Princìpi di restauro
AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)
Cap. ATS-P01 - Restauro - Pag. ATS-P01.05
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Esempio di Studio del Restauro di un Campanile
FASE 01: Il rilievo | |
Elemento verticale dominante la scena urbana, il Torrazzo costituisce il simbolo di maggior rilevanza della città di Cremona; collocato nella piazza del Comune a fianco della Cattedrale e di fronte al palazzo del Comune, ricoprì, nel corso della storia, la doppia funzione di torre civica e di campanile. E’ costituito da una torre prismatica in muratura, eretta a partire dalla fine del secolo XIII, che si eleva da terra per un’altezza di 70 metri circa; la sezione quadrata di 12 m di lato per uno spessore murario di 3 ad esclusione delle porzioni sezionate dalla scala, che attraversa il perimetro murario fino al coronamento merlato, è formata da due paramenti murari posti alle estremità della sezione muraria collegati ad essa tramite elementi laterizi posti di testa. Nella canna centrale della torre è ricavata una serie di ambienti sovrapposti attraverso l’inserimento di solai piani o voltati. Sulla sommità della torre merlata si imposta la Ghirlanda, risalente al secolo XV, coronamento a base ottagonale in pietra e muratura caratterizzato dalla sovrapposizione di un doppio ordine di chiostre su due livelli su cui si imposta il cono cestile sormontato da una sfera dorata conclusa con la croce, che raggiunge la quota di 111 metri. Nel settembre del 1997, in seguito agli avvenuti distacchi con conseguenti cadute di parti lapidee che mettevano in serio pericolo l’incolumità dei passanti, la Curia Vescovile di Cremona stipulò un contratto con il Politecnico di Milano per eseguire una serie di studi preliminari con la principale finalità di stabilire le condizioni statiche ed il comportamento meccanico della struttura 1. Il complesso degli studi riguardò il reperimento di notizie storiche dedotte dalla consultazione di fonti bibliografiche, fotografiche, iconografiche e archivistiche 2 al fine di conoscere le fasi costruttive del monumento da cui ricavare informazioni sulle trasformazioni della fabbrica, sulle tecniche costruttive e sui materiali utilizzati 3, e contemporaneamente si procedette con la fase di rilievo 4. Si eseguì un rilievo topografico, longimetrico, fotogrammetrico 5 della parte prismatica, che ha completato la campagna di conoscenza con un rilievo dei materiali, dello stato di conservazione e del quadro fessurativo eseguiti con l’ausilio di indagini non distruttive tese ad indagare le caratteristiche dello spessore murario, come l’applicazione del georadar e delle indagini soniche ed endoscopiche, e a misurare lo sforzo di compressione e il comportamento tenso deformativo del materiale sotto sforzo con l’indagine distruttiva, seppur in modo minimale, come i flat jack test; sono quindi state eseguite prove di laboratorio su campioni finalizzate alla caratterizzazione dei materiali in opera. |
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Queste indagini sono state condotte fino ad un’altezza di 20 metri da terra per i quattro prospetti, in corrispondenza delle porzioni di struttura maggiormente sollecitate; le parti rimanenti sono state oggetto di ispezioni visive, con ausilio di cannocchiale, della torre, mentre per la Ghirlanda si verificò e si trasferì in formato digitale il rilievo eseguito nel corso degli anni 70 del Novecento da Vincenzo Ferraroni 6, rilievo accurato per quanto non supportato dalle strumentazioni di precisione di cui oggi noi disponiamo. Si è così ottenuto un materiale omogeneo informatizzato che ha costituito la base per le successive fasi di analisi e di approfondimento affidate al Dipartimento di ingegneria strutturale 7 che ha completato la campagna di conoscenza con un rilievo dei materiali, dello stato di conservazione e del quadro fessurativo 8 eseguiti con l’ausilio di indagini non distruttive tese ad indagare le caratteristiche dello spessore murario, come l’applicazione del georadar e delle indagini soniche ed endoscopiche, e a misurare lo sforzo di compressione e il comportamento tenso deformativo del materiale sotto sforzo con l’indagine distruttiva, seppur in modo minimale, come i flat jack test; sono quindi state eseguite prove di laboratorio su campioni finalizzate alla caratterizzazione dei materiali in opera. Queste indagini sono state condotte fino ad un’altezza di 20 metri da terra per i quattro prospetti, in corrispondenza delle porzioni di struttura maggiormente sollecitate; le parti rimanenti sono state oggetto di ispezioni visive con ausilio di cannocchiale. Il complesso sistema di studi e ricerche che infine ha originato un modello ad elementi finiti, ha prodotto le seguenti prime conclusioni: la torre è stata costruita con materiale buono; la struttura della torre prismatica appare costituita da una sezione portante dello spessore di circa tre metri, percorsa all’interno dalla scala che conduce fino al piano della cella campanaria, rivestita sulle facce interna ed esterna da un paramento murario collegato puntualmente alla sezione resistente mediante mattoni posti di testa; il paramento murario si presenta ben ancorato alla sezione muraria, con esclusione di pochi punti in cui è stato rilevato un distacco .