Enciclopedia di Didérot e D'Alembert
AREA II - ARCHIVIO STORICO (ARS)
Cap. ARS-D01 - Arte della fusione delle campane - Pag. ARS-D01.06
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Tavola grafica 3 - Differenti fasi dell'operazione creazione dello stampo
Tavola grafica (planche) 3 - Differenti fasi dell'operazione di creazione dello stampo
Tavola grafica (planche) 3 - Differenti fasi dell'operazione di creazione dello stampo
Traduzione dal francese antico a cura di Ing. Arch. Michele Cuzzoni
[...] Il testo presentato nella traduzione tra parentesi quadre in rosso è un commento del traduttore.
(...) Il testo presentato nella traduzione tra parentesi rotonde in turchese è un completamento della versione italiana per renderla più comprensibile.
L’Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, opera monumentale diretta dal filosofo Denis Diderot (1713-1784) e dal matematico Jean-Baptiste d’Alembert (1717-1783), rappresenta probabilmente la più straordinaria utopia del secolo dei Lumi; secolo che di utopie ne produsse molte e che dietro la chiarezza cristallina delle sue enunciazioni nascondeva i forti antagonismi che in Francia sfociarono nella Rivoluzione.
Oltre ai 21 volumi di testo, il progetto conta ben 12 volumi di immagini che compongono la Raccolta di tavole, le celebri planches incise su lastre di rame pubblicate nell’arco di oltre tre decenni, tra il 1746 e il 1780, con una tiratura di ben 4250 copie (decisamente elevata per l’epoca e per un lavoro di tale portata).
Se l’opera non naufragò definitivamente – come aveva più volte rischiato di fare, sommersa da innumerevoli difficoltà e oggetto di feroci ostilità soprattuto da parte delle autorità ecclesiastiche – lo si deve anche a collaboratori del tutto fuori del comune. Uno su tutti: Louis-Jacques Goussier (1722-1799), personaggio eclettico e preparatissimo, a un tempo fisico, matematico e pittore.
«Non solo Goussier era abile nel rimaneggiare le tavole tratte da raccolte varie – scrive lo storico Jacques Proust – accertando talora sul posto questo o quel particolare. Su richiesta di Diderot, condusse anche una serie di ricerche in provincia. Trascorse così sei settimane nella cartiera di Montargis, un mese nella fonderia di ancore di Cosne-sur-Loire, sei mesi in totale nella Champagne e in Borgogna per studiare le grosse fucine e le fabbriche di specchi. Prese schizzi sul posto, si fece spiegare dagli stessi imprenditori le attrezzature, le macchine e il loro funzionamento».1
Preso in forze da d’Alembert, Goussier probabilmente è già vicino a Diderot nel 1749 quando questi tenta di coordinare i lavori di preparazione dell’Encyclopedie dalla cella di Vincennes, ove era stato rinchiuso (per la verità sotto regime piuttosto blando) per via di alcuni suoi scritti. Ed è a Goussier che si deve non solo la realizzazione di gran parte dei disegni preparatori per le planches 2, ma anche la redazione di numerosi testi esplicativi che corredano le immagini e, cosa non meno importante, i lavori di coordinazione e di supervisione dell’intera Raccolta.
Ne risulta che i testi redatti da Goussier come spiegazione delle tavole da lui stesso disegnate, figli entrambi di una ricerca sul campo anziché di compilazioni da lavori precedenti, spesso evidenziano un più alto livello di ricerca rispetto ai corrispettivi lemmi presenti nei volumi di testo della stessa Enciclopedia. È il caso, ad esempio, del suo piccolo trattato sulla Forgiatura delle ancore, o quelli sulla Fusione delle campane o sulla Stampa delle incisioni su rame.
L’utopia sulla quale si fonda l’Encyclopedie è erede di quel pensiero affermatosi dopo la scoperta del Nuovo Mondo – e coltivato soprattutto dai grandi scienziati naturalisti del XVI secolo, come Leonhard Fuchs (1501-1566), Conrad Gessner (1516-1565) e Ulisse Aldrovandi (1522-1605) – secondo il quale l’intero universo biologico, gli animali e i vegetali, come pure il regno minerale, potesse essere racchiuso per intero nel Grande libro della natura. Entro il quale, secondo la loro idea tanto affascinante quanto irrealizzabile (col senno di poi), ogni cosa avrebbe trovato una sua collocazione chiara e definita in un casellario ideale; ordinata, descritta e, come si diceva, picta (dipinta), poiché le immagini sono in grado di mostrare ciò che le parole, per loro natura, non dicono, assurgendo a elemento non già decorativo ma di conoscenza.
