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 Arte di suono

AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)

Cap. ATS-R01 - Arte suono - Pag. ATS-R01.05

Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2009 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina


 

I Sacri Bronzi - Metodo di suono per Campane

 

 

INDICE:

 

I SACRI BRONZI

 

 

 

INDICE

 

 - Introduzione -

 

 

ALLA  MAGGIOR  GLORIA  DI  DIO  ONNIPOSSENTE

I  SACRI  BRONZI

 

Cenni storico-estetici  -  Teoria  - Esercizi  - Studi  -  Melodie  -  Sonate,  ecc., ecc.,

per l’uso delle campane da chiesa e per qualsiasi funzione religiosa,

coll’aggiunta di alcuni pezzi per le campane a distesa.

 

PRATICO  INSEGNAMENTO

di

ANGELO  BALLADORI

 

 

AL  LETTORE

    Un inciso del programma sottoposto alla II Sezione, Parte III, del Settimo Congresso di Musica Sacra tenutosi in Torino nei giorni 6, 7 e 8 giugno 1905 recava:

    Si raccomanda allo studio del Congresso quanto concerne il suono dei concerti di campane, ove sonvi molti abusi da segnalare e da togliere.

    Faceva poi seguito un ordine del giorno cosi concepito:

    Per togliere l’abuso del suono, colle campane, di ariette popolari, spesso indecenti, si propone che si compongano da Maestri melodie adatte.

   Si raccomanda ai fabbricanti di campane di intonarle in modo da evitare successioni sgradevoli (tritono). Si raccomanda ancora che delle campane non si abusi con suoni troppo prolungati.

    In omaggio ai deliberati dell’imponente Congresso, e considerando che nessuna pubblicazione del genere vide la luce fino ad oggi, nell’intento di fare opera buona e non del tutto inefficace per la restaurazione di tutto ciò che è bene in fatto di manifestazione musicale sacra, abbiamo ben di buon grado aderito all’invito di scrivere il presente lavoro, condensando, nel minor numero di pagine possibile, e in forma piana e facilissima, la parte storico-estetica, teorica e pratica perché, con lievissima fatica e con un po’ di buona volontà,  anche un umile campanaro possa esplicare saggiamente l’opera propria a servizio e a decoro del culto e della religione.

 

                                                                                                          Angelo Balladori.

 

INDICE

 

 

- I  SACRI  BRONZI - Storia -

 

   Presso gli Ebrei, fatti liberi nell'esercizio del proprio culto, si annunziavano le sacre funzioni per mezzo delle trombe levitiche. E nel Cristianesimo, uscito trionfante dalle persecuzioni, si introdussero le campane per chiamare i fedeli alla Chiesa.

   L’uso delle campane è antichissimo nella Chiesa, e tuttora indeterminata e incerta ne è l’epoca precisa. Chi fu l’inventore delle campane? Qualcuno afferma fossero introdotte da San Girolamo, da San Severo, Vescovo di Napoli, altri da San Paolino, Vescovo di Nola, molti ancora pretendono sia stato il Pontefice Sabiniano, successore di San Gregorio Magno [1]; ma pur troppo si brancica nell’incertezza. Si crede che le prime campane sieno state gettate in Campania, provincia d’Italia, ora Terra di Lavoro, dove fondevasi l’aes campanum, il più purgato e fino bronzo; o perché nella stessa Campania, e precisamente a Nola, sia stata inventata e introdotta la forma delle attuali campane (vas campanum).

   Il nome di campanae venne loro dato per distinguerle dai campanelli, conosciuti molto innanzi [2].

   Nei tre primi secoli i cristiani, costretti a nascondersi per isfuggire alla persecuzione, non avevano nessun segnale pubblico per chiamare ai sacri ufficii, ed è presumibile che si avvisassero reciprocamente in segreto, o che il giorno e l’ora dell’adunanza successiva fossero pubblicati nelle adunanze precedenti.

   Quando, sotto Costantino, la Chiesa ebbe pace, e furono edificate vaste basiliche, vi fu, senza dubbio, un segnale pubblico per convocare i fedeli; ma si crede che consistesse nel suono di assi sottilissime battute con mazzuoli, ovvero in grandi tabelle ferrate, più solide di quelle di cui si fa uso tuttora negli ultimi giorni della settimana santa.

   In alcuni monasteri si valevano di trombette; in altri invitavano all’ufficiatura cantando l’Alleluja [3]; finalmente l’uso delle campane divenne generale in occidente, da dove passò poco a poco alla chiesa orientale.

   Tosto che furono inventate le campane, bisognò fabbricare delle alte torri, affinché il suono fosse udito da lontano, e fu posta, nella maggior parte delle stesse torri, una piramide sormontata da una palla sopra la quale fu inalberata una croce, e sulla croce fu posto un gallo: emblema popolare che indica l’uso delle campane nella Chiesa.

   Rammenta esso ai pastori, la vigilanza, ai fedeli lo zelo per la preghiera, l’ardore per il lavoro [4]; nel modo stesso che la croce, posta sulla palla della piramide, annunzia al cielo e alla terra la vittoria di Gesù Cristo sul mondo [5].

   Come tutto quello che è destinato al culto divino viene elevato ad un ordine sopranaturale per mezzo di apposite benedizioni, così, fino dai primi tempi, si ordinò, come si legge nel Pontificale Romano, che ogni campana, prima che si ponga sul campanile, venga benedetta secondo l’ordine per ciò stabilito.

   La campana è la tromba della chiesa militante [6]; essa deve suonare per tutte le circostanze memorabili della vita; dal che nasce quella varietà di preghiere e di cerimonie con le quali viene benedetta.

