Metodologie di restauro: le saldature
AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)
Cap. ATS-P02 - Saldature - Pag. ATS-P02.04
Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2008 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina
Tipi di Saldature
La SALDATURA è una tecnica di giunzione che realizza l’unione permanente di due pezzi metallici con o senza apporto di materiale (METALLO D’APPORTO) e sotto l’azione del calore.
Il METALLO D’APPORTO viene distribuito allo stato fuso tra i lembi opportunamente preparati (cianfrinatura) dei pezzi da collegare.
I LEMBI, o bordi, sono le superfici che in tutta la loro lunghezza sono interessate nella saldatura dei pezzi; la loro preparazione è eseguita dando la forma geometrica più opportuna, in funzione soprattutto dello spessore da saldare, per facilitare l’esecuzione della saldatura.
Il materiale dei pezzi da collegare si chiama MATERIALE BASE.
Il BAGNO DI FUSIONE è la parte di metallo che durante la fusione si trova allo stato liquido.
Il CORDONE DI SALDATURA è costituito da tutto il metallo, sia di base sia d’apporto, solidificati per raffreddamento dopo essere stati fusi nella saldatura.
Il cordone di saldatura è l’elemento essenziale del giunto saldato e la sua deposizione determina la tecnica di saldatura vera e propria. In base alla posizione del cordone di saldatura si distinguono le seguenti POSIZIONI DI SALDATURA:
Il risultato dell’operazione di saldatura si chiama GIUNTO SALDATO. In base alla posizione relativa dei pezzi da saldare si distinguono i seguenti TIPI DI GIUNTO:
L’attitudine dei metalli a saldarsi si chiama SALDABILITÀ: un materiale ha buone proprietà di saldabilità quando un suo pezzo, prima rotto e successivamente saldato, conserva lungo il giunto saldato CARATTERISTICHE MECCANICHE non inferiori a quelle precedenti la rottura.
La saldabilità è condizionata dai seguenti elementi:
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TEMPERATURA DI FUSIONE del metallo base;- TEMPERATURA DI FUSIONE e MASSA VOLUMICA degli ossidi del metallo base e del metallo d’apporto;
- CONDUCIBILITÀ TERMICA del metallo base;
- CONDUCIBILITÀ ELETTRICA (nel caso di saldatura elettrica);
- TRASFORMAZIONI STRUTTURALI.
Un materiale metallico (METALLO BASE) è saldabile se:
- la temperatura di fusione del suo ossido è minore di quella del metallo base;
- la massa volumica dell’ossido è minore di quella del metallo fuso in modo che galleggi.
Se non sussistono queste condizioni bisogna ricorrere a polveri disossidanti con le seguenti proprietà:
- massa volumica minore di quella del metallo fuso; - temperatura di fusione minore di circa 100 °C di quella del metallo base; - capacità di sciogliere l’ossido del bagno.
La classificazione dei processi di saldatura può essere fatta nel modo seguente:
A seconda che il metallo base partecipa o no alla formazione del giunto si hanno:
- SALDATURE AUTOGENE quando il metallo base prende parte, fondendo, alla formazione del giunto; il metallo d’apporto può non esserci a secondo del procedimento e dello spessore.
Quando è presente è metallurgicamente simile al metallo base, poiché si tende ad ottenere nella giunzione una continuità strutturale e una resistenza meccanica pari a quella dei pezzi da saldare.
A seconda dello stato fisico in cui si trovano i pezzi al momento della loro unione si hanno:
SALDATURE PER FUSIONE quando i pezzi vengono uniti allo stato liquido. In base a come viene prodotto il calore necessario per portare a fusione il metallo si distinguono saldature a gas o ad arco.
SALDATURE A PRESSIONE quando i pezzi vengono collegati non allo stato fuso, ma quando si trovano in uno stato pastoso. Tale stato viene raggiunto, generalmente, per effetto Joule, dal passaggio di una corrente elettrica.