La Raccolta di tavole che accompagna i volumi di testo è una straordinaria utopia proprio perché «tutto in essa è trasparente, limpido, senza mistero. È tutto è segno. I muri delle fabbriche, dei laboratori, delle botteghe vengono abbattuti per mostrarci quanto di solito vi si fa fuori della vista dei passanti. Per questo le tavole non si possono leggere senza le spiegazioni che le corredano, e viceversa. Viste e lette insieme, fanno vedere l’universo naturale e il mondo degli artefatti creati ed impiegati dall’uomo, nella loro realtà, senza aggiungervi né togliervi niente. Così concepita, naturalmente, la Raccolta di tavole dell’Enciclopedia non poteva essere che un’utopia: pura illusione la sua perfetta leggibilità, la sua malia è quella d’una illusoria certezza»3.
Con il tempo, il fallimento della pretesa di dominare tutte le cose per mezzo della ragione e il riconoscimento dei limiti dei propri strumenti di pensiero, diverrà un punto di forza decisivo per l’avanzamento delle conoscenze, dove pure a fronte di conquiste straordinarie si arriverà a riconoscere la parzialità dei propri modelli e la loro provvisorietà. Ecco dunque che diviene di primaria importanza proprio la condivisione dei saperi, perché possano fornire una base solida sulla quale costruire – e ricostruire – un presente e un futuro.
Diderot delinea assai chiaramente gli obiettivi e la ragion d’essere dell’Encyclopedie nella voce omonima dell’opera, quegli stessi obiettivi che lo spronano a portare a termine il progetto, sia pure tra mille difficoltà, anche dopo che molti collaboratori, compreso lo stesso d’Alembert, decidono di abbandonarlo:
«Questa parola significa ‘concatenazione delle scienze’, essendo composta dalla preposizione greca in e dai sostantivi greci circolo e conoscenza. Scopo di un’enciclopedia è infatti raccogliere le conoscenze sparse sulla faccia della terra, esporne ai nostri contemporanei il sistema generale e trasmetterle ai posteri, affinché l’opera dei secoli passati non sia stata inutile per i secoli a venire; affinché i nostri nipoti, resi più istruiti, diventino nello stesso tempo più virtuosi e felici; e affinché noi non dobbiamo morire senza aver ben meritato del genere umano».
1) Jacques Proust, Il recueil de planches dell’Encyclopédie, in L’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert. Tutte le tavole, prefazione di Piergiorgio Oddifredi, saggi introduttivi di Jacques Proust, note e commenti alle tavole di Giancarlo Buzzi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2009, p. 12.
2) Contando i numerosissimi disegni a firma di Goussier e quelli che firmati non sono ma che pure vanno attribuiti a lui, si può stimare che egli complessivamente realizzò i disegni di circa i due terzi di tutte le 2.500 planches dell’Encyclopedie, affidando poi ad altri collaboratori il compito di tradurli in incisioni su rame (calcografia) per la stampa.
3) Jacques Proust, cit., p. 14.
Figura 01 - Tavola 3 - Differenti fasi di creazione dello stampo
Seguito della precedente, contiene le diverse fasi dell'operazione di costruzione dei modelli che sono 3, ossia:
- il nocciolo;
- il modello [falsa campana];
- la camicia;
che richiedono ognuno una costruzione particolare.
Si è dovuto, prima di montare il compasso, scalpellare con punta e cesoie tutto il legno nella forma della sagoma dal suo lato destro, fino (a ottenere) la forma dei tratti D,F,H, che sono le linee della forma interiore della campana, e tagliarla in due, lasciando il tratto della curva vivo.
Dopo aver montato il compasso, lo si aggiusta in maniera, come si dice, che si mette l'albero nel suo alloggiamento e lo si posa sul suo perno e sul suo centro come lo si vede nella figura 2 della Tavola 2 (Vedi immagine sottostante).
Figura 02 - Dettaglio Tavola 2 - Il compasso
1°). Si comincia a lavorare il nocciolo e la sua forma tutto insieme, con mattoni, in parte interi, in parte spezzati, e terra di intonaco con cui si forma l'interno e l'esterno.
