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 Archeologia fusoria

AREA II - ARCHIVIO STORICO (ARS)

Cap. ARS-C01 - Archeometallurgia - Pag. ARS-C01.12

Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2011 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina


 

Campane e fornaci da campane dal Medioevo all’Età Moderna: archeologia di una produzione

 

INDICE:

 

Monografia di Lucia Ferrari

 

Sintesi del progetto

 Il progetto parte dalle considerazioni maturate dall’esperienza personale acquisita nello scavo e nello studio di più impianti temporanei per la produzione di campane: complessità nella deposizione degli strati e nella riconoscibilità degli indicatori, difficoltà di interpretazione del ciclo produttivo e importanza di una rilettura critica delle fonti scritte.

Dopo un elevato interesse conseguente ai primi scavi stratigrafici di impianti per campane, negli anni Settanta, non si sono avuti significativi sviluppi tesi a delineare la storia della produzione. Gli scavi dell’ultimo ventennio hanno messo in luce numerosi impianti temporanei, diversamente datati, tra cui alcuni riferibili all’altomedioevo attraverso i quali si vanno acquisendo sempre più dati e opportunità di confronto.

La ricerca va affrontata tenendo conto delle caratteristiche e degli strumenti legati allo studio sia dei siti religiosi, in cui gli impianti si rinvengono, che a quello dei siti produttivi con particolare riferimento alla produzione metallurgica in leghe di rame nel Medioevo.

Il programma di lavoro parte dalla disamina delle fonti fin qui utilizzate per la ricostruzione del ciclo di fusione delle campane e utilizzate nell’interpretazione del dato archeologico. Esse vanno rilette alla luce dei nuovi ritrovamenti ed in relazione ai dati raccolti negli impianti ancora attivi.

Si procederà quindi con il riesame del materiale archeologico edito per la situazione italiana, con confronti con i casi europei. Le evidenze archeologiche andranno sfruttate al meglio, per giungere ad una caratterizzazione degli indicatori sicuri riferibili alla fusione delle campane. Si dovranno tenere presenti le peculiarità stratigrafiche connesse agli impianti e le caratteristiche di una produzione a carattere familiare che si connota come itinerante, saltuaria, specializzata e la cui produttività e apertura geografica sono ancora da definire. Occorre inoltre considerare la particolarità del manufatto in relazione a motivi tecnologici, economici, cultuali e di stile.

Si dovrà costituire un ampio quadro diacronico con la realizzazione di una carta di distribuzione e di un database relativi sia ad attestazioni di impianti produttivi e loro scavo sia alla presenza di campane o notizie delle stesse.

Il contributo delle scienze, analisi archeometriche, archeometallurgiche, paleobotaniche, nello studio degli indicatori sarà fondamentale per dare significato alle scelte tecniche operate dai fonditori.

Si prospetta, inoltre, l’intervento di studio etnoarcheologico in uno o più siti produttivi attivi mirato a definire la complessità della stratificazione in impianti artigianali attuali per ottenere dati confrontabili con i contesti archeologici documentati.

Lo scopo del progetto è quello di pervenire ad una definizione della storia della produzione delle campane che tenga conto delle tradizioni locali, delle innovazioni e delle persistenze e che possa rappresentare, grazie ad un catalogo analitico dei casi studiati, uno strumento di confronto valido per le future acquisizioni archeologiche.

 

INDICE

 

Introduzione

 L’interesse che sprona la sottoscritta ad affrontare lo studio della produzione delle campane matura dall’esperienza personale acquisita nello scavo e nello studio di più impianti produttivi di questo tipo rinvenuti nella Pieve di Santo Stefano di Filattiera[1].