- SALDATURE ETEROGENE quando il metallo base non prende parte alla formazione del giunto. Il cordone di saldatura è formato dal solo metallo d’apporto, sempre presente, diverso dal metallo base e con temperatura di fusione inferiore.
A seconda di come avviene la formazione del cordone di saldatura si hanno:
SALDOBRASATURE quando i lembi dei pezzi vengono preparati con cianfrinature. Il metallo d’apporto fondendo riempie il cianfrino costituendo il cordone di saldatura.
BRASATURE quando i pezzi da saldare sono semplicemente appoggiati l’uno sull’altro: lo spazio capillare che rimane tra i due viene riempito dal metallo d’apporto fuso. In questo caso il giunto è costituito da uno strato sottilissimo di metallo d’apporto che ha formato una lega col metallo base.
La scelta di un procedimento di saldatura rispetto ad un altro dipende da molti fattori e deve effettuarsi tenendo conto del tipo di lega da saldare, dello spessore delle parti, della posizione di saldatura, dal tipo di produzione (in serie o no), delle attrezzature disponibili in officina.
Di seguito vengono descritti i più importanti processi di saldatura.
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Questo tipo di saldatura utilizza come sorgente di calore la fiamma ottenuta dalla combustione dell’acetilene (C2H2) con l’ossigeno. La fiamma viene prodotta all’estremità di un cannello nel quale i due gas si combinano in opportuni rapporti ottimali, tali da produrre la cosiddetta FIAMMA NEUTRA. Il cannello deve essere dimensionato in modo che la velocità della miscela dei due gas sia superiore alla velocità di propagazione della fiamma, così da evitare accensioni nella parte interna del cannello. |
L’acetilene è il più utilizzato fra i gas possibili in quanto possiede le seguenti caratteristiche: alta temperatura di fiamma, elevato contenuto termico, bassa reattività della fiamma con il metallo base e d’apporto, facilità di regolazione della fiamma. La fiamma che si produce all’estremità del cannello ossiacetilenico ha l’aspetto indicato in figura: nella zona detta DARDO, di colore bianco abbagliante, avviene la reazione esotermica principale
nella ZONA DI SALDATURA si combinano i prodotti della combustione: ossido di carbonio (CO) e idrogeno (H) con l’ossigeno dell’aria, secondo le seguenti reazioni esotermiche secondarie:
il FIOCCO è costituito dai prodotti finali della combustione che si trovano a temperatura più bassa.
Per eseguire una buona saldatura occorre che i lembi dei pezzi da saldare si trovino nella zona della fiamma detta di saldatura o RIDUCENTE, non tanto per motivi di alta temperatura (3120 °C) quanto per motivi di reattività chimica. Inoltre il saldatore deve regolare la composizione della miscela (52% acetilene, 48% ossigeno) in modo da avere la fiamma neutra. Ciò viene fatto manualmente dal cannello.
- Un eccesso di acetilene nella miscela provoca una FIAMMA CARBURANTE che presenta un dardo più lungo (frastagliato all’estremità) e un fiocco color giallo; tali condizioni possono provocare formazione di carburi (composti di carbonio + metallo) nel giunto saldato. I carburi metallici sono sempre molto duri e quindi fragili, pertanto sono indesiderati. Questo tipo di fiamma si può usare per la saldatura di ghisa o di acciaio al alto tenore di carbonio.
- Un eccesso di ossigeno nella miscela provoca una FIAMMA OSSIDANTE che presenta un dardo molto piccolo e un fiocco color azzurro, con temperature di fiamma maggiori; tali condizioni possono bruciare il metallo, cioè possono portare alla formazione di ossidi diffusi anche all’interno del metallo.
Questo tipo di fiamma si usa per la saldatura di ottoni e bronzi.
La saldatura autogena con cannello ossiacetilenico può essere fatta:
senza metallo d’apporto nel caso di spessori molto sottili;
con metallo d’apporto negli altri casi, utilizzando bacchette o fili di composizione simile al metallo base che viene fuso, nella zona di azione della fiamma, per costituire il cordone di saldatura.