Si smussano gli angoli esteriori di questi mattoni, per dare alla base il suo giusto rotondo: i mattoni si posano per file di altezza uguale dappertutto, e sempre ricoprendo da una fila all'altra, in modo che i giunti di una fila non si incontrino con i giunti della fila che si pone successivamente.
A ogni mattone che si posa, il compasso deve fare un giro, perché non si lasci tra esso e la forma che una linea di distanza: così il compasso serve a dirigere la costruzione nel suo spazio e nell'altezza.
Figura 03 - Dettaglio Tavola 2 - Il compasso
Quando questo lavoro è circa ai 2/3 dell'altezza, si applica sul perno di legno,
il triangolo, fig. 2, di ferro spesso che si appoggia con le estremità sul
corpo del modello. Ma prima di bloccarlo, con il piombo
appuntito che è già servito per il perno, bisogna far corrispondere il centro
che è segnato su questa barra di ferro, al giusto centro del triangolo da
bloccare; in seguito riposizionare il compasso, utilizzarlo e continuare il
lavoro fino a tutta la sua altezza. Quando si è giunti al
colletto del cervello, si lascia un'apertura che si chiama la
bocca del cervello, e abbastanza grande per poter gettare il carbone nel
nocciolo.
Questa bocca si arrotonda e si pulisce per mezzo di un piccolo bastone che si
inserisce nella mano dell'albero e che si lascia scendere nel nocciolo.
Figura 04 - Dettaglio Tavola 3 - Il nocciolo
2°) Si copre questa costruzione con uno strato di cemento fatto con limo
forte, sterco di cavallo e pelo di cavallo ben schiacciato,
(che si sono preparati e mischiati) insieme su un
tavolato di legno, (servendosi di un manico da impasto)
con una testa appuntita.
Per ben lisciare ovunque questo strato, si comincia a usare il compasso di
costruzione; cioè, mentre un uomo ruota attorno al nocciolo, e gli appoggia su
il compasso, il fonditore applica a piene mani il suo cemento, dal basso verso
l'alto, e sempre continuando tutt'attorno fino a che il nocciolo riempie bene la
forma della sagoma (della forma dell'interno della
campana) e non resta più nessun vuoto.
Dopo questa prima fase, si riempie completamente il nocciolo di carbone, e lo si
accende sulla bocca della sua apertura; si azionano i 3 o 4 ventilatori che sono
alla base del modello, e che si sono costruiti con dei soffietti di legno,
grossi quasi come un pugno e che si sono infine utilizzati.
3°) Durante il processo di riscaldamento, la cura del
fonditore è di raffreddare con acqua il suo modello a misura che esso si secchi
solo nelle parti che ne hanno bisogno. Perché questa precauzione? Siccome le parti inferiori seccano più lentamente, a causa
del loro spessore, si trovano nel nocciolo delle differenze che regnano tra le
parti inferiori e quelle superiori, e che apporteranno lo stesso errore nel
modello della campana che si deve formare sullo stesso nocciolo. Costruendo la forma di questo primo modello, bisognerà in
proposito, oltre a ciò, lasciare all'interno un cerchio di mattoni un pochino
avanzato in forma di piccolo cervello al livello della traversa di ferro, alfine
di realizzare una specie di piano composto di barrette di ferro, per poter
regolare l'eccessiva attività del fuoco in basso; in modo da non bloccare
normalmente la bocca del cervello, con la torta di terra cotta, ponendo
attenzione solamente che si abbia comunicazione del fuoco dal basso verso
l'alto, attraverso un'apertura che si praticherà in mezzo a questo piano: questo
è sufficiente. Dopo questa operazione, si toglie il compasso dal suo posto,
si toglie la forma della sagoma dal suo albero e non lo si tira fuori dalla sua
posizione. Si taglia con spigolo vivo la prima curva e il primo tratto
del cervello con una buona lama, senza tuttavia non oltrepassarlo; poi lo si
rimonta sul suo albero e sul suo perno quando il primo strato è secco in tutte
le parti. 4°) Il secondo strato ha una grana di terra più fine del
primo; lo si crea ben liquido. Si riempie la forma della sagoma come prima, poi si mette il
fuoco con la stessa attenzione che per il primo strato. Si reitera il processo fino a tre e 4 volte, o per meglio
dire, fino a che il compasso asporta totalmente il cemento nuovo. Non bisogna
appoggiarsi fortemente alla sagoma girevole, ma soltanto azionarla con le mani
ferme. 5°) L'ultimo di tutti gli strati del nocciolo, è composto di
ceneri e di sego; essendo uno strato grasso, lo stampo del modello che deve
essere costruito su questo, si stacca facilmente quando lo si deve togliere. In questo strato il fuoco non serve. Prima di passare al
secondo modello, si esamina se questo primo è corretto in funzione del suo
diametro; la prova si farà portando due volte il terzo della circonferenza su
una scala graduata dove saranno indicati i 15 bordi, e se la prova non è
verificata, si distrugge il modello.