   Essa deve suonare al Battesimo [7], ed è perciò purificata con l’acqua benedetta: deve suonare pei combattimenti della nostra vita, cominciando dal giorno in cui, mercé la Confermazione, entriamo nella sacra arena fino a quello in cui giaceremo sul letto di morte; ed è perciò che le si fanno ripetute unzioni col sacro crisma e con l’olio santo: deve suonare per l’augusto sacrificio, e perciò viene profumata con incenso: deve continuamente rammentarci Gesù crocifisso, autore della nostra fede, e perciò viene ripetuto spesso, nel tempo della cerimonia, il segno della santa croce [8].

   Si diano alle campane nomi di santi e di sante; ed è, tale consuetudine, inspirata da un’idea piena di vaghezza, a tutti tramandata dagli avi, nell’intendimento che la divozione sarebbe più attiva, più giubilante, più fedele, quando supponessimo essere un santo o una santa quegli che ci chiama alla chiesa, come giustamente osserva il cardinale Bona.

   Le campane si benedicono, o si consacrano, per quattro ragioni ben distinte: 1° perché lo Spirito Santo, nella Pentecoste, consacrò colla unzione della grazia le lingue degli Apostoli prima che andassero a predicare; 2° acciò esse, per mezzo della benedizione, siano come trombe araldiche della chiesa militante; 3° per ispaventare e discacciare il nemico infernale, e rompere i di lui sforzi nelle tentazioni colle quali assale le nostre anime, e nelle tempeste con cui travaglia i nostri corpi e le nostre campagne; 4° per animare a battaglia contro dello stesso nemico infernale i fedeli, indicando loro le ore dell’orazione e di tutti gli esercizii della cristiana pietà.

   In una delle preci della benedizione il sacerdote dice: “O Dio, che per mezzo di Mosè vostro servo, avete ordinato che fossero fatte delle trombe di argento, affinché mediante il loro suono armonioso, il popolo fosse avvisato di recarsi al sacrificio e di prepararsi a pregare, fate che questo vaso che si destina alla vostra Chiesa sia santificato dal vostro Santo Spirito, e allorquando verrà percosso e manderà un suono grato e piacevole alle orecchie del popolo cristiano, la fede ed il fervore di lui aumentino di giorno in giorno; e le insidie dei suoi nemici, il fracasso della  grandine, gli uragani, i turbini e la violenza delle tempeste rimangano dissipati, e siano stornati i funesti effetti del fulmine.  Raffrenate con la vostra mano onnipotente i nemici della nostra salute, e fate che, all’udire questa campana, essi tremino alla vista della croce di Gesù Cristo, al nome del quale ogni ginocchio si piega in cielo, in terra e nell’inferno.”

   Nel suono delle campane non dobbiamo semplicemente considerare un suono materiale; ma dobbiamo scorgere quello che vedevano i padri nostri e ciò che intende la Chiesa; cioè una preghiera, un grido di sgomento, una supplica urgente indirizzata a Dio.

   E se oggi il progresso permette di stornare la folgore senza ricorrere alla preghiera, rendiamo gloria a Dio onnipotente che ha fatto rinvenire una parte dell’impero del primo uomo sopra le cose create, e non deridiamo gli avi nostri che ricorrevano alla preghiera per giungere al medesimo  scopo [9].

   Varia fu la forma delle campane. Il Pacichelli [10] riproduce alcune campane che esistevano nel museo di Ciampini; una a guisa d’ellissoide, una di cono equilatero e un’altra emisferica, armata di un sol manico. Lo stesso autore dimostra pure l’antica forma delle campane di Scala e di Ravello, foggiate a guisa di caldaie; il Della Noce descrive quella di Subiaco, alta quasi il triplo del suo diametro, e nel museo Kirkeriano se ne conserva una quadrata.

   Consultando la storia antica si trovano menzionate le campane fin dal VI secolo da Gregorio Turonense, morto nel 596, il quale, parlando di Gregorio, Vescovo di Langres, dice:  Commoto signo, sanctus Dei sicuti reliqui,  ad officium dominicum consurgebat.

   I critici concordano nel credere che quel  signum  indica la campana, nel qual senso si troverebbe anche prima nelle regole di San Cesario d’Arles, di San Benedetto e di Sant’Antonino.

   Nell’Oriente però non si usarono che moltissimi anni dopo, come si ha dal libro dei miracoli di Sant’Anastasio, morto nell’anno 628; giacché il II concilio di Nicea del 787 riferisce che quando il corpo di esso s’appressava a Cesarea, gli abitanti uscirongli incontro in processione con croci, dopo essersi raccolti nella chiesa  al batter dei sacri legni [11]

   E Anastasio bibliotecario, traducendo quel concilio in latino, avverte che Orientales ligna pro campanis percutiunt.  Questo in relazione a quanto accennammo già in principio.

   Dagli storici di Venezia abbiamo che il doge Orso Partecipazio nell’805, mandò le prime campane all’imperatore Michele, da mettersi a Santa Sofia; e dopo d’allora altre ne furono spedite, ma non divennero frequenti [12].

   Suonarono in Gerusalemme per opera di Goffredo, ma caddero al venir di Saladino; e molti vogliono che in Levante non ne usassero più se non i Maroniti e i Calogeri del monte Atos.

   Certamente, dopo la presa di Costantinopoli, i Turchi fusero le campane in cannoni, e nell’impero mussulmano non si poté averle che per raro privilegio, per paura che servissero a sommuovere il popolo suonando a stormo.

   Continuando a consultare la storia delle campane, troviamo che il Sommo Pontefice Giovanni XIII, nel 968, ne consacrò una assai grande nella basilica Lateranense, e le diede il nome di Giovanni.

   Nei secoli X e XI gettaronsi molte campane, massime in Italia, e usavasi ornarle di simboli, di cifre, di bassorilievi; prova dell’eccellenza a cui era giunta l’arte di gettare in bronzo a quei tempi.

   Dopo le italiane, le migliori vennero gettate in Allemagna, in Francia e in Olanda. L’uso loro poi si andò facendo sempre più generale e presentemente ben pochissime chiese nel mondo cristiano non posseggono un certo numero di campane bastante a rendere qualche concerto.

