Progetti di restauro concerti di ing. arch. Michele Cuzzoni
AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)
Cap. ATS-Q02 - Restauro concerti di campane di ing. arch. Michele Cuzzoni - Pag. ATS-Q02.04
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2009: Progetto S. Maria Assunta in Certosa - Milano - Rilievo
Progetto e direzione lavori: Ing. Arch. Michele Cuzzoni
- Sannazzaro de' Burgondi (PV)
Ditta Cav. R. Trebino - Uscio (GE)
Qui il progetto di restauro della torre
Fig. 1 – Il campanile nel complesso architettonico della Certosa
Il Campanile della Certosa si presenta come una graziosa struttura armonicamente inserita nel complesso architettonico principale. Dal presbiterio si accede ad un ambiente dal quale, mediante passaggio in secondo spazio, per mezzo di scala di ferro a due rampe, si raggiunge la base del campanile costruito in epoca coeva alla chiesa.
Il fusto della torre, fino alla cella campanaria esclusa, presenta struttura muraria solida e compatta; all’esterno è attaccato qua e là da muschi e licheni, mentre all’interno non vi sono tracce di ammaloramenti.
Fig. 2 Ripiano ligneo danneggiato con scala ripida
Le scale a pioli di ferro sono instabili, eccessivamente ripide e poco sicure nel passaggio tra un ripiano e l’altro (foto 2).
I ripiani di legno si presentano mancanti di numerose liste e sono pericolosi durante il cambio di scala; le travi su cui poggiano appaiono poco resistenti al peso.
Fig. 3 Arco del Campanone
La cella campanaria è realizzata in laterizi pieni (di recupero), di fattura tardo quattrocentesca, caratterizzati da mattoni rosa scuro alternati da uno strato di calce chiarissima spessa quasi un centimetro.
Quattro pilastri si ergono agli angoli della cella campanaria, vistosamente ammalorati sia a livello superficiale, sia a maggiore profondità, così come accade nel pilastro che accoglie il castello della campana maggiore.
Ogni pilastro presenta l’intonaco superficiale ricoperto da screpolature diffuse, erosioni, escrescenze saline di natura chimica, annerimenti e rattoppi vari realizzati con malta di cemento.
Sui quattro pilastri angolari sono impostati gli archi a tutto sesto, che presentano cedimenti vistosi in chiave, per mancanza di idoneo tirante.
L’arco prospiciente la facciata della chiesa presenta traccia di un antico tirante tagliato ed eliminato. Ciò fa presumere che la cella possedesse in origine i tiranti necessari alla vita strutturale degli archi e che, in un secondo momento, detti tiranti furono eliminati, verosimilmente per far spazio ad un concerto di campane più ampio di quello iniziale.
La guglia della cella annovera al suo interno una quinta campana, fissata per mezzo di due putrelle incastrate nel muro immediatamente sopra due archi. Il tipo di ammorsamento realizzato è altamente deleterio per la struttura degli archi.
Il traliccio di ferro che costituisce il castello delle campane, si presenta realizzato in maniera grossolana, e trasmette notevolissime vibrazioni – attraverso un collegamento ad incastro – sia sul pavimento della cella, sia nelle murature adiacenti, particolarmente nel caso della campana maggiore.
Fig. 4 La putrella arrugginita del vecchio castello
Osservando attentamente il pavimento della cella, si scorgono alcuni indizi interessanti che consentono di stabilire l’originaria posizione dei bronzi (analizzati nei successivi paragrafi), il tipo di parapetto e gli originari dispositivi di suono.
Nella finestra prospiciente la facciata, affiora dal pilastro ciò che resta di un’antica putrella di ferro (fig. 4), addossata al muro. Questo fatto indica che, nel castello precedente, la campana maggiore (dotata di grande mole, tanto da richiedere strutture portanti quasi incastrate nel muro) era rivolta verso la facciata.
Alla base della balaustra affiora un gancio di ferro ammorsato in una trave di legno, sopra la quale è stata realizzata una copertura in calcestruzzo, divenuta sede delle colonnette prefabbricate e dipinte, completamente avulse dallo stile originario della balaustra.