Figura 05 - Dettaglio Tavola 3 - Il modello
Figura 06 - Dettaglio Tavola 2 - La
forma della sagoma
Avendo smontato il compasso, si taglia, utilizzando una linea rigida, tutti i legni del piano, fino alla seconda curva, e alla seconda onda D,I,N,K, e il tutto in smussatura; poi lo si rimonta e lo si rimette sul perno.
La terra di cui è formato il modello, è una composizione liquida, di un fine limo morbido, mischiato con pelo di cavallo e sterco di cavallo; è per il primo strato.
L'operaio la prende a piene mani, e l'applica sul nocciolo con numerosi pezzi di torta che si adagiano e si legano insieme per poco che li si stende.
Questo lavoro grossolano si perfeziona con numerosi strati di un cemento fatto degli stessi componenti, ma molto meno densi.
Ogni strato è appiattito dal compasso, e lo si lascia seccare al fuoco uno dopo l'altro prima di azionare il calibro. Non si manca mai di coprire tutti gli strati (con corde) di canapa per tutta la sua lunghezza, per impedire al modello di fessurarsi e di creparsi.
Quando il modello è finito e il calibro toglie così l'ultimo strato, in modo da non lasciarne più niente, e da non lasciar scorgere che il secco dello strato precedente, si smonta dal suo albero questo calibro o piano di sagoma; si taglia il suo tratto al vivo e nel suo giusto mezzo.
In seguito, all'altezza del terzo bordo segnato sulla forma della sagoma, si fa un intaglio ben pulito e poco profondo, e due bassi al di sotto e al di sopra per formare cinque cordoni: un po' al di sotto dell'undicesimo bordo, si fanno anche numerosi intagli che daranno i cordoni o filetti piatti puliti che accoglieranno le iscrizioni; poi due altri estremamente piccoli, per delimitare l'ubicazione delle proporzioni della campana al 5° bordo e mezzo, e al dodicesimo bordo meno 1/6.
Figura 07 - Dettaglio Tavola 3 - Le formelle dei decori
Non è più questione che di mettere l'ultima mano al modello.
Per questo, si prepara sulla stufa una composizione di sego e sapone, e un po' di cera; si rimpiazza il compasso sul suo perno; si applica sul modello uno strato leggero di questa composizione, che si regola con il compasso, leggermente ed egualmente appoggiato; infine, si toglie il compasso, poi si mettono le iscrizioni, le figure, le insegne, che sono stati fatti con delle foglie di cera rammollita nell'acqua calda.
Si fa prendere alle foglie di cera l'impronta degli stampi convenienti, costruiti con pezzi di legno o di rame che servono da modello.
Figura 08 - Dettaglio Tavola 3 - La cappa, o il sommitale o la camicia
Questo modello, che si chiama così perché copre gli altri due, dev'essere estremamente forte, poiché:
- deve sopportare il lavoro di un fuoco pressoché continuo;
- deve essere in seguito inserito dentro una terra pressata e riportata alla forma di pera con la forza delle braccia;
- (deve sopportare) tutta la forza del metallo e di tutto il fuoco della fusione.
La forma della sagoma è stata smontata alla forma consueta, si lavora (ora) con un compasso dello spessore almeno di un bordo della campana; e mentre si gira, una delle sue gambe (è posta) lungo il tratto (verticale) della forma della sagoma, mentre l'altra gamba è ferma sul piano per tutto il tratto di spessore che è necessario dare alla camicia.
Essendo pesante questo tratto, si taglia l'altro bordo(della sagoma) come prima, allo spigolo vivo e in rilievo; si mette il piano montato di traverso in un vaso pieno d'acqua, per evitare che le parti non si secchino.
