Privacy Policy Cookie Policy


Portale "Ingegneria e Campanologia" - Autore - Sommario - Mappa del Sito - Home


 Archeologia fusoria

AREA II - ARCHIVIO STORICO (ARS)

Cap. ARS-C01 - Archeometallurgia - Pag. ARS-C01.02

Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2012 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina


 

Giacimenti Metalliferi nel Mediterraneo e in Europa

 

INDICE:

  

 

L’area dei paesi prospicienti il Mediterraneo, è stata sin dall’antichità estremamente importante, non solo come culla della civiltà occidentale come si intende ancora oggi, ma anche come sorgente di tutta una serie di materie prime oggetto di coltivazione mineraria, che sono state una delle basi di tale civiltà. La storia delle miniere e delle risorse minerarie coincide con la storia delle civiltà umane, non solo nell’area dei paesi che si affacciano direttamente sul Mediterraneo, ma anche di quelli che con questi commerciavano, consentendone lo sviluppo sia economico che politico e culturale.

La disponibilità delle risorse minerarie è stata una delle prime motivazioni dei commerci e delle migrazioni dei popoli, in particolare da quando, intorno a 70.000 anni fa, iniziò l’età dei metalli, la cui utilizzazione è stata il motore dell’incremento delle tecnologie e delle conoscenze sui materiali ed, in ultima analisi, sulla geologia della terra.

È per questa ragione che i cosiddetti studi sulle “provenienze” rappresentano una delle più diffuse applicazioni delle scienze all’archeologia. Per quello che riguarda i metalli, tali studi non sono di estrema semplicità, dal momento che mineralizzazioni fonti di materie prime, anche geograficamente lontane tra di loro, possono presentarsi non solo di aspetto simile, ma esserlo anche dal punto di vista mineralogico e geochimico.

Inoltre, al fatto che alcune delle loro caratteristiche possono cambiare durante il processo di fabbricazione, cioè nel passaggio da materie prime a manufatti, si deve aggiungere anche la propensione (ed in molti casi la necessità) che avevano molti popoli alla miscelazione di metalli non solo di diversa natura per la composizione delle leghe (come rame e stagno per produrre il bronzo), ma anche dello stesso tipo per riciclare ad altro uso degli oggetti non più utilizzabili.

Esempi abbastanza frequenti sono stati osservati non solo nella fabbricazione di gioielli da metalli nobili ma anche per oggetti di uso comune, come nel caso delle tubature dell’acquedotto di Pompei, in cui è stato rinvenuto piombo dalle provenienze più disparate, probabilmente rifuso da altri oggetti reperiti in loco).

Nell’intraprendere la descrizione delle risorse minerarie del bacino del Mediterraneo, è importante comunque effettuare una prima distinzione, e cioè tra risorse minerarie come vengono considerate oggi, e risorse minerarie che potevano essere considerate e sfruttate dagli antichi.

Questa distinzione è assolutamente cruciale per qualsiasi si studio sulle provenienze, dal momento che non deve essere considerato solo il metallo in sé stesso, ma il suo modo di presentarsi, la sua reperibilità e la facilità di coltivazione ed estrazione. Un esempio banale della differenza tra le risorse minerarie dell’antichità e quelle della civiltà moderna, è dato dai depositi a bauxite, che venivano coltivati nei calcari Cretacici in Italia e Francia fino agli anni ’60, e sono ancora coltivati in Grecia, Ungheria e ex-Jugoslavia. Tali depositi sono costituiti da concentrazioni ad idrossidi di alluminio, associati ad ossidi e idrossidi di ferro, di origine lateritica ma deposti in cavità carsiche.

Tali mineralizzazioni, essendo basate su di un metallo, quale l’alluminio, che era sconosciuto agli antichi, fino agli inizi del ‘900 non avevano alcun valore, se non dove la loro percentuale in ferro era estremamente alta. In tal caso venivano coltivati per quest’ultimo metallo.

INDICE

 

 

Fig. 1 - Zone antiche di produzione di oro

Un altro esempio, ma che richiede una discussione ben più articolata, è quello dell’oro (Fig. 1 a sinistra).

I paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo non sono stati mai considerati grandi produttori di oro, tranne l’Egitto, la Spagna e limitate aree dei Balcani.

In effetti, con rare eccezioni dovute alla localizzazione di vene aurifere a bassa profondità, l’oro coltivato dagli antichi era costituito soprattutto da arricchimenti nei gossan delle mineralizzazioni a solfuri (vedi Rio Tinto in Spagna) o consisteva in concentrazioni in placers eluviali o alluvionali recenti (fiumi a valle delle mineralizzazioni filoniane Alpine) o fossili (Asturie). Negli ultimi venti anni, invece, sono state rinvenute in varie zone dell’Europa meridionale, quali la Romania o la Sardegna, una serie di nuove mineralizzazioni aurifere di genesi epitermale e valore economico, nella maggior parte delle quali il metallo si presenta in forma disseminata nella roccia incassante, e quindi di difficile reperibilità, sfruttamento e lavorazione da parte degli antichi prospettori e metallurgisti.