L’approccio diretto con la stratigrafia ha portato a riscontrare quanto si tratti solo in apparenza di una produzione semplice e facilmente riconducibile a quanto reso dalle fonti scritte. Si è riscontrata, invece, un’elevata complessità nella deposizione degli strati e nella riconoscibilità degli indicatori. Alle problematiche proprie della produzione vanno aggiunte quelle comportate dalla presenza di tali impianti, generalmente temporanei, in siti ecclesiastici pluristratificati: la presenza di fosse da campane e le loro relazioni o meno con fasi di cantiere può  rappresentare, come nel caso di Filattiera, l'indice e lo spunto per riflessioni sulla storia dell’architettura[2] ma anche sugli aspetti economici, sociali, cultuali[3].

Nel campanato si vedono uniti, più che in altri casi di produzione metallurgica, i problemi della tecnica con quelli di una funzionalità particolare e di un fenomeno essenzialmente cultuale che, talvolta, sembra condizionare le scelte degli artigiani

Ad alimentare ulteriormente l’interesse per questo tipo di produzione è dato dal fatto di poter confrontare fra loro dati di diversa natura: storica (le fonti scritte), archeologica (dati di scavo, analisi tipologiche ed archeometriche, cultura materiale), ed  etnoarcheologica. La ricerca è aperta non solo nella strategia, che presuppone l’uso di metodi e strumenti afferenti a discipline diverse, ma anche per quanto concerne l’oggetto stesso: l’arte del campanato risulta essere, per quanto finora noto, una produzione ad elevata specializzazione, ma non per questo priva di rapporti con altre attività metallurgiche nella cui tradizione certamente si iscrive. Lo studio del fenomeno produttivo delle campane non può pertanto prescindere dalla disamina delle problematiche legate alla metallurgia delle leghe di rame ed a suoi riflessi nell’archeologia a partire dall’Altomedioevo, un campo di studio in cui ancora molto è da scoprire.

Occorre sottolineare lo stato della documentazione che, dopo un elevato interesse conseguente ai primi scavi stratigrafici di impianti per campane negli anni Settanta, non ha avuto significativi sviluppi tesi a delineare la storia della produzione. Gli scavi dell’ultimo ventennio hanno messo in luce numerosi impianti temporanei, diversamente datati, tra cui alcuni riferibili all’altomedioevo attraverso i quali si vanno acquisendo sempre più dati e opportunità di confronto.

Da queste considerazioni si sottolinea l’esigenza di effettuare una raccolta di tutti i dati pubblicati ed  affrontare una disamina dei materiali il più possibile critica e finalizzata alla storia della produzione. Il problema si pone particolarmente nell’ambito dell’archeologia ecclesiastica che spesso si scontra con tale emergenza ma non deve tralasciare, qualora se ne trovi traccia, lo studio di impianti permanenti collocati in botteghe ben definite.

 

INDICE

 

 

 Il primo passo consiste nell’affrontare la storia e la geografia del “campanato” tenendo conto della storia delle ricerche archeologiche e accennando a problemi che andranno poi ripresi in fase conclusiva.

Innanzitutto si dovrà provvedere alla rilettura dei lavori che, in passato, hanno tentato una prima sintesi ed analisi del fenomeno produttivo delle campane.

  • In seguito agli scavi degli anni settanta P.A. Donati[4] e T.F.C. Blagg[5] fanno il punto della situazione attraverso il riesame delle fonti scritte principali e al loro confronto con le evidenze stratigrafiche emerse negli scavi archeologici. Per una lettura critica del fenomeno essi fanno riferimento in modo appropriato all’esperienza dei fonditori ancora attivi in grado fornire quei dati e quelle conoscenze che non trovano riscontro nell’evidenza archeologica e di giudicare in modo critico gli indicatori difficilmente interpretabili da un profano del mestiere. Tali lavori sono ancora esemplari ed insuperati mancando ulteriori approfondimenti successivi. Le scoperte, tuttavia, negli ultimi anni non sono mancate ma sono, anzi, state numerose nei contesti ecclesiastici. Si evidenzia però una carenza di studi dettagliati e di tentativi di confronto che mirino ad inserire le peculiarità di ogni singolo rinvenimento nel più ampio spettro della storia e tecnologia di questi particolari manufatti. Si trovano, in genere, notizie sparse e solo raramente studi approfonditi. Il materiale edito merita comunque uno spoglio a tappeto, almeno per la situazione italiana, finalizzato alla realizzazione di un catalogo analitico quale base per una discussione critica per grandi aree.
  • Tra gli studi degli anni 1970-’80[6] si trovano anche lavori a carattere subregionale che si occupano di censire e rilevare le campane ancora in uso creando archivi dei decori e delle scritte a rilievo. Manca tuttavia un lavoro globale ed un criterio univoco di schedatura che si propone tra gli obbiettivi del progetto.