Data la scarsa penetrazione di questa procedimento, i lembi del metallo base vengono preparati con cianfrinature appena lo spessore dei pezzi da saldare supera i 3 – 4 mm. È buona norma
pulire le superfici dei lembi per eliminare tracce di ossido, olio o grasso. È opportuno usare paste o polveri disossidanti che reagendo con l’ossido del metallo base, lo trasformano in prodotto fusibile alla temperatura di saldatura, facendolo galleggiare sul bagno di metallo fuso.
Questo procedimento può essere utilizzato per molti materiali metallici con esclusione di leghe refrattarie (ad alta temperatura di fusione) e leghe reattive (che formano facilmente ossidi e altri composti). Solitamente il procedimento viene usato per gli acciai dolci (a basso tenore di carbonio).
Il saldatore ha il controllo della temperatura della zona da saldare e la pressione della fiamma aiuta a dare forma al cordone di saldatura; inoltre può facilmente controllare la quantità di metallo depositato, in quanto metallo d’apporto e sorgente di calore sono separati.
Queste caratteristiche di controllabilità lo rendono particolarmente adatto alla saldatura di spessori sottili, come nel caso di tubi o lamiere. Grossi spessori possono essere saldati, ma con costi e tempi maggiori rispetto ad altri sistemi di saldatura.
L’equipaggiamento utilizzato (bombole contenenti ossigeno e acetilene, tubi flessibili e cannello) è facilmente trasportabile, autonomo e di basso costo; esso è molto usato, oltre che per la saldatura autogena, anche per riscaldamento di superfici, per il taglio dei metalli, per la saldatura eterogenea.
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È il procedimento di saldatura manuale più diffuso. Il calore necessario alla fusione del materiale base è prodotto da un arco elettrico che scocca tra un elettrodo metallico e il metallo base. L’elettrodo fusibile ha un’anima di materiale metallurgicamente simile al metallo base ed è ricoperto da un opportuno rivestimento che sviluppando gas (idrogeno, anidride carbonica) protegge l’arco e il cratere di fusione. Il saldatore tenendo in mano la pinza porta elettrodo, dirige e guida l’arco, che viene innescato toccando il metallo base con la punta dell’elettrodo e subito ritirandolo ad una distanza di qualche millimetro. Al momento del contatto scorre nel circuito elettrico una corrente di elevata intensità (di CORTO CIRCUITO) che surriscalda notevolmente elettrodo e metallo base; inoltre provoca una ionizzazione dell’aria circostante con innesco dell’arco elettrico. |
Il trasferimento del metallo d’apporto avviene sotto forma di gocce che passano attraverso l’arco. Le forze che provocano questo passaggio sono: peso proprio, forze elettromagnetiche, azione dei gas che si sviluppano dal rivestimento.
I lembi dei pezzi da saldare devono essere opportunamente preparati per assicurare la giusta penetrazione e la facilità di saldatura.
Questo metodo di saldatura è adatto per acciai non legati o basso legati, acciai inossidabili, leghe leggere, ghisa, rame, nichel e sue leghe.
Non viene usato per leghe basso fondenti, dato l’intenso calore generato dall’arco, e nel caso di metalli reattivi (titanio, zirconio), in quanto troppo sensibili alla contaminazione da parte dell’ossigeno. Inoltre il metodo non si presta per spessori molto sottili (minori di 2 ¸ 3 mm), in quanto è difficile saldare senza provocare fori nello spessore.
La saldatura ad arco con elettrodo rivestito è particolarmente usata per effettuare cordoni di limitata lunghezza, nelle operazioni di manutenzione e riparazione, e per costruzioni in cantiere. L’attrezzatura è relativamente semplice, economica e portatile.