 

INDICE

 

 

Fig. 2 - Zone antiche di produzione del rame

Per quello che riguarda il rame (Fig. 2 a sinistra), uno dei metalli di maggiore utilizzazione nell’antichità, una parte dei problemi di reperimento, coltivazione ed estrazione del metallo, sono simili a quelli dell’oro, dal momento che debbono venire esclusi dall’insieme delle mineralizzazioni del bacino del Mediterraneo i Porphyry Copper a basso tenore e non arricchiti da processi supergenici, quali alcune occorrenze della ex-Jugoslavia e della Turchia.

Come è noto, le maggiori concentrazioni economiche di rame nell’antichità erano presenti soprattutto nelle zone di alterazione dei solfuri massici vulcanogenici di Cipro, ma anche associate a mineralizzazioni idrotermali filoniane e skarnoidi dell’Italia peninsulare e della Sardegna.

 

Un problema a parte, ancora oggi estremamente dibattuto (e comunque non completamente risolto) da parte sia degli archeologi che dei giacimentologi, è l’eventuale presenza di quantità economiche, nelle aree prospicienti il Mediterraneo, di minerali di stagno, che rappresenta l’altra componente necessaria alla fabbricazione del bronzo. Stagno è comunque presente nell’intorno delle intrusioni Erciniche di Spagna e Portogallo, oltre che nei già ben noti distretti della Bretagna e della Cornovaglia. La presenza di stagno in Toscana (mineralizzazioni di Monte Valerio) ed in Sardegna è comunque estremamente limitata per consentire estrazioni continuate nel tempo e finalizzate alla produzione di grandi quantità di bronzo.

INDICE

 

 

Fig. 3 - Zone antiche di produzione dell'argento

Per quello che riguarda l’argento (Fig. 3 a sinistra), ed il suo sottoprodotto il piombo, non ci sono particolari differenze, se non nelle quantità e nei tenori, tra le mineralizzazioni di entrambi i metalli sfruttate nell’antichità ed in tempi recenti. I tipi più noti di mineralizzazioni sono sia i giacimenti filoniani a bassa termalità rinvenuti in Sardegna, Toscana, Alpi orientali, Penisola Iberica, Francia ed Anatolia, che alcune mineralizzazioni del tipo Mississippi Valley arricchite in zona supergenica.

Una gran parte delle risorse in detti metalli, comunque, sfruttate sin dal 1000 a.C., si rinveniva in diverse aree della Grecia: sia nell’arcipelago Egeo che nelle miniere del Laurium, in prossimità della città di Atene.

Nella maggior parte dei casi si tratta di concentrazioni di galena argentifera a basso tenore in rocce carbonatiche Mesozoiche interessate da fenomeni di metamorfismo di contatto causati da intrusioni magmatiche Alpine.

 

 

INDICE

 

 



Portale "Ingegneria e Campanologia" - Autore - Sommario - Mappa del Sito - Home

Bibliografia

Bib-ST-000 - Testo di Ing. Arch. Michele Cuzzoni

Bib-ST-019 - Tratto da una monografia di M. Composta.

Bib-ST-020 - B. Rothenberg, The Ancient Metallurgy of Copper, Institute for Archaeo-Metallurgical Studies, Institute of Archaeology, University College London, London, Vol. 2, 1990.

Bib-ST-021 - D. A. Scott, Metallography and Microstructure of Ancient and Historic Metals, Getty Conservation Institute, The J. Paul Getty Museum, 2002 ISBN 0-89236-638-9.

Bib-ST-022 - W.H. Dennis, Metallurgy of the Non-Ferrous Metals, Sir Isaac Pitman & Sons Ltd,London1961.

Bib-ST-023 - S.U. Wisseman and W.S. WILLIMAS, Ancient Technologies and Archaeological Materials, Gordon and Breach Publishers, ISBN 2-88124-631-1.

Bib-ST-024 - L. Addicks, Silver in Industry, einhold Publishing Co. 1940.

Bib-ST-025 - C.L. Mantell, Tin its mining, production, Technology and applications, American Chemical Society, Monograph Series, New York 1949.

Bib-ST-026 - G.M. Ingo, S. Mazzoni, G. Bultrini, S. Fontana, G. Padeletti, G. Chiozzini, L. Scoppio “Small-area XPS and XAES study of the iron ore smelting process”, Surface and InterfaceAnalysis, 22 (1994) 614.

Bib-ST-027 - G.M. Ingo et al.”La pirometallurgia”, "Progetto Tharros", Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma 1997, 29.

Bib-ST-028 - Giumlia-Mair A., 2000, Argento e leghe “argentee” nell’antichità, 7° Convegno “Le Scienze della Terra e l’Archeometria”, Boll.Accademia Gioenia di Scienze Naturali 33, 357, 295-314.

Bib-ST-029 - R. F .Tylecote., 1976, A History of Metallurgy, London.

TOP