Si prepara allora per il primo strato di questo modello, una mistura di limo fine, inizialmente passato al setaccio, che si mescola in seguito con pelo di cavallo ben pulito e dello sterco di cavallo; poi il tutto si mette nell'acqua, se ne fa un brodo che, colato al setaccio si cambia in una fine boiacca.
Si lavora per fare la camicia nel modo seguente: l'operaio tiene in una mano un calderone pieno di questo composto; immerge l'altra mano dentro per prendere questa mistura, che egli applica su tutta la superficie del modello, ma dolcemente, per non danneggiare le lettere e le figure. Questa sostanza si stende da sola dappertutto e copre tutti i rilievi, riempie le incisioni e le cavità delle figure e delle lettere; l'operazione è continuata fino allo spessore di 2 linee.
Si lascia seccare, nel fuoco, questa camicia; che, in capo a 12 o 15 ore, forma una crosta.
Si carica questa crosta di una seconda camicia dello stesso materiale, ma meno fine; e quando questa camicia ha preso una certa consistenza, si rimette il compasso in posizione e il fuoco nel nocciolo, con la precauzione di tenerlo basso, quel tanto che serve per far fondere la cera delle iscrizioni, e formare a poco a poco nei primi strati della camicia, i cavi delle lettere e delle figure, per effetto del percolamento della cera fusa.
Si carica poi una terra meno fine ancora, e si mettono tutti gli strati da solidi a più solidi; si applicano dall'alto in basso grosse corde di canapa in lungo e in largo, che si spianano ogni volta con il compasso. Lo spessore del modello deve diminuire rispetto alla forma della sagoma di 4 o 5 pollici, e chiudersi bene in modo che il metallo non possa sfuggire.
Bisogna tagliare dal basso questo spessore, e terminarlo in chiusura viva, per mezzo di un piccolo pezzo di legno attaccato all'estremità del piano; e per l'altezza si inserirà nel punto di forza, un pezzo di piano tagliato a forma di coltello che si chiama naso, e che, ruotando il compasso, disporrà sul colletto la forma dove devono essere installate le anse. Si darà a questa forma un'apertura proporzionata al volume delle anse.
Prima di togliere la camicia, bisogna incidere numerose cavità, che si abbasseranno fin sul modello come linee dritte, con incisi numeri in alto e in basso di queste linee, per riportarla su queste stesse cavità e su questi stessi numeri quando sarà il momento giusto.
Per togliere la camicia, si piazzano in 4 o 5 punti sotto alla sua estremità, due pezzi di ferro e un uncino tra i due, sotto cui molte persone battono con dei piccoli colpi di martello tutti insieme, in modo che essa si distacchi in modo uguale e senza interruzione dal modello di spessore.
Eccola sollevata, non occorrono dunque dei geni che si capiscono bene, e che, al segnale del fonditore, l'alzano in alto con la forza delle braccia o con piccoli argani, come si vede in figura, se la camicia è troppo pesante per alzarla con la sola forza delle braccia.
Tolta la camicia, si suturano le crepe e gli altri difetti, se se ne trovano, con una boiacca di acqua e ceneri, che si fa seccare in seguito con un falò di paglia incendiata; si spezza il modello della campana, lo si getta fuori della fossa, si pulisce bene il bordo della base del modello della campana, su cui si riposiziona la camicia, avendo cura di congiungere i segni della camicia con quelli della base.
Nota: Prima di sollevare la camicia, bisogna aver collocato le anse; poiché tutta la massa dev'essere sollevata contemporaneamente.
Figura 09 - Dettaglio Tavola 3 - La camicia chiusa con l'anello per appendere il battaglio
Figura 10 - Dettaglio Tavola 3 - La formella dei decori
Figura 11 - Dettaglio Tavola 3 - Le formelle dei decori
Figura 12 - Dettaglio Tavola 3 - La camicia che contiene lo stampo delle anse
Figura 13 - Dettaglio Tavola 3 - La camicia che contiene lo stampo delle anse vista dalla parte di ingresso della colata
Figura 14 - Dettaglio Tavola 3 - Piano delle anse
- a,a imboccatura delle anse laterali;
- b,b imboccatura delle anse anteriori e posteriori;
- c imboccatura del ponte.