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Il nome deriva dall’acronimo “Tungsten Inert Gas”. È un metodo di saldatura ad arco elettrico in atmosfera inerte. L’arco, che scocca tra l’elettrodo e il metallo base, è protetto dal gas (ARGON, O ELIO, o una miscela dei due gas) che fuoriesce dalla pistola, dalla cui estremità sporge l’elettrodo.
L’ARCO viene acceso da una scintilla pilota che provocando la ionizzazione del gas protettivo, lo rende conduttore. Per l’alta temperatura di fusione del tungsteno, l’elettrodo non fonde (SALDATURA CON ELETTRODO INFUSIBILE) per cui non prende parte al processo di fusione.
Il METALLO D’APPORTO, presente se lo spessore dei pezzi è maggiore di circa 1 mm, viene immesso nella zona dell’arco elettrico e fondendo andrà a costituire il cordone di saldatura. |
Il metallo d’apporto ha la forma di bacchette quando si salda manualmente, mentre ha la forma di filo quando si salda con sistemi automatici.
Tutta la zona di saldatura: arco, elettrodo, metallo base fuso, metallo d’apporto, si trova immersa in un ambiente inerte costituito dal gas protettivo; questo fatto impedisce l’ossidazione del giunto saldato da parte dell’atmosfera e permette così anche la saldatura di materiali reattivi.
L’ELETTRODO può essere costituito:
- da tungsteno puro, usato nelle saldature meno critiche, dove è sopportabile il rischio di contaminazione del cordone di saldatura; sono tra gli elettrodi utilizzati quelli più economici;
- da una lega di tungsteno con 0,15 ¸ 0,4 % di zirconio, usato quando è necessario saldare con correnti più basse e con un arco più stabile (saldatura di spessori sottili);
- da una lega di tungsteno con 1 ¸ 2 % di torio, usato quando si salda in corrente alternata; questi elettrodi hanno caratteristiche intermedie fra i primi due citati.
La saldatura TIG permette di ottenere saldature di elevata qualità su quasi tutti i materiali, ad eccezione dei bassofondenti: stagno, piombo, zinco.
È particolarmente adatta per le leghe di alluminio, di magnesio e dei materiali reattivi come titanio e zirconio. È molto utilizzata per la saldatura di spessori sottili.
Nel campo di medi e grossi spessori è possibile il suo utilizzo, ma non è economicamente conveniente rispetto ad altri metodi (MIG e arco sommerso) caratterizzati da costi orari minori, grazie ai tempi minori per formazione del cordone di saldatura.
Il processo TIG è COSTOSO sia per le macchine e le attrezzature utilizzate, sia per l’elettrodo di tungsteno, ma soprattutto per il costo del gas protettivo utilizzato; pertanto questo metodo è riservato ai materiali più pregiati e agli spessori più sottili.
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I nomi derivano dagli acronimi “Metal Inert Gas” e “Metal Active Gas”. Il processo di saldatura MIG e MAG (o A FILO CONTINUO) è molto simile a quello TIG: da esso differisce soprattutto per il fatto di avere un elettrodo fusibile, sotto forma di filo, che costituisce così anche il metallo d’apporto.
La differenza tra MIG e MAG consiste essenzialmente per il tipo di gas impiegato ed ovviamente nel campo d’impiego: nella MIG si utilizza argon o elio che garantiscono una efficace protezione dell’arco e della zona di fusione dal contatto con l’atmosfera, ma sono costosi; nella MAG si utilizza l’anidride carbonica (CO2), molto economica, o la miscela Shutgas (80% argon, 15% CO2, 5% ossigeno), più costosa, ma che garantisce risultati migliori. |
Il saldatore impugna la pistola (raffreddata da un sistema di circolazione d’acqua) e indirizza la pistola sul metallo base: il metallo d’apporto, sotto forma di filo, è avvolto in una bobina. Il filo viene fatto scorrere, a velocità costante, tra due rulli di pressione comandati da un motorino elettrico. Un sistema di regolazione fa in modo che l’avanzamento del filo ne compensi la fusione.