Anche le balaustre erano probabilmente realizzate in legno e le colonnette erano tornite in rovere e successivamente dipinte di bianco e/o di arancione (colori della facciata), contro l’azione degli agenti atmosferici.
L’originale castello (precedente ai due di ferro) era quindi in legno di rovere ammorsato nella muratura portante attraverso ganci in ferro fissati a 45° per meglio distribuire le forze e le eventuali piccole vibrazioni che si propagavano a terra.
Sul pavimento si notano diversi fori per il passaggio delle corde manuali e i piedi di ghisa della tastiera manuale, successivamente asportata.
Fig. 5 La campana maggiore DO#3
Come si evince dal testo “Ripristino delle Campane” Tip. Poliglotta Vaticana, 1958, il campanone (fig. 5) è stato prodotto dalla Ditta Carlo Ottolina di Seregno nel 1953, in sostituzione del precedente requisito per motivi bellici.
Pesa kg 1.396 ed è realizzato in lega di bronzo, col tenore dell’80% rame e 20% stagno, una lega piuttosto povera rispetto allo standard attuale (78Cu / 22Sn).
Di sagoma (sezione) leggera, la nota emessa, Do#3, è piena e rotonda, senza particolari alterazioni.
Il manto superficiale appare incrostato da deiezioni di volatili, da gocce di vernice e da incrostazioni dovute a nerofumo da inquinamento.
La superficie si presenta quasi omogeneamente ossidata: la reazione con l'anidride carbonica atmosferica produce il carbonato di rame, responsabile della patina verde che copre la campana ad alto contenuto di rame.
Il ceppo presenta una riparazione al di sotto delle bocce: la lastra inserita ne aumenta il peso e per ciò la campana è sbilanciata in avanti di circa 15°.
Il battaglio nuovo, troppo acciaioso e pesante, produce una notevole infossatura in corrispondenza del punto di battuta.
Il dispositivo di aggancio in cuoio, tra la maniglia della campana e quella del battaglio, è eccessivamente allentato: ciò consente l’oscillazione laterale del battaglio con conseguente strusciamento dello stesso a destra e a sinistra del punto di battuta.
La doppia ruota consente la movimentazione manuale (ruota con sezione curvilinea, posta verso la campana) e quella elettronica (ruota con catena e sezione piatta posta verso l’esterno).
Il traliccio del castello è completamente incastrato nella muratura.
La campana, indipendentemente dalla presenza di un isolatore in buone condizioni, si presenta non adeguatamente isolata. Le frequenti vibrazioni che si originano durante il moto o durante i rintocchi del battente (interno od esterno), sono estremamente dannose per la stabilità del pilastro, come si deduce dalla quantità di screpolature e lacune di laterizi presenti.
L’elettrobattente e il motore non sono isolati e durante l’azionamento trasmettono notevoli vibrazioni alla struttura del castello.
I cavi di alimentazione si presentano piuttosto vecchi, montati in maniera molto approssimativa e non in regola con le norme vigenti.
Sussistono ed appaiono integri i dispositivi atti a bloccare la campana durante il suono a tastiera.
Fig. 6 La campana RE#3
Come si evince dal testo “Ripristino delle Campane” Tip. Poliglotta Vaticana, 1958, la seconda campana, collocata nella finestra opposta al campanone, (fig. 6) è pure stata prodotto dalla Ditta Carlo Ottolina di Seregno nel 1953, in sostituzione della precedente requisita per motivi bellici.
Pesa kg 1.009 ed è realizzata in lega di bronzo, col tenore dell’80% rame e 20% stagno, una lega piuttosto povera rispetto allo standard attuale (78Cu / 22Sn).
Di sagoma (sezione) leggera, la nota emessa, Re#3, è piena e rotonda, senza particolari alterazioni.
Il manto superficiale appare incrostato da deiezioni di volatili, da gocce di vernice e da incrostazioni dovute a nerofumo da inquinamento.
La superficie si presenta quasi omogeneamente ossidata.
Il battaglio nuovo, troppo acciaioso e pesante, produce una notevole infossatura in corrispondenza del punto di battuta.
La doppia ruota consente la doppia movimentazione, manuale e elettronica.