   Una innovazione nella forma delle campane l’abbiamo osservata all’esposizione eucaristica di Milano nel 1895. La ditta Harrington Latham e C. di Couventry (Inghilterra) esponeva alcune campane tubolari perfettamente cilindriche, il cui diametro era di cm. 3 in più, proporzionato all’altezza di cm. 50 in più.

   Al colpo di un martello esterno mandavano un suono relativamente forte e gradevole. Dette campane occupano pochissimo spazio, sono di peso lievissimo; ma, secondo noi, poco adottabili e non consigliabili che in ambienti ristretti, quali teatri, sale da concerto, ecc., ecc., non rispondendone, diversamente, né la sonorità, né la forma antiestetica.

   Quanto alle campane più grosse e più celebri abbiamo dal Sarnelli [13] che in Erfurt, (Sassonia) esistette fino al 1614 una campana fusa nel 1497, tenuta per la più grande che fosse a quei tempi non solo in Sassonia, ma in tutto il mondo [14]. Aveva otto cubiti di altezza, sette di diametro e ventisei di periferia, sei dita e mezzo di spessore, pesando in tutto 9240 chilogrammi.

   La città di Nanking nella Cina era anticamente famosa per la grandezza delle sue campane,  e anche a Miako, nel Giappone, esiste una delle più grandi campane del mondo.

   Il primato, però, a proposito di campane colossali, va riconosciuto alla Russia, la quale può dirsi, presentemente, il paese classico dei campanoni. La maggiore di queste moli di metallo è chiamata in russo tsar kolokol, cioè l’imperatore dei campanoni.

   Questa enorme campana, considerata la più grande campana esistente, fu sospesa nella chiesa del convento della Santissima Trinità presso Mosca nel 1737; ma essendo poi stato arso da un incendio l’immenso congegno di travi che la sosteneva, essa cadde e sobissò, rompendosene un pezzo da un lato. Presentemente giace in una cavità presso l’Ivan veliki, cioè il grande Ivano, che è una torre attinente alla cattedrale di Mosca.

   In Italia la campana di San Pietro in Vaticano, fatta rifondere da Pio VI, pesa 10080 chilogrammi, ha circa metri 2,50 di diametro con circa 8 di circonferenza, e nella sua maggiore altezza supera i 3 metri. La regione d’Italia in cui si abbiano le migliori campane è la Lombardia e specialmente il Bergamasco, dove abbondano ottimi concerti che procurano, coi loro concenti, incantevole diletto [15].

   Andremmo troppo per le lunghe se volessimo toccare di tutti gli usi speciali a cui servirono e servir potrebbero le campane, oltre agli ecclesiastici. Ricorderemo intanto la celebre Martinella dei Fiorentini la quale suonavasi un mese avanti che l’esercito si movesse da Firenze; poi, collocata sopra un alto castello di legname, portato sopra un carro, col suo suono guidava l’esercito.

   Celebre è il motto di Pier Capponi a Carlo VIII: Date pur nelle vostre trombe, e noi daremo nelle nostre campane. Anche a Genova il Campanone della Torre ha un alto valore storico. E in Lombardia la campana era parte integrante del Carroccio [16].  

   Le campane somministrarono in ogni tempo ispirazioni di poesia. I monaci del medio evo le fecero argomento di molti versi, non poche volte inscritti sulle campane stesse. Eccone qualche saggio:

 

            En ego campana,

                nunquam denuntio vana,

            Laudo Deum verum,

                plebem voco, congrego clerum,

            Defunctos plango,

                vivos voco, fulmina frango,

            Vox mea, vox vitae,

                voco vos, ad sacra venite.

            .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .

            Sanctos collaudo,

                tonitrua fugo, funerea plaudo,

            Funera plango,

                fulgura frango, sabbatha pango,

            Excito lentos,

                dissipo ventos, paco cruentos.

 

   Sulla campana detta della predica, nella basilica di Sant’Eustorgio in Milano, si leggeva questa semplice e bella inscrizione:

 

            Ad verbum vitae,

                cum dan dan, dico venite!

 

   Il bronzo o metallo che serve alla fabbricazione delle campane, in via comune e ordinaria è del 75% di rame e 25% di stagno, e talvolta del 78% del primo, e 22% dell’ultimo. Questa lega è solida, a grani fini, compatta, fusibilissima e assai sonora.

   La fusione dei metalli che devono entrare nella composizione del bronzo si opera in crogiuoli, e, nella fabbricazione in grande, in forni di riverbero, tra i quali si preferiscono quelli di forma elittica [17].

   La forma usuale della campana è quella di un vaso sboccato e arrovesciato, che si rinforza dandogli uno spessore maggiore in quelle parti che sono destinate a sostenere una maggiore resistenza.

   La fascia più grossa dove percuote il battaglio dicesi bordo, e l’apertura inferiore ha d’ordinario 15 bordi di diametro. La parte superiore dicesi testata, e porta al di dentro un anello al quale si sospende il battaglio col cattivello, o con collarini; esternamente ha due manichi, detti treccie, col mozzo, o con cicogna, che servono a mettere la campana in bilico.

   La testata ha per diametro la metà dell’apertura inferiore della campana, ovvero sette bordi e mezzo; il suo spessore è un terzo di quello del bordo. La testata poi si fortifica con un accrescimento di materia che ne raddoppia lo spessore, affinché le treccie abbiano solidità maggiore.

   I grandi concerti di ottava, dal Si bem. grave al Si bem. acuto in ordine di scala diatonica di modo maggiore, sono assai frequenti nel Bergamasco e nella Brianza.

Si trovano pure concerti in La, di otto campane, e talvolta anche in La bem.

Gradatamente si fanno ottave in Do e anche in Re bem.  e  Re, rarissime volte in Mi bem.; ma non più acuti, perché le piccole sarebbero troppo piccole e l’effetto riuscirebbe pressoché inefficace.