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Obiettivo di questo punto del progetto è ridiscutere le fonti fin qui utilizzate per la ricostruzione del ciclo di fusione delle campane e utilizzate nell’interpretazione del dato archeologico. Già riesaminate negli studi precedenti[7] esse vanno rilette alla luce dei nuovi ritrovamenti ed in relazione ai dati raccolti negli impianti ancora attivi[8]. In particolare ci si soffermerà sulle fonti a seguire di cui si descrivono brevemente i sistemi proposti:

  • Teofilo[9] nel XII secolo nel capitolo “De campanis fundendis” della sua opera, descrive la produzione delle campane a partire dalla creazione, su tornio orizzontale, del “maschio”. Questo viene realizzato per sovrapposizione di strati di argilla e regolarizzato per conferirgli la forma che avrà l’interno della campana finita. Su di esso si modella la falsa campana in sego che verrà a sua volta ricoperta da uno spessa “camicia” formata da numerosi strati di argilla. Applicato il gancio per il batacchio e la forma per le manigliere con il foro di ingresso per il metallo, si provvede alla cerchiatura e ad alleggerire la forma rimuovendo materiale all’interno del maschio. La forma viene fatta scendere lentamente nella fossa appositamente preparata dove, poggiata su supporti rialzati, viene fatta cuocere. Il sego viene fatto fuoriuscire da fori praticati alla base e raccolto in vasi. La fossa viene colmata da combustibile per portare a termine la cottura dello stampo. La fornace per la fusione del bronzo viene apprestata nelle vicinanze e, tenendo conto della quantità di metallo necessario, si prepara il numero occorrente di crogioli e si dà avvio alla fusione della lega composta da quattro parti di rame e una di stagno. Intanto nella fossa si asportano le pietre di rivestimento ed i carboni e si riempie con attenzione di terra pressata: lo stampo è pronto a ricevere il metallo che viene versato con tutte le precauzioni. Lasciata opportunamente raffreddare, la forma viene fatta risalire e quindi spaccata per recuperare la campana pronta ad essere rifinita.
  • Biringuccio[10] nel XVI secolo descrive un procedimento che si differenzia dal precedente a partire dalla modellazione su tornio orizzontale con l’uso di sagome in legno per la definizione della falsa campana. Quest’ultima viene realizzata in “terra da forme”, regolarizzata con sego e spennellata da più mani di argilla fine. La “tonica” viene realizzata in argilla e filamenti di canapa. La forma va asciugata lentamente e poi cerchiata. Posta verticalmente subisce due fasi di cottura: una interna al maschio a cui segue lo stacco della “tonica” e l’asportazione della falsa campana con l’introduzione di anello e manigliere, ed una seconda in una fornacetta appositamente creata per cuocere insieme l’interno della “tonica” e l’esterno del “maschio”. La forma ricomposta viene poggiata su una croce lignea resa solidale alla cerchiatura e calata nella fossa predisposta. Infine coperta di terra pressata è pronta per la colatura del metallo. Biringuccio prevede anche, per campane di più grosse dimensioni, l’uso del “centino movente” analogo a quello descritto successivamente nell’Encyclopédie.
  • Diderot e D’Alambert [11] nel XVIII secolo, nella monumentale opera enciclopedica dedicano ampio spazio alla produzione delle campane. Il sistema da loro descritto, ancora documentabile alla fine del XX secolo[12] si basa sull’uso di una sorta di compasso verticale che fa ruotare sagome di legno aventi la forma che si desidera conferire alla campana. Partendo da un “nocciolo” di mattoni sagomati con un vuoto interno si modella la campana nelle sue parti per applicazione di strati successivi fatti debitamente seccare modellando le superfici della falsa campana con le sagome rotanti. Le tavole d Diderot mostrano una produzione che si svolge nella bottega di un fonditore che dispone di una fornace a riverbero ed ha la possibilità di realizzare più colate nello stesso momento.
  • Testimonianze di età moderna: cataloghi e materiale divulgativo, fonti scritte pubbliche e private, orali, registrazioni audio/video, documentazione etnoarcheologica edita. Per il XIX e XX secolo in particolare è auspicabile il recupero dei cataloghi dei fonditori e la raccolta delle testimonianze orali e scritte legate alla loro produzione e commercio. Si tratta di un lavoro “di emergenza” in quanto gli impianti produttivi ed i mastri campanari sono pressoché estinti. E’ tra gli obbiettivi della ricerca creare un catalogo diacronico e sincronico dei produttori di campane puntando al recupero della loro memoria storica in tutte le sue forme.

