Arte di suono
AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)
Cap. ATS-R01 - Arte suono - Pag. ATS-R01.08
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La Campana - di Cristina Campo
La campana – il cui nome ha origine in quello di Campania felix – nacque, si pensa, per ispirazione di san Paolino, vescovo di Nola, che per primo avrebbe pensato di convocare i fedeli ai templi cristiani con uno strumento di solido bronzo anziché con le antiche raganelle.
Voce del tempio – per il popolo voce di Dio – la campana divenne mediatrice tra il cielo e la terra: strumento di lode e sollecitazione delle forze celesti e insieme oggetto esoreistico per eccellenza, le cui onde sonore creano e dilatano uno spazio privilegiato, spezzando le energie negative e i “tempestosi spiriti” che insidiano l’area del tempio e l’animo dei fedeli. È quindi naturale che la Chiesa cattolica abbia per secoli dedicato, battezzato, consacrato la campana con cura minuziosa e solenne, come una creatura vivente.
È noto che ad ogni campana è legata una nota musicale: un gruppo di campane forma quindi un armonioso concerto, che varia di chiesa in chiesa e si presta a illimitate varietà di combinazioni. È forse meno noto che ogni campana è dedicata al Redentore, alla Vergine o a un santo, e ne assume il nome: la Redenta, la Gloriosa, la Giovanna. Su ogni campana è un’iscrizione latina in onore di colui o colei al quale è votata, insieme con una formula di intercessione. Nelle comunità monastiche la grande campana chiama alla messa, la seconda ai Vespri, le minori alle diverse ore canoniche. Per le campane nuove è usato quasi sempre anche il bronzo delle antiche, cosicché si può dire che ogni campana sopravviva nell’altra, di generazione in generazione.
Sin dalla sua nascita nella fonderia, la campana è circondata di cerimonie. La stessa arte di fonditore di campane è tramandata per secoli nelle famiglie come una vocazione religiosa. “Mentre nell’immane calore del forno di fusione il bronzo si liquefa, formando un lago d’oro, viene offerto nella fonderia il Divino Sacrificio. Poi sulla massa incandescente discende la benedizione sacerdotale e infine, dopo le invocazioni litaniche alle tre Divine Persone, nel momento in cui viene invocata la Madre di Dio – Sancta Maria – il torrente di fuoco comincia a scorrere ed a riempire la grande forma sepolta nel terreno, accompagnato dal mormorio delle preghiere, recitate da tutti i fonditori” (da un’Omelia per la consacrazione di una campana).
Formata, liberata dalla sua cappa esterna e accuratamente rifinita, la campana è trasportata alla chiesa. Avanti che sia issata sul campanile viene sospesa in chiesa o all’aperto per esservi battezzata e consacrata dal vescovo con solenni orazioni ed esorcismi, le cui formule sono raccolte nel Pontificale romano.
Si recitano cinque salmi penitenziali; il pontefice, a capo scoperto, esorcizza l’acqua e il sale, mischiandoli in modum crucis con lunga orazione: per la loro virtù purificatrice, alla voce della campana che ne sarà aspersa, “recedano le forze insidiose, l’ombra degli spettri, l’incursione dei turbini, la percossa delle folgori, la ferita del tuono, la calamità delle tempeste, l’infestazione dei rettili e ogni tempestoso spirito”; alla sua dolce voce si levino nella Chiesa dei santi “il cantico nuovo, le modulazioni del salterio, la soavità dell’organo, la giocondità dei cembali”, e ne siano invitate “moltitudini d’Angeli”. La campana viene poi interamente lavata all’interno e all’esterno: inizia la lustrazione il vescovo con l’olivo o l’issopo, la proseguono i ministri; dopo, con un lino mondo, la si asterge.
Ora, al canto di tre salmi di lode, il pontefice, mitrato, segna la campana di una croce con l’Olio degli Infermi, ricordando, con altra solenne preghiera, le argentee trombe che Mosè prescrisse nel tempo della immolazione sacerdotale; così durante il Divino Sacrificio, alla voce della campana, segnata dal vessillo della croce, pieghino il ginocchio il cielo, la terra e gli inferni. Altre sette croci vengono poi tracciate con lo stesso Olio all’esterno della campana, quattro all’interno col Sacro Crisma. È questa la vera e propria consacrazione della campana, la cui formula è la seguente:
“Sia santificata e consacrata, Signore, questa campana. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In onore di san… Pace a te”. La segue una breve preghiera nella quale si impetra che essa spezzi le frecce dei nemici e l’impeto delle pietre, che il mare possa risponderle, come il Mar Rosso nell’interrogazione profetica, volgendo indietro le sue onde e che, per il Sacro Crisma e l’Olio Santo su di essa effusi, chiunque oda il suono della campana sia liberato da ogni tentazione e resti fermo nella fede cattolica.
Nel turibolo vengono poi messi l’incenso, il rimiamo e la mirra: lo si pone sotto la campana, che ne riceva interamente il profumato vapore, e si invoca che, a somiglianza del Cristo addormentato nella barca, lo Spirito Santo, ridestato dalla melodia soave come dalla cetra di Davide, discenda sul popolo in celeste rugiada.
Ora il diacono, parato di dalmatica bianca, legge il Vangelo di Marta e Maria – il Vangelo della preghiera contemplativa – che chiude la cerimonia della consacrazione della campana.
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Bib-TS-487 - Cristina Campo, Sotto falso nome, a cura di Monica Farnetti, Adelphi, II ed., Milano, 1998, pp.205-208