   La  pluralità dei concerti deve essere, come è generalmente, di 5 campane. Essendo la tonalità obbligata al peso, e quindi alla spesa, colla maggiore in Do magg.  variano i concerti di 5 campane fino al Si bem. acuto; ma la media più in uso e numerosa è data dai concerti in Mi bem. e Mi naturale.  

   S’incontrano talvolta concerti di 3 e 4 campane; ma, sebbene di scala, non si possono chiamare veri concerti, per quanto una mano esperta ed esercitata possa ottenere buonissimi effetti.

   In Piemonte e in Liguria si trovano parecchie combinazioni simili anche attualmente. Vi sono pure dei cosidetti concerti a salti; ma tali combinazioni ibride che tradiscono, nella maggior parte dei casi, la loro origine di speculazioni, non certo lodevoli, non sono, fortunatamente, quasi più in uso [18]

   Che cosa dovremmo dire degli ineffabili sentimenti e delle indefinibili impressioni che il suono della campana produce nell’animo nostro? Questo suono ha con noi misteriose e molteplici relazioni, in forza delle quali, nostro malgrado, il pensiero corre veloce nelle sublimi fantasie dell’inconoscibile, dell’indefinito, del mistico!...

   Quante volte, nel silenzio della notte, il lamento di una campana, nella lotta suprema di un’agonia, simile alle tarde pulsazioni di un cuore spirante, giovò forse a redimere un colpevole che vegliava a compiere un delitto! Quanti e quali sentimenti affettuosi non vanno uniti al suono delle campane! Allorché al ridestarsi della natura, al sorgere dell’aurora, si odono le piccole campane de’ nostri villaggi, non si direbbe che l’angelo delle messi, affine di svegliare i lavoratori, mormora, sopra qualche istrumento ebraico, l’istoria di Sefora o di Noemi?[19]

   I rintocchi delle campane, nei giorni delle nostre feste, sembrano aumentare la pubblica gioia, e all’incontro divengono essi terribili nelle calamità.

   Ci corre un brivido per le ossa, ricordando i giorni di strage e di fuoco che rimbombavano dei tocchi del suonare a stormo.    Quali indimenticabili e terribili impressioni del ridestarsi, in una notte procellosa pel lugubre e grandiosamente tragico suonare a stormo!...

   Tutti i sentimenti che fanno nascere i concerti delle nostre campane sono tanto più belli in quanto vi si associa una ricordanza del cielo, una rimembranza di carità e di religione.

   Dalla campanella che un uomo squassava per le strade delle nostre città nella notte precedente i giorni festivi ripetendo le parole: Svegliatevi, o voi che dormite, e pregate pei defunti,  fino alla campana del villaggio solitario che suona l’ora del riposo, e a quella che si suona in alcuni porti di mare durante la notte per dirigere il pilota, tutte le campane si associano alla nostra situazione morale, e infondono a vicenda nell’anima nostra la tristezza, la gioia, la speranza, il terrore, l’amore.

Il sommo Dante, nel principio del canto VIII del Purgatorio nel divino poema tocca, da quel grande poeta che egli era, della malinconia soave che suole ispirare il suono vespertino delle campane.

   Tra i moderni, per tacere di molti altri, Schiller ha scritto sulle campane un’ode che, indubbiamente, è una delle sue più belle poesie liriche, e Pindemonte cantò soavemente “Il colpo di martello della Chiesa di San Marco.”

   Donde nasce questo arcano mistero di così potente suggestione? Dall’essere le campane, come giustamente osserva Monsignor Gaume, sostanzialmente religiose.

   Se fossero addette a tutt’altro monumento che alle nostre chiese, diremmo noi pure, con Chateaubriand, che le campane perderebbero la simpatia morale che hanno col nostro cuore, colla nostra anima, coi nostri sentimenti.

 

INDICE

 

PARTE  TEORICA

 

   Premettiamo di restringere puramente alle cognizioni necessarie questa parte teorica, perché, senza bisogno di una guida speciale e sapiente, tutti quelli che si dedicano al suono dei sacri bronzi, a servizio del culto, possano facilmente  apprendere, colla maggiore chiarezza possibile, quelle teorie musicali indispensabili allo studio del nostro repertorio pratico non solo; ma di tutto quanto – praticamente – non mancherà di venire pubblicato in seguito.

   Crediamo inutile, anzi dannoso, il sistema generale di svolgere troppo ampiamente e scientificamente tutto quanto riguarda la teoria musicale: bisogna sempre avere di mira per chi e per quale scopo si detta una pubblicazione: solo tale concetto può tenerci nella via della semplicità e della chiarezza; doti queste alle quali – per lunga pratica e per lunga esperienza – non siamo mai venuti meno nelle diverse nostre pubblicazioni didattiche.

   Il personale addetto al suono delle campane non può appartenere, presumibilmente, ad una classe di persone alle quali il tempo e le occupazioni possano permettere di approfondirsi nello scibile scientifico teorico e pratico della musica; perciò noi ci siamo attenuti alla maggiore semplicità, la quale, per altro, condurrà felicemente lo studioso alla conquista di una competenza e di una abilità pratica sufficiente e difficilissima a raggiungersi con altri sistemi.

  Se poi taluno vorrà approfondirsi sempre più nella tecnica e nella teoria musicale, troverà pascolo opportuno nelle diverse pubblicazioni, fra le quali, fortunatamente, non mancano le buone.  

 ***** 

    La musica è una scienza che tratta del suono e del canto. La musica si esprime con piccoli segni che si chiamano note, e le note si scrivono sopra il Rigo Musicale.

   Il Rigo Musicale è la riunione di cinque linee parallele e quattro spazi formati dalle linee stesse.

 

 

   Le linee e gli spazi che formano il Rigo Musicale si contano dal basso in alto.