 

Un primo spoglio del materiale descritto brevemente sopra ed il confronto con studi recenti di impianti scavati archeologicamente ha permesso di stabilire come la produzione delle campane sia riferibile già a partire dall’epoca Carolingia al procedimento descritto da Teofilo alcuni secoli più tardi [13]. Lo stesso dicasi per il modo di fare le campane codificato da Biringuccio alla metà del 1500 che risulta messo in opera secoli prima e quindi già ampiamente sperimentato all’epoca dello scrivente[14]. Risulta altresì documentato archeologicamente il sistema registrato dall’Encyclopedie con un anticipo di un secolo e mezzo[15].

Questo dimostra come i trattati si siano limitati, in effetti, a codificare pratiche produttive già note da secoli ed induce a pensare all’esistenza di testi altomedievali poi scomparsi[16]. Non mancano, tuttavia, casi emblematici di conservazione o recupero di tradizioni produttive più antiche[17] che vanno esaminati in stretta relazione al contesto in cui sono inseriti.

 

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3. Archeologia

 

 Un’attenta fase di analisi del fenomeno deve essere svolta con gli strumenti propri dell’archeologia e finalizzata a restituire le evidenze materiali ad un contesto storico specifico. Si dovrà tentare di definire le peculiarità della produzione in relazione ai fattori contingenti di ogni singolo caso di studio prima di pervenire alla fase di sintesi dei risultati.

La strategia della ricerca si dovrà basare sui seguenti punti:

  • Archeologia dell’archeologia: i modi del ricorso alle fonti scritte,  rilettura critica delle fonti in relazione ad alcune recenti acquisizioni di scavo
  • Riesame del materiale archeologico edito: situazione italiana e confronti con i casi europei. Sfruttare al meglio le evidenze archeologiche per giungere ad una caratterizzazione degli indicatori sicuri riferibili alla fusione delle campane: scorie e colaticci di diverso tipo, canali di colata, frammenti si stampo, rubefazioni caratteristiche degli spazi di lavoro, tracce in negativa delle attrezzature di sagomatura, anelli di argilla o “noccioli” di  stacco della forma, combustibili, ecc.
  • Censimento e analisi delle campane fra medioevo ed età moderna: elementi distintivi e tipologia. Creazione di un catalogo diacronico che tenga conto di forme, decori e scritte. Analisi stilistica e confronto con altre testimonianze coeve di diversa natura

L’approccio archeologico dovrà tenere presenti:

  • le peculiarità stratigrafiche connesse agli impianti: uso di siti coperti e di uso pubblico (in genere ecclesiastici), relazione con fasi di cantiere, riuso delle aree produttive per più getti, necessario rimescolamento degli strati, rapporti con le strutture vicine, potenzialità informative;
  • le caratteristiche della produzione che si connota come itinerante, saltuaria, specializzata e svolta da famiglie di fonditori che si muovono in spazi geografici da definire;
  • rapporti tra produzione itinerante ed eventuale produzione in bottega;
  • le relazioni tra la produzione delle campane ed altre produzioni metallurgiche;
  • i motivi della possibile rifusione di campane: motivi tecnologici (usure), economici, cultuali e di stile.

La ricerca va affrontata tenendo conto delle caratteristiche e degli strumenti legati allo studio sia dei siti religiosi che a quello dei siti produttivi: le problematiche si compenetrano ed i risultati si integrano in maniera esemplare nello studio di questa particolare produzione metallurgica.

In quest’ottica deve essere presa in considerazione la diffusione delle campane quali manufatti, mettendole in relazione sia a fattori cultuali che a fattori produttivi.

Sembra opportuno, inoltre, far luce sull’intero quadro europeo nel tentativo di costituire un ampio quadro diacronico con la realizzazione di una carta di distribuzione relativa sia ad attestazioni impianti produttivi e loro scavo sia alla presenza di campane o notizie delle stesse.

 

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4. Il Contributo delle Scienze

 

 Il contributo delle scienze sarà fondamentale per dare significato alle scelte tecniche operate dai fonditori.

Ad una prima fase di studio macroscopico degli indicatori e dei manufatti, con considerazioni di tipo sia qualitativo che quantitativo,dovrà seguire una fase di analisi in laboratorio, laddove possibile, tenendo conto dell’invasività e distruttività di queste.

Si dovranno tenere presenti in particolare:

  • Analisi archeometriche: datazioni, studi sui concotti, terre, bronzi, analisi degli stampi (microscopiche, minero-petrografiche)
  • Analisi archeometallurgiche le scorie metalliche, i pezzi di reimpiego, quantità e qualità del bronzo impiegato, aggiunta di altri metalli, temperature di fusione, tracce di lavorazione e rifiniture
  • Analisi paleobotaniche: studio dei carboni, determinazione delle essenze usate come combustibile e delle quantità necessarie.

 

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Si prospetta l’intervento di studio etnoarcheologico in uno o più siti produttivi attivi[18] mirato a definire la complessità della stratificazione in impianti artigianali attuali per ottenere dati di confronto con i contesti archeologici documentati. Si tratta dunque di cogliere il nesso fra azione tecnica e conseguente evidenza materiale.

In particolare si cercheranno di definire:

  • la fabbrica delle campane: tipo di struttura, suddivisione degli spazi di lavoro, attrezzature, materie prime, stoccaggio del materiale, conoscenze necessarie (apprendimento, storia professionale, trasmissione del sapere), produttività, ecc.;
  • il ciclo di produzione delle campane: fasi, gesti tecnici, comportamenti, attrezzi, tempi, uso degli spazi, dispersione e deposizione degli indicatori;
  • analisi quantitativa e qualitativa sugli indicatori per produrre dati di confronto.

 

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 Lo studio della produzione delle campane, in quanto inserita nel più ampio sistema della metallurgia delle leghe di rame, dovrà affrontare i seguenti punti:

  • il rame, le sue leghe, i modi per lavorarlo, aspetti relativi alla produzione metallotecnica;
  • origine e diffusione delle campane;
  • la metallurgia del rame tra Alto e Basso Medioevo: differenze e similitudini nella produzione (e nell’archeologia) delle grandi fusioni: dalle opere d’arte ai cannoni;
  • Problema specifici connessi alla funzione delle campane: sonorità e concerti.

In particolare, oltre alla disamina della bibliografia specifica, si dovrà far riferimento ai risultati delle analisi archeometriche sui materiali.

