduta), Vigo Rendena (perduta);
1774 Albiano, Banco (Sanzeno);
1775 Seio (Sarnonico), cinque campane per Fondo (perdute), Rovereto (perduta);
1777 Bezzecca, Calliano, Malè, Ossana, San Vito (Pergine Valsugana), Rizzolaga (Piné), Castagnè (Pergine Valsugana, perduta), Ischia (Pergine Valsugana, perduta);
1779 Bordiana (Caldes), Lardaro (perduta);
1780 due campane per Ala, Medil (Moena);
1781 Cares (Bleggio Inferiore), Volano, Rovereto (perduta);
1782 Condino;
1783 Volano, Vigalzano (per cui lavora assieme all’allievo Giovanni Chiappani, Pergine Valsugana, perduta);
1784 cinque campane per Primiero, due campane per Tonadico;
1786 Roveda (Frassilongo, perduta);
1791 Cimone (perduta);
1796 Campana La#4 crescente, fusa con Antonio Maria Partilora censita in questo portale
1798 Rovereto (fusa a Montorio diocesi di Brescia da Pietro e Giuseppe Ruffini; perduta).
Nel 1768 fonde la Campana di Torbole (La 4?)
Nel 1781 fonde la Campana Mezzanella e la Piccola del Maggiore della Cattedrale di Ferrara.
Fratelli di Carlo con cui raccolsero i segreti di fonderia per evitare incidenti gravi durante le fusioni.
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Campanologia" -
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Sommario
- Mappa del Sito -
Home
Bib-ST-113 - Fonditori di campane a Verona dall’XI al XX secolo, di L. Franzoni (a cura di), Verona, 1979, Museo di Castelvecchio.
Bib-ST-339 - Monografia di Nicola Patria
Bib-ST-828 - Monografia di Luca Chiavegato
Bib-ST-829 - ASCSVR., Schedatura dei concerti di campane dei paesi citati
Bib-ST-830 -
Archivio dell’ex fonderia
Cavadini di Verona, grazie alla cortesia di Luigi.
Bib-ST-838 - BCR, ACR Atti del Consiglio Comunale, Istrumento Ruffini per le campane, 177
Bib-ST-839 -
BCR, G:M. BIASI,
Per le nuove campane della chiesa
parrocchiale di Vallarsa fondute dal celebre signor Giuseppe Ruffini reggiano,
sonetto, ms.
Bib-ST-840 -
BCR, C. VANNETTI,
Opere Varie, opuscolo in copia,
capitolo 8 Belle Art, ms.
Bib-ST-842 -
Biblioteca Padri Francescani, G.
TOVAZZI, Epistolario, vol. II, n. 410,
ms.
Bib-ST-861 -
R. GIRGETTI,
Campane e fonditori in Toscana, Poggibonsi,
Arti Grafiche Nencini, 2005
Abbreviazioni:
ASCSVR = Associazione Suonatori di Campane a Sistema
Veronese
ASVR = Archivio di Stato di Verona
ACR = Archivio Comunale di Rovereto
ASCDVR = Archivio Storico della Curia Diocesana di Verona
BCR = Biblioteca Comunale di Rovereto