 

  

   Le note che si scrivono sul Rigo Musicale possono essere alte o basse, e indicano precisamente un suono alto o basso, cioè acuto o grave.

   Le note musicali sono sette, e si chiamano: Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si. Per distinguere e per conoscere bene il suono delle note bisogna guardare al posto che occupano nel Rigo Musicale, e al segno speciale che si pone in principio del rigo stesso e che si chiama Chiave, la quale, dove è segnata, fissa il nome di una nota.

   Considerando che le note musicali, ossia i suoni Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si,  vanno ripetuti sempre nello stesso modo e collo stesso ordine [20] ne consegue chiaramente che, fissato il nome di un suono, o di una nota, facilissimamente, ascendendo o discendendo di grado, si trovano le altre note o suoni.

   Le chiavi sono diverse; ma quelle più in uso sono due: quella di Sol (detta anche di Violino perché adoperata da chi suona tale istrumento) e quella in Fa, detta anche di Basso.  

   Si chiamano Chiavi di Sol e di Fa perché dove sono segnate si trova rispettivamente la nota Sol oppure la nota Fa.

 

 

  I nomi delle note in chiave di Fa (ci atteniamo a questa chiave perché più logica ad esprimere i suoni delle campane) sono:

 

 

   I nomi delle note in chiave di Sol, o di Violino, corrispondono una terza sotto, ossia tre gradi sotto, a quelle in chiave di Fa o di Basso.

  

   Ecco infatti i nomi delle note in chiave di Sol, o di Violino:

 

 

   Le note musicali, ossia i suoni, hanno diverse conformazioni di figure o di figurazioni.

   Le figure o figurazioni musicali sono sette, e cioè:  1. Semibreve,  2. Minima,  3. Semiminima,  4. Croma,  5. Semicroma,  6. Biscroma  7. Semibiscroma.

   Le figurazioni musicali rappresentano i diversi valori, e le principali figurazioni, ossia i valori principali, sono le prime quattro, e cioè la Semibreve, la Minima, la Semiminima e la Croma.

   I valori principali sono fatti così: la Semibreve (ossia tonda) come un  o ;  la Minima (ossia bianca)   come un  o  colla gamba    ;  la Semiminima (ossia nera) come un  o  pieno colla gamba    ; la Croma (ossia tagliata) come un  o  pieno colla gamba e un taglio ossia coda       [21].

   I valori principali rappresentano:  la Semibreve  (o)  quattro quarti;  la Minima  (    )  la metà della Semibreve, ossia due quarti;  la Semiminima  (    )  la quarta parte della Semibreve, ossia un quarto;  la Croma  (    )  l’ottava parte della Semibreve, ossia un ottavo, oppure mezzo quarto  [22]

   Le figure, o valori musicali, hanno delle pause corrispondenti a ciò che le stesse figure o valori musicali rappresentano. Tali pause indicano un determinato riposo.

 

INDICE

 

 

DIMOSTRAZIONE

 

   I valori musicali si determinano in modo assoluto e si mettono in buona relazione fra di loro per mezzo del  Tempo

   Il Tempo è la misura dei valori e si indica in principio del rigo dopo la chiave.

   I tempi principali sono tre:  il tempo ordinario,  il tre e quattro  e  il due e quattro, e si indicano così:  il tempo ordinario      oppure col numero  4,  oppure colla frazione ordinaria  4/4;  il tre e quattro con una frazione ordinaria di  3/4;  il due e quattro con un’altra frazione ordinaria di  2/4.

   Fra i tempi molto in uso vi sono pure  il tempo a cappella, oppure tagliato,  e il tempo di tre e otto.

   Il tempo a cappella, o tagliato, si rappresenta come il segno del tempo ordinario attraversato da una linea  (     ), e il tempo di tre e otto si esprime con una frazione di 3/8.

   Il tempo ordinario vale come una Semibreve, ossia quattro quarti;  il tre e quattro vale come una Minima più una Semiminima, ossia tre quarti;  il due e quattro vale come una Minima, ossia due quarti.  Il tempo a cappella, o tagliato, vale pure come  una Semibreve, e il tre e otto vale come tre Crome, ossia un quarto e mezzo.

   Il tempo ordinario si divide in quattro movimenti uguali della mano, due in battere e due in levare; il tre e quattro con tre movimenti uguali della mano, due in battere e uno in levare; il due e quattro con due movimenti uguali della mano, uno in  battere e l’altro in levare.

   Il tempo a cappella, o tagliato, nel quale i valori, praticamente, si considerano la metà di ciò che rappresentano, si divide in due movimenti uguali della mano: uno in battere e l’altro in levare.

   L’unità di misura, ossia ciò che si eseguisce ad ogni movimento della mano, nei tempi ordinario, tre quarti e due quarti, è di un quarto, cioè una Semiminima, mentre nel tempo a cappella, o tagliato, l’unità di misura è di due quarti, cioè una Minima.

    La divisione del tempo a cappella è identica a quella del tempo di due e quattro, soltanto che nel tempo a cappella, o tagliato, l’unità di misura è la Minima, mentre nel tempo due e quattro l’unità di misura è la Semiminima.

   Il tre e otto, ossia tempo di tre ottavi oppure tre crome, si divide come il tempo di tre quarti [23]. Si osserva però che nel tre e otto l’unità di misura è il mezzo quarto, ossia la Croma, mentre nel tre e quattro l’unità di misura è la Semiminima.

   Un punto messo dopo una nota accresce alla nota stessa metà del valore che rappresenta. In altri termini un punto, messo dopo un valore, accresce al valore stesso quello che, nell’ordine dei valori, viene immediatamente dopo.

   Per esempio un punto messo dopo una Semibreve, aggiunge alla Semibreve anche il valore di una Minima; un punto messo dopo una Minima, aggiunge alla Minima anche il valore di una Semiminima; un punto messo dopo una Semiminima aggiunge alla Semiminima anche il valore di una Croma, e così via.