[9] il prospetto occidentale è quello con il quadro fessurativo più rilevante perché più sollecitato dal vento, la cui direzione prevalen te è est-ovest, mentre il peso proprio sollecita maggiormente i lati nord ed est; il quadro strutturale emerso non sembra preoccupante a breve scadenza, tuttavia la presenza di un quadro fessurativo significativo e di fessure passanti ha suggerito di sottoporre la struttura ad un controllo costante e per un tempo sufficientemente lungo allo scopo di studiare eventuali evoluzioni e provvedere alla misurazione di direzione e velocità del vento e degli effetti di accelerazione e di variazione di apertura delle fessurazioni, nonché delle dilatazioni delle fessure in correlazione con i regimi termici ed il carico eolico. |
Il monitoraggio dei suddetti fenomeni, eseguito a cura del dipartimento di meccanica del Politecnico di Milano 10, ha preso il via a partire dall’ottobre 1999 ed ha prodotto una serie di prime osservazioni sul comportamento dinamico della struttura del Torrazzo che dovranno essere approfondite e perfezionate con la prosecuzione dell’acquisizione dei dati sperimentali. A questa prima fase di conoscenza della fabbrica ha fatto seguito la fase di progettazione dell’intervento di conservazione e messa a norma, con l’intento di tendere alla conservazione di quanto giunto fino a noi e di preservarlo il più a lungo possibile eliminando le cause di degrado delle superfici e dei micro dissesti, oltre che consolidare le porzioni che potevano costituire fonti future di degrado; di procedere alla messa in sicurezza del monumento per rimuovere ogni possibilità di rischio per l’acceso al pubblico; di provvedere alla messa a norma degli impianti e alla messa a punto di un programma di manutenzione per il futuro per limitare al minimo gli interventi straordinari e urgenti che risultano onerosi e con alti margini di rischio. |
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Fase 02: Il progetto come data-base aperto | |
La consapevolezza di avere a disposizione una massa di informazioni ingente ma tuttavia insufficiente a documentare, sia dal punto di vista storico sia sotto gli aspetti strutturali, l’intera complessità del manufatto su cui ci si accingeva ad intervenire, unita a quella della estrema delicatezza ed imprevedibilità legata agli interventi sull’esistente, la cui conoscenza si perfeziona, seppure senza mai completarsi, nel momento del cantiere, ha spinto ad impostare il progetto come uno strumento aperto, che possa essere implementato nelle informazioni man mano che queste vengono acquisite ed approfondite nel corso dell’intervento. Per realizzare tale obbiettivo, fatti salvi i contenuti che sono i medesimi di un progetto cartaceo, si è ricorsi a tecniche informatiche che consentono l’aggiornamento in tempo reale dei dati di partenza, quelli progettuali, che si pongono così come data base che può essere ampliato a discrezione dell’utilizzatore dello stesso: progettista, direttore dei lavori, impresario, restauratore, committente. |
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Lo strumento così predisposto, potendo essere aggiornato quotidianamente e a livello di cantiere operativo in occasione di ogni fase di intervento (facciata per facciata, vano per vano, chiostra per chiostra della ghirlanda ecc.), consentirà la formalizzazione del documento finale fondamentale per il libro di manutenzione che potrà accedere ad un archivio di descrizioni scritte, rilievi parziali grafici e immagini prima, durante e dopo l’intervento. Uno strumento aperto, quindi, da implementare nel corso dell’intervento, che si conforma duttilmente alle scelte che nel corso dell’opera la contingenza talvolta impone, che si costruisce in progress arricchendosi delle informazioni (ancora dati, quantità, immagini, considerazioni) che maturano e si scoprono in itinere, che alla fine dell’opera costituisce quindi la raccolta completa di dati relativi all’oggetto e all’intervento, a disposizione dei futuri fruitori e gestori del monumento, in cui si propongono, sulla base di quanto eseguito e di quanto compreso del Torrazzo, tempi e tipologie, se non modalità, di intervento da effettuare una volta conclusa la fase di opere straordinarie per manutenere il monumento 11. |