La campana, indipendentemente dalla presenza di un isolatore in buone condizioni, si presenta non adeguatamente isolata. L’elettrobattente e il motore non sono isolati e durante l’azionamento trasmettono notevoli vibrazioni alla struttura del castello.
I cavi di alimentazione si presentano obsoleti e non in regola con le norme vigenti.
Sussistono ed appaiono integri i dispositivi atti a bloccare la campana durante il suono a tastiera.
Alcune zanche, che fungono da gradini per la salita alla quinta campana, sono molto precarie e pericolose per l’utilizzo.
Fig. 7 La campana FA3 (Mi#3)
La terza campana, montata a sbalzo su due mensole sporgenti, è collocata nella finestra prospiciente la facciata (fig. 7).
Anch’essa è stata prodotto dalla Ditta Carlo Ottolina di Seregno nel 1953.
Pesa kg 700 (come da Tabella tecnica peso / diam.) ed è realizzata in lega di bronzo, col tenore dell’80% rame e 20% stagno, una lega piuttosto povera rispetto allo standard attuale (78Cu / 22Sn).
Di sagoma (sezione) leggera, la nota emessa, Fa3, è piena e rotonda, senza particolari alterazioni.
Il manto superficiale appare incrostato da deiezioni di volatili, da gocce di vernice e da incrostazioni dovute a nerofumo da inquinamento.
La superficie si presenta meno omogeneamente ossidata.
Il battaglio vecchio, appare piuttosto usurato, mentre il dispositivo di aggancio in cuoio, tra la maniglia della campana e quella del battaglio, è eccessivamente allentato: ciò consente l’oscillazione laterale del battaglio con conseguente strusciamento dello stesso a destra e a sinistra del punto di battuta.
La doppia ruota consente la doppia movimentazione, manuale e elettronica.
La campana, indipendentemente dalla presenza di un isolatore in buone condizioni, si presenta non adeguatamente isolata. L’elettrobattente e il motore non sono isolati e durante l’azionamento trasmettono notevoli vibrazioni alla struttura del castello.
I cavi di alimentazione si presentano obsoleti e non in regola con le norme vigenti.
Sussistono ed appaiono integri i dispositivi atti a bloccare la campana durante il suono a tastiera.
Fig.8 La campana FA#3
La quarta campana, montata a sbalzo su due mensole sporgenti, è collocata nella finestra prospiciente l’abside (fig. 8).
Anch’essa è stata prodotto dalla Ditta Carlo Ottolina di Seregno nel 1953.
Pesa kg 580 (come da Tabella tecnica peso / diam.) ed è realizzata in lega di bronzo, col tenore dell’80% rame e 20% stagno, una lega piuttosto povera rispetto allo standard attuale (78Cu / 22Sn).
Di sagoma (sezione) leggera, la nota emessa, Fa#3, è piena e rotonda, senza particolari alterazioni dei parziali.
Il manto superficiale appare incrostato da deiezioni di volatili, da gocce di vernice e da incrostazioni dovute a nerofumo da inquinamento.
La superficie si presenta meno omogeneamente ossidata.
Il battaglio vecchio appare piuttosto usurato, mentre il dispositivo di aggancio in cuoio, tra la maniglia della campana e quella del battaglio, è eccessivamente allentato: ciò consente l’oscillazione laterale del battaglio con conseguente strusciamento dello stesso a destra e a sinistra del punto di battuta.
La doppia ruota consente la doppia movimentazione, manuale e elettronica.
La campana, indipendentemente dalla presenza di un isolatore in buone condizioni, si presenta non adeguatamente isolata. L’elettrobattente e il motore non sono isolati e durante l’azionamento trasmettono notevoli vibrazioni alla struttura del castello.
I cavi di alimentazione si presentano obsoleti e non in regola con le norme vigenti.
La muratura appare fortemente ammalorata, attaccata da agenti chimici e sgretolata in più punti.
Sussistono ed appaiono integri i dispositivi atti a bloccare la campana durante il suono a tastiera.
Fig.9 La campana SOL#3
La quinta campana, montata su due putrelle incastrate sopra agli archi, è collocata in guglia (fig. 9).