Il filo esce dall’ugello della pistola completamente circondato dal gas protettivo; in tal modo l’arco elettrico e la zona dove avviene la fusione sono completamente isolati dall’atmosfera.
La saldatura può essere fatta manualmente: in questo caso il saldatore ha il controllo dell’inizio e della fine della saldatura tramite un pulsante sulla pistola.
Può anche essere completamente automatica: in questo caso la pistola è fissa su un supporto e con dispositivi automatici viene realizzato il movimento relativo tra pistola e pezzi da saldare.
Il trasferimento del metallo d’apporto al metallo base può avvenire in vari modi, in funzione della tensione dell’arco e della corrente che lo attraversa.
- Modalità “short arc”: si verifica con tensioni d’arco basse (< 20 volt) e basse correnti. Il trasferimento avviene con formazione di grosse gocce che si allungano verso il metallo base, creano un corto circuito e spengono momentaneamente l’arco; il fenomeno si ripete da 20 a 200 volte al secondo. La solidificazione del cordone di saldatura è rapida e quindi questa modalità è adatta per la saldatura in qualunque posizione e per gli spessori sottili. Ha come svantaggio la bassa deposizione oraria, quindi tempi più lunghi.
- Modalità “spray arc”: si verifica con tensioni d’arco superiori a 25 volt ed elevate correnti. Il trasferimento avviene sotto forma di un elevato numero di gocce di piccole dimensioni che attraversano l’arco senza spegnerlo. La fluidità del bagno di fusione è elevata, la solidificazione del cordone di saldatura lenta; per tali motivi è adatta solo per la saldatura in piano e per gli spessori grossi.
Ha come vantaggio la elevata deposizione oraria, quindi tempi di esecuzione bassi. La saldatura MIG permette di saldare in modo semiautomatico o automatico tutte le leghe d’importanza commerciale: acciai, acciai inossidabili, leghe leggere, leghe del rame.
La saldatura MAG si utilizza per la saldatura di acciai dolci (basso tenore di carbonio) per l’economicità del gas che utilizza.
Rispetto alla saldatura con elettrodo rivestito
· ha una maggiore penetrazione;
· una maggiore velocità d’esecuzione per la presenza di un elettrodo continuo e per l’assenza di scoria;
· richiede una minore professionalità dell’operatore, date le caratteristiche di controllo automatico dei parametri che regolano il processo.
Per contro le macchine sono costose, meno portatili e più complesse. Non è impiegabile nelle saldature in zone difficili da raggiungere. La rapidità di raffreddamento del cordone dovuto all’assenza di scorie e alla corrente del gas può creare problemi nella saldatura di acciai a medio tenore di carbonio.
MIG: argon, elio
MAG: CO2
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È un PROCEDIMENTO AUTOMATICO d’impiego molto diffuso nella esecuzione di SALDATURE IN SERIE, in quanto permette di ridurre notevolmente i tempi di saldatura, su una vasta gamma di spessori. La saldatura viene eseguita generando un moto relativo tra la testa di saldatura e i pezzi da saldare, che normalmente sono in posizione piana.
L’elettrodo è costituito da un filo metallurgicamente simile al metallo base; il suo diametro varia da 2 a 8 mm, in funzione dello spessore da saldare; inoltre è ramato per migliorare il passaggio di corrente.
Il filo costituisce il metallo d’apporto, è avvolto su un aspo e un gruppo motorizzato di rulli di trascinamento provvede al suo avanzamento a velocità controllata. |
L’arco, che scocca tra il filo e il metallo base, è ricoperto da una sostanza granulare chiamata FLUSSO; quest’ultimo viene distribuito da una tramoggia che fa parte della testa di saldatura. Durante la saldatura sia l’arco elettrico che il bagno di fusione sono continuamente ricoperti dal flusso, pertanto l’arco non è visibile dall’esterno (ARCO SOMMERSO). Il FLUSSO è composto da una miscela di ossidi, carbonato, silicati e ferroleghe; le sue funzioni sono:
· proteggere il metallo fuso dal contatto con l’atmosfera, così da limitare al minimo i fenomeni di ossidazione e di nitrurazione;
· limitare la velocità di raffreddamento del cordone con vantaggi metallurgici;
· può reagire chimicamente con le impurezze del metallo base (generalmente zolfo e fosforo) trasformandole in scoria.