 

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 Alla conclusione delle fasi di raccolta, catalogazione ed analisi delle fonti disponibili si dovrà pervenire ad una fase di sintesi dei risultati ottenuti. In particolare si mira ad ottenere:

  • ricostruzione storica del fenomeno produttivo con particolare attenzione per le tradizioni locali, le innovazioni, le persistenze. Ricostruzione dei processi tecnologici e loro evoluzione nel tempo e nello spazio;
  • ricostruzione dei contesti: fenomeni sociali ed economici legati alla produzione; sacralità e ritualità del luogo e della produzione; significati, simbologia e stili;
  • elaborazione di un database e di una carta della distribuzione a livello italiano ed europeo che tenga conto di tutti i dati utili alla ricostruzione storica del fenomeno: prodotti, produttori, luoghi di produzione;
  • soluzione dei principali problemi aperti relativi alla produzione delle campane, in particolare per il Medioevo.

Segue un elenco di domande su cui la ricerca si propone di fornire risposte.

  • Il sistema di produzione delle campane, nell’Altomedioevo, è mutuato da altri tipi produzioni metallurgiche? Quali?
  • Come si rapportano tra loro, nello spazio e nel tempo, i sistemi descritti da Teofilo e da Biringiccio?
  • La scelta del sistema di produzione è determinato dalle conoscenze tecniche specifiche delle famiglie di fonditori itineranti o si adatta ai fattori contestuali ad ogni singola fusione?
  • Qual è il nesso tra produzione itinerante e officine di fonditori stabili?
  • C’è relazione tra produzione di campane e produzione di altri manufatti in leghe di rame?
  • Quali fattori determinano l’evoluzione delle forme e delle caratteristiche sonore delle campane?

 

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[1] GIANNICHEDDA E., FERRARI L., Le fosse da campane nella pieve di Santo Stefano a Filattiera, “Scavi Medievali in Italia 1996-1999” a cura di S. Patitucci Uggeri, Roma, 2001, pp. 401-410.

[2] Ibidem. In particolare la presenza di una fossa per campane datata al radiocarbonio tra il IX e la prima metà del X secolo nella pieve di Santo Stefano di Filattiera costituisce la prova indiretta della presenza di una chiesa altomedievale e di un campanile di  cui restano esigue tracce stratigrafiche.

[3] Ibidem. Ci si riferisce, ad esempio, al riutilizzo di oggetti bronzei, come una campanella,  o di metalli preziosi portati in dono dalla popolazione locale e all’inevitabile partecipazione di famiglie abbienti nel finanziamento dell’opera.

[4] Donati P.A., Il campanato, in “Quaderni di informazione “,8 (1981), Bellinzona.

[5] BLAGG T.F.C., Bell-founding in Italy: archeology and history, Paper in Italian Archeology, I part II, BAR Supplies Series, 41 (II), 1978, pp. 423-434.

[6]Ad esempio in Donati P.A., Il campanato…cit. viene fatto un censimento delle campane e dei fonditori del Canton Ticino facendo ampio riferimento ai dati rilevati alla fine del XIX secolo da Nuescheler-Usteri sulle iscrizioni delle campane dell’area.

[7]Cfr. Donati P.A., Il campanato…cit.

[8] Cfr. capp. 3 e 4.

[9] TEOFILO MONACO, Diversarum artium schedula (ed. di C.R. Dodwell, The various arts / De diversis artibus, Oxford, 1961)

[10] BIRINGUCCIO V., De la pirotechnia (ed. di A. Cargo, Milano, 1977)

[11] DIDEROT D., Enciclopedie. Recuil de planche sur le sciences, les arts libéraux et les arts mécaniques, avec leurs explication. Cinquième volume, troisième édition, a Livourne. MDCCLXXIV

[12]Donati P.A., Il campanato…cit.