   Per rendere poi facile la divisione dei diversi tempi, si separa con una lineetta traversante il Rigo Musicale, il contenuto dei valori determinato tassativamente da ciascun tempo.

   Per esempio nel tempo ordinario e in quello tagliato o a cappella si attraverserà il Rigo verticalmente colla linea, che si chiama stanghetta, ogni quattro quarti; nel tre e quattro la stanghetta si metterà ogni tre quarti; nel due e quattro la stanghetta si porrà ogni due quarti, come nel tre e otto la suddivisione colla linea o stanghetta dovrà mettersi ogni tre Crome di valore, e nel sei e otto ogni sei Crome di valore.

   La suddivisione operata dalla stanghetta si chiama battuta o misura, e le battute o misure sono diverse come diversi sono i tempi.

Battute  o  Misure

 

STANGHETTE

   I suoni possono essere alterati nell’intonazione per mezzo di segni che si chiamano accidenti, e che si mettono davanti ai suoni che si vogliono alterare.

   I principali accidenti sono tre:  Diesis  # Bemolle  bBequadro    .

   Il Diesis #  alza il suono di mezzo tono e, nel Carillon [24] di studio, fa suonare un tasto verso destra; il Bemolle b  abbassa il suono di mezzo tono, facendo suonare, nel Carillon di studio, un tasto verso destra; finalmente il Bequadro    mette i suoni al loro posto naturale distruggendo l’effetto del Diesis e del Bemolle.

   Per Scala deve intendersi una successione di otto suoni consecutivi, l’ultimo dei quali è la ripetizione del primo all’acuto.

   Vi sono scale di modo maggiore, di modo minore e cromatiche [25].

   I salti, ossia gli intervalli, sono le distanze che separano un suono dall’altro; per esempio dal Do al Re, dal Fa al La, dal Mi al Si, ecc., sono altrettanti salti, ossia  intervalli.

   I salti, o intervalli, compresi in un’ottava, ossia scala, sono di 2^, di 3^, di 4^, di 5^, di 6^, di 7^ e di 8^.

   Il  punto coronato, ossia corona, è un segno che si mette sopra una o più note, e anche sulle pause, e indica di fermarsi momentaneamente sulle note o sulle pause che lo portano, sospendendo, per qualche poco, il regolare andamento del tempo.

 

Punto coronato comune  o  corona

 

 

   Un elemento musicale frequente negli andamenti musicali è la terzina.

   La terzina è una sovrabbondanza musicale, e si indica con la cifra 3 che si pone sopra le note.

   L’effetto della terzina è quello di scrivere tre valori della medesima specie; ma di calcolarne soltanto due. Per esempio tre Minime, messe come terzina, non valgono come tre Minime ossia sei quarti, ma valgono solamente come due Minime, ossia quattro quarti.

Così pure tre Semiminime di terzina non valgono tre quarti, come dovrebbero valere appunto tre Semiminime, ma valgono soltanto come due Semiminime, ossia due quarti, e così via.

   I diversi modi poi di esecuzione si indicano con acconce ed opportune parole, il significato delle quali è evidentissimo. Ecco le principali: Allegro, Andante, Presto, Adagio, Allegro moderato, Allegro vivo, Allegro marziale, Andantino, Larghetto, ecc., come pure Allargando, Crescendo, Diminuendo, ecc.

 

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PARTE  PRATICA

 

Esercizi graduati di lettura e di esecuzione per Carillon di otto note.

 

                         Ottava  di  DO

 

   I seguenti esercizi vanno innanzi tutto studiati teoricamente, esercitandosi a dividere bene le figurazioni, nei diversi Tempi proposti. Quando la divisione parlata sarà bene eseguita e perfettamente capita, allora lo studioso conterà mentalmente i diversi movimenti, ed eseguirà sul Carillon  di studio i diversi esercizi studiati già teoricamente.

Con un po’ di buona volontà e di perseveranza, non tarderà ad acquistare sicurezza e precisione in tutte le esecuzioni.

   Abbiamo scritto il poco, ma abbastanza sufficiente, materiale di studio per  Carillon  in ottava di Do,  non avendo voluto, di proposito, scrivere gli esercizi per  Carillon  di 12 o più note perché, nella pratica poi, e cioè passando dal  Carillon  alla  tastiera effettiva  e  reale  dei concerti delle campane, non vi sarebbe stata più nessuna relazione omogenea di fatto, meno che per i concerti di otto campane in  Do.

   E appunto per togliere questa, diremo così, contraddizione tra lo studio sul  Carillon  e l’esecuzione sulle campane, noi vivamente consigliamo, specialmente i campanari esordienti, di studiare bene e diligentemente gli esercizi sul  Carillon  in  Do,  della Casa da noi proposta [26], e di  studiare poi le diverse  sonate,  per tutte le feste e per tutte le cerimonie indicate, sul  Carillon   identico nel suono e nella tonalità ai concerti proprii delle campane, ai quali concerti si trovano addetti gli stessi campanari.

   Questo sistema faciliterà in modo straordinario l’esecuzione reale, perché lo studio fatto sul  Carillon,  avrà un identico e perfetto riscontro sulla tastiera relativa alle campane [27].

[NOTA: Si propone una pagina sola in qualità di esempio]

 

  

 

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PICCOLO  REPERTORIO

 

di Sonate per le principali solennità e cerimonie religiose per concerti di  3,  4,  5,  8,  9  e  12 campane coll’aggiunta di parecchi temi per l’uso delle campane a distesa.

 

   A questo nostro piccolo Repertorio facciamo precedere poche parole riguardanti i  Metodi di suono  e gli  Armamenti  delle campane. In tutti i tempi le campane vennero collocate sulle torri delle chiese con sistemi di  bilanciamento  diversi. I metodi di sospensione e di suono, escludendo quello primitivo del movimento diretto del  battente,  sono il metodo  a slancio  e il metodo  a mezza ruota. Nel primo, il  ceppo  a cui è sospesa la campana ha i  perni  all’altezza delle  treccie,  e  tale  ceppo  non comporta  contrappeso.