Figura 15 - Dettaglio Tavola 3 - Le anse in prospettiva
Per fare lo stampo delle anse rappresentate dalle figg. 10 e 11, l'operaio prende i modelli delle anse che ricopre di carbone schiacciato o di gesso, per impedire che la terra vi si attacchi; riveste la metà del modello, con una torta di terra da modello che è rafforzata, e senza separare il modello, si fa separare la torta al fuoco; quando è secca, si raschia il bordo con il coltello, e fa combaciare questo bordo in modo (da poter modellare) l'altra metà del modello che si copre di una seconda torta; lo si mette al fuoco dopo aver separato il primo modello, e quando è cotto, lo si ritira (dal fuoco); li si tagliano tutti e due in modo forte mantenendo i bordi vivi, e si applicano uno contro l'altro; li si incolla insieme con una buona mano della stessa miscela, che si applica all'esterno, e per un buon contorno di terra leggera, che gli si applica all'interno.
Si fa cuocere il tutto a volontà; dopo ciò si lava questo stampo cavo, o queste due semi cavità dall'interno, per togliere eventuali grumi che ci potrebbero essere.
Infine si rimette l'opera alla cottura, ed ecco pronte le cavità che sono sei, e le mezze cavità che sono 12. Si lavorano contemporaneamente nello stesso tempo, se si hanno sei modelli.
Per il ponte o l'ansa principale, si fa un modello di terra composta con pelo e sterco di cavallo, battuta a mano, e lo si modella come deve essere, e avendo nella sua estremità superiore un'apertura per passare in quella della campana.
Si dà all'estremità bassa, una circonferenza divisa in 6 parti uguali, che daranno, partendo dal centro di questa circonferenza, 6 parti uguali: è per mezzo del centro e di queste parti, che le 6 anse si congiungono sul ponte dal basso.
Ma per congiungerle in alto, bisogna fare un punto di riferimento su ciascuno dei lati, a forma di croce, per le due anse chiamate i due "volani": ce n'è bisogno oltre a questi, due su ciascuna delle facce di questo ponte, ossia, uno a destra e uno a sinistra per una faccia, e uno anche a destra e un altro a sinistra per la faccia opposta, i quali devono trovarsi di fronte da una faccia all'altra, congiungendo questi stessi punti di riferimento sulla sommità di questo stesso ponte.
Per assemblare i pezzi, cioè le croci con il ponte, si stende l'ansa principale su un piano ricoperto di sapone o di cenere; si adattano i due volani sui loro fianchi e sui loro punti di riferimento e sulla faccia, ed ecco già 4 anse o anche 4 cavità di anse posate e applicate; ma bisogna che le distanze dal centro del ponte siano uguali tra loro, ciò che si trova utilizzando il compasso.
Dopo aver sistemato così le cavità, si riempie con un po' di terra, l'apertura del ponte che formerà un canale per passare all'apertura della campana, poi si guarniscono di terra i gomiti delle anse e dei volani, con delle torte (porzioni) abbastanza lunghe e larghe, per riempire tutti i vuoti da un modello all'altro.
In seguito si dà a tutto questo lavoro una buona e sufficiente scaldata; è un grosso quantitativo per cui lo si fa cuocere al fuoco di carbone, finché abbia preso abbastanza forza per essere maneggiato e rivoltato; s'intende che per modellare i pezzi e prima di esporli al fuoco, si avrà cura di fare in mezzo alla testa del ponte, con un bastone ben smussato, un (passaggio per il) getto capace di ricevere il metallo in fusione, poi due ventilatori o sfiati ai due lati del getto, ma un po' più stretti e più bassi, affinché l'aria esca fuori dal modello durante la colata.
Resta l'altra parte dell'operazione.
Si capovolge il tutto su una tavola, per piazzare le due altre cavità di anse sulla sua altra faccia, sui loro punti di riferimento, e alla stessa distanza dal centro del ponte che le due cavità precedenti, per mezzo del compasso di cui di è conservata l'apertura.
Si danno le stesse cariche in questo fianco come l'altro, e un'altra carica in più sulla congiunzione dei due pezzi, in modo che non si separino più.
Si mette del rame da questo fianco, come si fa con l'altro.
(Dopo che) la cottura intanto è pronta, le due metà separate, si leva la falsa ansa, che è il ponte, per non (farla) riapparire più, ma (ciò solo) se abilmente nulla è rotto, sopratutto il pezzo di terra che è stato messo nell'apertura del ponte, che è tutto ciò che deve restare per fare la posizione dell'imbuto quando si colerà.