[13] Cfr. GIANNICHEDDA E., FERRARI L., Le fosse da campane… cit., la fossa per campane A datata al tra il IX e la prima metà del X secolo (cfr. nota 2) indica come il sistema descritto da Teofilo, a cui essa corrisponde, faccia riferimento a modalità produttive già attive almeno dal IX secolo.

[14] Ibidem.Le fosse C (datata al primo quarto dell’XI secolo) e D (successiva) della pieve sono risultate essere state utilizzate per la produzione di campane utilizzando il sistema descritto da Biringuccio ben cinque secoli dopo. Si veda anche Donati P.A., Il campanato…cit., il caso della prima fossa di Quinto (SS. Pietro e Paolo) datata al XIV secolo.

[15]Si ricorda a proposito la fornace rinvenuta nella Chiesa di San Rocco a Lugano (cfr.Donati P.A., Il campanato…cit.)

[16]Ibidem. Si veda anche Donati P.A., Il campanato…cit., il caso della prima fossa di Quinto (SS. Pietro e Paolo)

[17] Cfr. Donati P.A., Il campanato…cit., il caso della fornace di XIV-XX secolo di Stabio (San Pietro) realizzata secondo il sistema di Teofilo.

[18] E’ stata individuata, per esempio l’officina di un fonditore da campane ad Avegno, nel genovesato.

 

 

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Bibliografia

Bib-ST-000 - Testo di Ing. Arch. Michele Cuzzoni

Bib-ST-067 - Monografia di Lucia Ferrari

Bib-ST-080 - Biringuccio V., 1559, Pirotechnia, Venezia.

Bib-ST-069 - Blagg T.F.C., Bell-founding in Italy: archeology and history, Paper in Italian Archeology, I part II, BAR Supplies Series, 41 (II), 1978, pp. 423-434.

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Bib-ST-110 -  Cuscito G., Alle origini del campanile nell’architettura cristiana, in Campane e campanili, 1998, pp. 15-34

Bib-ST-111 -  Didérot D., Enciclopedie. Recuil de planche sur le sciences, les arts libéraux et les arts mécaniques, avec leurs explication. Cinquième volume, troisième édition, a Livourne. MDCCLXXIV

Bib-ST-112 -  Donati P.A., Il campanato, in “Quaderni di informazione “,8 (1981), Bellinzona.

Bib-ST-113 -  L. Franzoni (a cura di) Fonditori di campane a Verona dall’XI al XX secolo  Verona, 1979, Museo di Castelvecchio.

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Bib-ST-116 - Giannichedda E., La lavorazione delle campane: una fabbrica itinerante, in Antichi mestieri, a cura di E.GIANNICEHDDA, Genova, 1996, pp. 83-85.

Bib-ST-117 - Giannichedda E., Ferrari L.,  Le fosse da campane nella pieve di Santo Stefano a Filattiera, “Scavi Medievali in Italia 1996-1999” a cura di S. Patitucci Uggeri, Roma, 2001, pp. 401-410.

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Bib-ST-125 - Profumo M.C., Archeologia nelle Marche: ambito medievale (1996-1999), , “Scavi Medievali in Italia 1996-1999” a cura di S. Patitucci Uggeri, Roma, 2001, pp. 83-101.

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Bib-ST-127 - Quiros Castillo J.A. 1998, La fabbricazione di campane a Lucca nel Medioevo e nel post Medioevo, in Sulle vie del primo Giubileo. Campane e campanili nel territorio delle diocesi di  Luni, Lucca, Pisa,  a cura di G. Lera, M.  Lera, Lucca, pp. 44-55.

Bib-ST-128 - Shepherd E. J. 1985, Le fornaci da campane, in Architettura in terra d’Arezzo, Firenze, pp. 208-210.

Bib-ST-129 - Spatola E. 1993, La torre  Civica di Pavia, in Milano e la Lombardia in età comunale, secoli  XI-XIII, Milano, pp. 243-248.

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