Parte di questo flusso fonde e solidifica sopra il cordone: quella parte che rimane granulare viene recuperata tramite aspirazione e riutilizzata.
IL RISULTATO DI TUTTO CIÒ È UN CORDONE DI ELEVATA QUALITÀ E DI FORMA REGOLARE.
Le LEGHE SALDABILI con questo procedimento sono:
· gli acciai non legati, o debolmente legati, o mediamente legati;
· gli acciai inossidabili;
· il nichel e le sue leghe.
Non vengono solitamente saldate le leghe leggere, la ghisa e gli acciai fortemente legati.
Il procedimento di saldatura è caratterizzato da alta penetrazione ed elevata deposizione oraria, cosi da permettere anche la saldatura di grossi spessori in tempi modesti. La posizione di saldatura, causa la presenza del flusso, è limitata a quella in piano o d’angolo.
Il giunto che si ottiene è di elevata qualità; il cordone di saldatura è liscio, uniforme, grazie alla completa automazione del metodo. Le deformazioni dei pezzi sono ridotti al minimo per l’elevata velocità di saldatura e per l’elevata concentrazione del calore.
Le APPLICAZIONI TIPICHE per questo metodo sono:
· realizzazione di giunti longitudinali e circonferenziali in recipienti che devono sopportare elevate pressioni (caldaie, bombole);
· saldature di grossi elementi nel settore della carpenteria;
· saldatura di tubi sia del tipo elicoidale che longitudinale;
· saldature su grandi pannelli nel settore navale.
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Questi tipi di saldature utilizzano il CALORE PRODOTTO PER EFFETTO JOULE dal passaggio di una corrente elettrica. I due lembi del giunto vengono premuti l’uno contro l’altro e il passaggio di corrente fa elevare la temperatura, in una zona localizzata, fino a quella di fusione del metallo base.
La saldatura avviene per fusione localizzata del metallo base, senza metallo d’apporto.
Questa categoria di saldature è riservata alla produzione in serie per i brevi tempi richiesti per la lavorazione e per l’elevato costo delle macchine. Fra i vari tipi di saldature tratteremo solo la saldatura per punti. |
La SALDATURA PER PUNTI è molto diffusa nel campo delle lamiere sottili (carrozzerie, involucri di elettrodomestici, mobili metallici) e si presta bene alla completa automazione del processo.
Le lamiere vengono accostate l’una sull’altra nella posizione in cui si vogliono saldare; due elettrodi in rame (o lega di rame) vengono premuti da una pinza contro le lamiere. Il serraggio della pinza avviene con un dispositivo pneumatico o idraulico.
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La macchina elettrica fa passare una corrente di elevata intensità (1000 ¸ 100000 A) per un tempo breve (frazioni di secondo), che sviluppa nella zona di contatto delle lamiere, una quantità di calore (il calore prodotto dipende dalla resistenza elettrica del metallo base e dal quadrato della intensità di corrente) tale da portare a fusione localizzata il metallo base.
La solidificazione, che avviene mentre gli elettrodi sono ancora premuti, porta alla formazione del punto di saldatura. La fusione del metallo base avviene solo all’interno, nella zona di contatto delle lamiere per i seguenti motivi: · la resistenza nella zona di contatto delle lamiere è maggiore e quindi per effetto Joule si sviluppa una maggiore quantità di calore; · gli elettrodi di rame sono raffreddati e l’asportazione di calore limita l’innalzamento della temperatura. L’andamento qualitativo della temperatura nel giunto è riportato in figura qui a sinistra. |
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Pertanto solo nella zona centrale (NOCCIOLO) si supera la temperatura di fusione del metallo base. Conformando opportunamente gli elettrodi, è possibile eseguire punti di saldatura anche in zone apparentemente difficili da raggiungere. In figura sono riportati alcuni esempi.