Prima di separare queste due metà, si traccia con il compasso, sulla sommità di tutto, una certa circonferenza, che si riporta al di sotto del blocco partendo dal suo centro.
Questa parte sottostante del blocco così cerchiata, diventa una base che riempie l'apertura dell'alto della camicia; non solamente si dà questa forma rotonda a questo blocco che deve fare il coronamento della campana, ma gli si dà ancora una certa concavità per fare l'appoggio dell'esterno del cervello della campana.
Cotte bene le due metà le si accoppia, le si pulisce all'interno, e si asportano i grumi con un pennello di canapa, leggermente bagnato nell'acqua caricata di terra; poi li si rimette a cottura.
Quando l'interno è ben secco, si riuniscono i due pezzi insieme; li si cuce al di fuori; e per l'interno, si ricopre la loro linea di separazione con una colla di terra applicata col pennello; poi si ricuoce.
Si riempie il nocciolo di carbone, si appoggia il numero delle cavità delle anse sulla camicia, e si inscatolano sul cerchio che è stato preparato per riceverle: Il fuoco deve essere lungo, in modo che la cottura sia completa; si avrà cura prima di ungere d'olio il fondo di tutto il posto che deve occupare il coronamento o questo blocco, al fine di poterlo togliere (con facilità) quando si vorrà levare il tutto.
E' in questo tempo che si costruisce sulle anse l'imbuto dove termina il canale.
Si tratta di (applicare) tre porzioni di terra a forma di tegola che si drizzano ad angolo retto, (e) che si assicurano bene una contro l'altra; c'è bisogno intanto di queste canalizzazioni per avere le campane.
In seguito si prolungano, con dei bastoni ben smussati, i ventilatori che si tengono sempre chiusi con dei tamponi, così come (l'imbuto del) getto, fino al momento che bisognerà colare; quando la cottura sarà ultimata e il fuoco spento, si toglierà il tutto il più rapidamente possibile da sotto la camicia.
Resta il problema di attaccare l'anello del battaglio: ecco come si fa.
Si posa un anello con due estremità a forma di dente [cioè un gancio a U] nel mezzo del centro della traversa di ferro che resta nel nocciolo, su cui ha sempre girato il compasso di costruzione.
Si stabilisce tutto intorno a questo anello, (e) sulla traversa un piano di tegole o di mattoni, su cui si eleva un quantitativo di terra secca o di sabbia grassa, che si impila a misura di quanto si sta costruendo; (in modo) che il vuoto del nocciolo si riempia; i due rami a forma di dente di questo anello, eccederanno la superficie del nocciolo, come si vede in fig. 7, affinché il corpo dell'ansa principale le abbracci.
Posta l'ansa al centro del nocciolo, si fa un muretto di mattoni che si riempie di carbone , in cui si fa un fuoco violento, per far ricuocere questa massa di terra.
Fatta quest'ultima cottura si riapplica la camicia che si fa ridiscendere per mezzo di ganci e dei cordami che la tengono sospesa.
Figura 10 - Dettaglio Tavola 3 - La camicia chiusa con l'anello per appendere il battaglio
La [camicia] si ripone sui punti di riferimento e sui numerosi punti corrispondenti (in modo che il riposizionamento a distanza uguagli il suo nocciolo in tutti i sensi).
Dopo dunque che è in posizione, non si tratta più che di coprirla col suo coronamento, cioè il modello delle sue anse, del suo getto e delle sue cavità, che si blocca con una colla, e che si fa ricuocere sul campo; dopo ciò non resta più niente da fare che riempire la fossa di terra dura e di ghiaia pressata di strato in strato a forma di pera, dal fondo della fossa fino al piano terreno, in modo da impedire ai modelli di torcersi quando si colerà il metallo.
Le sei anse delle campane devono avere nelle loro 4 facce, un bordo e 1/3 di spessore.
Il battaglio deve avere nella parte massima della sua pera, un bordo e 1/2, più 1/8 di spessore che forma 4 bordi e mezzo, più 3/8 di circonferenza, essendo la pera ben rotondeggiante.
L'anello del battente e quello della campana devono essere arrotondati e addolciti con la lima, per la conservazione della cinghia di cuoio che li unisce.
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