   La corda è applicata ad una leva, a mezzo cerchio od a stanga, e, suonando la campana, questa viene spostata in modo che il  battente,  al centro della bocca, descrive un arco inviluppato da tre diametri della campana stessa.

   Il  battente,  sollecitato al moto, non appena tocca la campana da una parte ritorna, per il moto di discesa della campana abbandonata a sé stessa, e tocca la parete opposta.

   Questo metodo è in uso nel Veneto, in Piemonte, in Liguria, in Romagna, in Toscana e nella maggior parte dei paesi cattolici.

   Da noi, e precisamente in Alta Italia, si va ora diffondendo il secondo sistema detto a  mezza ruota  o  mezzo slancio.  Differenzia dal metodo precedente essenzialmente perché il  ceppo  è più alto e comporta  contrappeso,  e la linea dei  perni  è al di sotto delle  treccie.  Anche in questo metodo la corda è applicata alla leva.

   La campana ha un’ampiezza di movimento maggiore, quindi la sua discesa è più lenta, e l’intervallo fra i due suoni – percussione e ripercussione del  battaglio  -  è maggiore. In tal modo si ottiene un effetto di minore vivacità; ma in compenso di maggiore gravità e di solennità senza confronto superiore.

   Di più, il sistema di  mezza ruota  o  mezzo slancio,  ha, in confronto del metodo di  slancio,  alcuni vantaggi di non piccola importanza. Infatti, da parte di chi suona, si richiede minore fatica, la costruzione del  castello  importa assai minore spesa, e alla torre vengono risparmiate le forti scosse procurate, inevitabilmente, dall’uso del suonare a  slancio.

   In Lombardia, regione classica delle campane, il suono ha luogo generalmente col metodo dell’inceppamento a ruota.  Il  ceppo  è alto  2/3  del diametro, i  perni  sono all’altezza della cupola della campana, sopra il  ceppo  vi è un  contrappeso,  e a lato della campana sta la  ruota  o  volàno,  cui si esercita la trazione della corda. La campana, suonando, descrive  3/4  di circolo, e viene arrestata sul  castello  facendola salire o discendere a piacimento. E’ incontrastata la superiorità di questo metodo sopra ogni altro, specialmente quando si suoni in concerto libero, perché si può meglio gustare l’effetto della risonanza.

   Fino al 1845 il  castello  e gli  inceppamenti  erano costrutti in legno. Il rincaro dei legnami e la grave difficoltà di trovare legni ottimamente stagionati, crearono delle serie difficoltà a tali costruzioni.

   La Ditta Fratelli Barigozzi di Milano, risolse felicemente il problema costruendo in ferro e ghisa non solo il  castello,  ma anche solidi ed eleganti  ceppi.

   Studiò ed applicò il  supporto a perno scorrente,  di grande vantaggio per la sua semplicità e per la facilità conseguente al moto delle campane, applicò i  paracadute  alle campane stesse e ai battenti, e introdusse gli  oliatori  automatici.

   Il metodo di suonare le campane d’allegrezza a mezzo di  tasti,  è assai antico, e di poco, finora, se ne migliorò il sistema, malgrado i cilindri rotativi abbiano fatto la loro comparsa anche sui campanili. [28]  

 

   Fu tentata più volte, ma invano, l’applicazione e l’attuazione della suoneria a tasto come sul pianoforte, ed ora sembra che lo scopo sia per raggiungersi felicemente per merito del signor Francesco Laverda elettricista di Breganze (Vicenza).  Il Laverda, col suo apparato, poté animare una tastiera elettrica che soddisfa, secondo serie informazioni, a tutte le esigenze [29], ed ora sta facendo studi per suonare le campane con distacchi di tempo e di urto a piacere, servendosi di un motorino elettrico speciale di sua invenzione, cosicché all’infuori del sostegno non occorrerà più nessun meccanismo, si risparmieranno le scosse alle torri, e non sarà più necessario di fare sporgere dalle medesime né le ruote né le campane, rispettando, in tal modo, anche l’estetica architettonica dei campanili [30].

 

 [NOTA: Si propone una pagina sola in qualità di esempio]

 

 

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Note sull’Autore

 Angelo Balladori nacque a Scaldasole, in Lomellina nel 1865 e morì a Lodi nel 1919. Dal 1894, diresse la Scuola di Musica e la Fanfara municipale di Lodi ed insegnò Canto Corale presso l’Istituto Magistrale femminile.

Fu un compositore molto fecondo: scrisse 12 operette, eseguite con successo, numerose composizioni vocali sacre e profane, brani per Pianoforte e per Organo, opere didattiche e teoretiche, pubblicate dalle Edizioni Musica Sacra.

Come Bellando e Polleri, si unì al movimento per la riforma della musica sacra.

  

N.B.

E’ allo studio un progetto di ristampa del libretto (unico metodo per campanari esistente in Italia).

 

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NOTE

[1] Polid. Virg. Lib. de inventorib. rerum: Onuph. Ep. summ. pontif. 

[2] I campanelli non erano adoperati per chiamare il popolo alla preghiera. A questo proposito il grave cardinale Bona riferisce un curioso aneddoto, tolto da Strabone.

- Trasferitosi un suonatore di liuto in un’isola della Grecia per darvi un saggio della sua abilità, tutto il popolo si radunò intorno all’artista ambulante e si preparò ad ascoltarlo; ma, appena ebbe incominciato a preludiare, si udì un campanello, e tutto il popolo fuggì precipitosamente, non rimanendo che un sordo a udire il povero suonatore.

 “Io mi congratulo e vi ringrazio, gli disse il suonatore, che siate rimasto solo ad ascoltarmi; ma perché fuggono i vostri compaesani quando sentono un campanello? – E che! esclamò il sordo, il campanello ha suonato? -   Sì. – Vi saluto dunque.”  E si mise a correre, dicendo al liutista sconcertato: “Incomincia il mercato del pesce.”