Anch’essa è stata prodotto dalla Ditta Carlo Ottolina di Seregno nel 1953.
Pesa kg 410 (come da Tabella tecnica peso / diam.) ed è realizzata in lega di bronzo, col tenore dell’80% rame e 20% stagno, una lega piuttosto povera rispetto allo standard attuale (78Cu / 22Sn).
Di sagoma (sezione) leggera, la nota emessa, Sol#3, è piena e rotonda, senza particolari alterazioni.
Il manto superficiale non è visibile dal basso.
Il battaglio vecchio, appare piuttosto usurato, mentre il dispositivo di aggancio in cuoio, tra la maniglia della campana e quella del battaglio, è eccessivamente allentato: ciò consente l’oscillazione laterale del battaglio con conseguente strusciamento dello stesso a destra e a sinistra del punto di battuta.
La doppia ruota consente la doppia movimentazione, manuale e elettronica.
La campana, indipendentemente dalla presenza di un isolatore in buone condizioni, si presenta non adeguatamente isolata. L’elettrobattente e il motore non sono isolati e durante l’azionamento trasmettono notevoli vibrazioni alla struttura del castello.
La muratura circostante appare fortemente ammalorata, attaccata da agenti chimici e sgretolata in più punti.
Sussistono ed appaiono integri i dispositivi atti a bloccare la campana durante il suono a tastiera.
Fig.10 I "catenacci" del vecchio orologio e il soffitto della stanza dell'Orologio
Immediatamente al di sotto della cella campanaria esiste un piano ove è alloggiato il dispositivo dell’orologio, installato in sostituzione dell’antico orologio meccanico con pesi in pietra.
Sono superstiti alcuni ganci e alcune trasmissioni meccaniche (fig. 10) che un tempo azionavano il battito delle ore ed anche il carillon automatico.
La muratura del soffitto e delle pareti appare seriamente danneggiata, sia per infiltrazioni di acqua piovana, sia per azioni corrosive chimiche. Sussistono numerose lacune nei laterizi dovuti a piccoli cedimenti e crolli, fatto che non compare ove si aprono i fori delle corde, protetti da dischi di ferro ad incastro.
Il nuovo dispositivo dell’orologio è un apparecchio elettromeccanico posto in centro alla stanza, che muove le lancette dei quattro quadranti.
Tale oggetto rende difficoltoso l’accesso alla cella campanaria, poiché una delle bielle attraversa la scala in una posizione pericolosa.
La muratura circostante presenta rattoppi eseguiti con calcestruzzo in maniera grossolana, allo scopo di tamponare l’alloggiamento del precedente orologio.
Progettista e Direttore Lavori: Ing. Arch. Michele Cuzzoni
In data 28 luglio 2009, ho effettuate le prove fonometriche alle Campane, per stabilirne l'analisi acustica e tonale.
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Bib-TS-007 - Ing. Arch. Michele Cuzzoni - Relazione Tecnica del "Progetto di restauro della Torre campanaria e delle campane del Santuario Madonna della Fontana in Sannazzaro de' Burgondi" - Sannazzaro de' Burgondi, 2007
Bib-TS-008 - M. Cuzzoni, Tesi di Laurea e Progetto esecutivo, Recupero del complesso parrocchiale di s. Antonino Martire in comune di Torrazza Coste, edito in proprio, Sannazzaro de' Burgondi, 2000 / 2002
Bib-TS-068 - Nuovo Colombo, Manuale dell'Ingegnere, Ed. Hoepli, 2002
Bib-TS-445 - Prof. arch. C.R. Romeo, (L') Approccio metodologico al progetto di restauro attraverso l'analisi di tre casi studio, Faenza, 1992
Bib-TS-447 - Ing. Arch. Michele Cuzzoni, Progetto di Restauro della chiesa del Castello di Castelletto Molina, Progetto esecutivo, Edito in proprio, Sannazzaro de' Burgondi, 2006
Bib-TS-448 - Ing. Arch. Michele Cuzzoni, Progetto di Restauro: Campanile e Campane della Certosa di Milano, Progetto esecutivo, Edito in proprio, Sannazzaro de' Burgondi, 2009-2010