Il metodo è usato per la saldatura di acciai anche inossidabili, leghe leggere e leghe del rame; è possibile saldare anche lamiere di diverso spessore.Gli svantaggi della saldatura per punti sono: l’alto costo delle macchine, la scarsa resistenza a trazione e a fatica del giunto, discontinuità della saldatura che non garantisce la tenuta ai fluidi. |
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È una saldatura ETEROGENEA, pertanto il metallo base non prende parte alla formazione del giunto e quindi la temperatura dei lembi dei pezzi da saldare deve essere sempre inferiore al suo punto di fusione. Il metallo d’apporto, sempre presente, ha una temperatura di fusione minore di quella del metallo base. I lembi dei pezzi vengono opportunamente cianfrinati, come per le saldature autogene, e puliti. Quindi si riscaldano con fiamma ossiacetilenica o in forno a induzione, fino alla temperatura di fusione del metallo d’apporto, che immesso in questa zona (generalmente sotto forma di filo o di barrette) fonde e solidificando riempie il cianfrino. |
Il giunto saldato è formato dal metallo d’apporto e da una zona di interfaccia con il metallo base composta da una lega o da un composto intermetallico formato tra il metallo base e quello d’apporto (LEGA DI TRANSIZIONE).
Il metallo d’apporto solitamente utilizzato è una lega di ottone (60% Cu, 40% Zn) con tracce di silicio (meno utilizzati sono il rame e l’argento), che fonde ad una temperatura di circa 800 °C.
Le caratteristiche principali del metallo d’apporto sono: basso punto di fusione (ma sempre maggiore di 450 °C), buona scorrevolezza, buona resistenza meccanica ed elasticità, capacità di bagnare il metallo base, cioè di distendersi sulle superfici dei giunti, senza raccogliersi su se stesso sotto forma di gocce (questa capacità è migliorata dall’elevata temperatura dei lembi, dal fatto che sono stati puliti prima dell’operazione e dall’uso di disossidanti).
IL GIUNTO COSÌ OTTENUTO È RESISTENTE ED ELASTICO COME IL METALLO D’APPORTO: per questo motivo è anche possibile saldare leghe diverse tra loro e specialmente leghe poco elastiche che possono rompersi durante il raffreddamento (per esempio riparazione di getti di ghisa).
I materiali normalmente saldabili con questo metodo sono gli acciai a basso tenore di carbonio e il bronzo.
Non viene utilizzata per leghe leggere e ottoni.
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È simile alla saldobrasatura con l’eccezione della cianfrinatura dei lembi dei pezzi da saldare. Infatti in questo caso i pezzi sono semplicemente appoggiati l’uno sull’altro: lo spazio capillare che rimane tra i due viene riempito dal metallo d’apporto fuso, che ha una grande scorrevolezza e capacità di bagnare il metallo base.
Il giunto è costituito quindi da uno strato sottilissimo di metallo d’apporto che ha formato una lega di superficie col metallo base. Per tale motivo il giunto ha scarsa elasticità e resistenza meccanica. |
In funzione della temperatura di fusione del metallo d’apporto le brasature possono essere:
· DOLCI, nel caso di uso di leghe con TFUSIONE < 400 °C. Si usano leghe di stagno e piombo con piccole percentuali di antimonio (la presenza di stagno aumenta andando dai lavori grossolani a quelli meglio finiti)
· FORTI, nel caso di uso di leghe con TFUSIONE = 600 ¸ 700 °C. Si usano leghe di rame e argento per brasature su acciai e leghe del rame, o anche rame puro nel caso di acciai.
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Rinaldi, Saldatura e taglio dei metalli - Hoepli 2006 - XIII ed.