(Rer. liturg., lib. I, cap. XXII, pag. 192).

[3] Durandus. De ritib. eccl. cathol.,lib. I. c. XXI

[4] Bona. Rer. liturg., lib. I, cap. XXII.

[5] Mons.  G. Gaume. Catechismo di perseveranza, vol. VII, parte IV.

[6] Concil. colon. cap. XIV.

[7] I padrini però non sono prescritti, ma semplicemente tollerati.

[8] Papa Giovanni XVI fu il primo a introdurre nella chiesa l’uso di battezzar le campane; e il Concilio di Tolosa del 1390 ne fece privilegio dei vescovi, i quali però possono delegarlo ad un semplice sacerdote.

[9] Monsignor G. Gaume, op. citata.

[10] De tintinnabulo nolano, (Ceccaroni, Dizionario ecclesiastico).

[11] Conc. Nic., art. 4.

[12] Enciclopedie di Cantù e di Boccardo.

[13] Tom. VIII, pag. 27.

[14] Il duomo gotico del secolo XII venne ristaurato nel 1852 con la campana Susanna del peso di Kg. 14.000.

[15] Distinte furono le antiche fonderie milanesi Bozzi, Mainoni, Bonavilla, che fiorirono  nei secoli XVII e XVIII; più tardi le ditte Comerio e Bizzozzero di Varese, ora spente. – Attualmente tiene un invidiabile primato in Italia, e indubbiamente uno dei primi posti nel mondo, la Ditta Fratelli Barigozzi di Milano.

[16] Ogni Carroccio aveva la propria campana alla quale si dava un nome particolare. A Firenze era la Martinella,  a Venezia la Trottiera, ecc. 

[17] Tralasciamo di parlare di altre leghe e dei modi che si adoperano per bronzare i diversi metalli, non volendo esorbitare in un campo troppo vasto e fuori del nostro argomento.

[18] Sono memorabili gli ultimi anni dello scorso secolo e del periodo napoleonico per la triste sorte toccata alle più antiche e artistiche campane italiche, che più d’una volta chiamarono il popolo contro l’avanzarsi dei battaglioni imperiali o repubblicani. – Colla soppressione poi dei monasteri la vendita delle campane si fece quasi generale, e il vandalismo raggiunse il suo apogeo anche sotto forma di vendita a speculatori senza coscienza collo specioso titolo di spese di guerra.

[19] Chateaubriand: Génie du Christianisme.

[20] Per esempio dopo il Si, ascendendo, si incomincia ancora a nominare Do, Re, Mi, Fa, ecc.; dopo il Do, discendendo, si nomina Si, La, Sol, Fa, ecc.; cioè si nominano i suoni in ordine inverso. Scrivendo in lettere le note Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, ascendendo si va verso destra e discendendo verso sinistra.

[21] E’ opportuno conoscere anche la Semicroma (ossia bitagliata) che si esprime con un  o  pieno colla gamba e due tagli oppure due code  (     ).

[22] La Semicroma  (     )  rappresenta la sedicesima parte della Semibreve, ossia un sedicesimo, oppure la metà della Croma.

[23] Si usa pure frequentemente il tempo di sei e otto (il  doppio del tre e otto). E’ formato dal valore di sei Crome, e si divide tre in battere e tre in levare. (Quarta Croma a sinistra, quinta a destra, sesta in alto). Unità di misura la Croma. Si indica colla frazione ordinaria di 6/8.

[24] Salterio volgarmente detto; ma, con linguaggio più proprio, Carillon. E’ il Carillon un piccolo concerto di campane, costituito da una serie di campanelli di decrescente grandezza fissati a un’asta.  – Alcuni carillons offrono una scala puramente diatonica, altri cromatica, e si suonano o con un piccolo martello o a mezzo di una tastiera simile a quella del pianoforte.

Tale istrumento, per lo studio pratico è indispensabile, e siamo ben lieti di annunciare in proposito che una delle prime Fabbriche d’Istrumenti Musicali: la Casa Maino & Orsi di Milano, intuendo felicemente lo scopo e i mezzi della presente pubblicazione, e dietro studi pratici fatti assieme, ha disposto per la fabbricazione di speciali carillons  che sono un modello di idealità artistica, pratica ed economica, come vedremo più avanti.

[25] Per maggiori cognizioni veggasi: Teoria Musicale Ragionata, dello stesso Autore, Milano  A. Bertarelli & C.

[26] Maino & Orsi di Milano.

[27] A tale scopo, la stessa Casa tiene in pronto un ottimo assortimento di  Carillons, che da 3 note, o tasti, vanno fino a 12 e anche più, a condizioni oltre modo convenienti e raccomandabili. Veggasi più  avanti il prezzo corrente.

(*)  Eseguire con precisione e con tocco leggero, mai pesante anche suonando forte, e con tempo moderato.

[28] Per il loro costo, per la loro delicatezza, per le pochissime sonate che contenevano, i cilindri rotativi furono presto fuori d’uso, e oggidì sono pressoché scomparsi.

[29] Attualmente sta apprestando la tastiera per il nuovo concerto di 12 campane in  La  per la Basilica di S. Alessandro di Bergamo, opera riuscitissima della distinta Ditta Pruneri di Crosio (Valtellina).

[30] Se, come vivamente auguriamo, gli studi potranno essere coronati da felice risultato pratico, sarà possibile suonare tutte le campane coi tasti, stando in qualsiasi locale, e ottenere, senza fatica, qualunque effetto sia col movimento a slancio che a mezza ruota.

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Bibliografia

Bib-TS-485 - A. Balladori - I sacri Bronzi - Scaldasole, 1904 - Trascrizione e Riproduzione fotografica di Ing. Arch. Michele Cuzzoni (2009)a

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