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Per questo motivo parte integrante del progetto così impostato è stata la predisposizione di un rilievo di dettaglio a scala maggiore di quella fino a quel momento utilizzata e con un’ispezione puntuale dei materiali e dei fenomeni di degrado attraverso un rilievo strumentale e fotografico esteso a tutte le superfici esterne e interne comprese le stanze ricavate nella canna centrale della torre, interessate nella precedente fase di indagine, dal solo rilievo metrico. Fondamentale per questa fase è stato l’utilizzo per i quattro prospetti, in luogo dei tradizionali ponteggi, di piattaforme elettriche per il trasporto in quota installate su due colonne quadrate in acciaio ancorate tramite tasselli alla struttura muraria ogni 9/12 metri 12, che hanno permesso l’ispezione delle superfici senza soluzioni di continuità completando il rilievo materico e dello stato di conservazione e documentando attraverso ortofotografie digitali ad alta risoluzione 13 l’intera superficie dei quattro prospetti della torre. |
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Tale base conoscitiva si presta a molteplici funzioni, a partire dalla lettura, anche differita, dell’apparato murario che può essere visionato fino alla scala 1:1, e se necessario, seppure a leggero scapito della definizione, anche più approfondita, con conseguente studio comparativo delle tessiture murarie, delle dimensioni dei mattoni e dei giunti di malta, delle finiture superficiali dei laterizi, del loro stato di conservazione; fino al rilievo dettagliato delle lesioni e delle microfessurazioni presenti sulle superfici e alla mappatura dettagliata dei laterizi costituenti gli agganci del paramento murario alla sezione portante, nonché degli interventi puntuali eseguiti in corso di intervento – come si dirà – sui singoli laterizi. |
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Quello che è emerso da questa accurata osservazione, sfociata tra l’altro nella redazione di un rilievo stratigrafico ad integrazione delle frammentarie e sporadiche notizie storiche disponibili sulle fasi costruttive del monumento, rilievo che è stato il prodotto di diverse tesi di Diploma in edilizia presso la facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, sede di Mantova 14, è che le superfici murarie nei quattro fronti presentano mattoni, malte, tessiture e finiture non omogenee sia all’interno di ogni singolo prospetto che tra i diversi prospetti e che i differenti comportamenti avuti nel corso del tempo e i vari interventi pregressi (scuci cuci, risarcimenti, intonacature) hanno prodotto patologie differenti nelle quattro facciate. Un omogeneo programma decorativo e cromatico è invece riconoscibile nelle cornici ad archetti pensili e nei cordoli verticali che scandiscono orizzontalmente e verticalmente e si ripetono invariabilmente sui quattro prospetti, nella sagomatura del paramento murario, nella stilatura dei giunti di malta, nelle decorazioni in carminio delle ghiere delle bifore e delle quadrifore e nella straordinaria policromia rinvenuta sulla cornice posta sotto la merlatura della torre, sulle cui fasce si sono trovati lacerti di scialbi di colore rosso, azzurro, verde, giallo. |
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Fase 04: L'intervento di restauro - 1° Lotto | |
L’intervento 15, avendo beneficiato di differenti finanziamenti erogati in tempi diversi, si è articolato in due stralci. Il primo stralcio, il cui appalto è stato vinto dalla ditta Studio Restauri Formica s.r.l. di Milano, ha interessato le operazioni di conservazione del prospetto settentrionale e della Ghirlanda, ha preso il via nel mese di settembre 2001 e si è concluso nel giugno dell’anno successivo. L’intervento di conservazione del paramento murario e delle cornici in cotto decorativo è consistito nella pulitura meccanica leggera della superficie muraria tramite spazzolatura previa applicazione del biocida in seguito alla eliminazione della vegetazione infestante con metodi meccanici. Alla fase di pulitura, che è stata eseguita avendo cura di conservare i trattamenti e le tracce cromatiche delle superfici, ha fatto seguito quella di stuccatura dei giunti di malta e delle fessurazioni con malta di calce, sabbia e polvere di mattone, al fine di occludere tutte le fessure ed i vuoti che sono potenziali veicoli per l’acqua verso l’interno della muratura. |
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In caso di presenza di intonaco, dopo la fase di pulitura, è seguito il consolidamento attraverso la vaporizzazione di estere di silicio e, per i distacchi più consistenti, si è proceduto con iniezioni di malta costituita da acqua, grassello di calce, resina acrilica e per aggregato polvere di marmo; l’intervento è stato completato quindi con la sigillatura dei bordi dei lacerti con malta di calce. Altra operazione con finalità di allontanamento dell’acqua è stata l’esecuzione di scivoli protettivi con malta di coccio pesto per le cornici mentre si sono posati piani di piombo a protezione delle banchine delle aperture costituite da lastre lapidee orizzontali fortemente erose e in posizione disagevole per una futura manutenzione ordinaria. La chiusura delle buche pontaie con laterizi posti inclinati di quarantacinque gradi e la posa in opera di reti a protezione delle aperture è stata invece dettata dalla necessità di impedire l’accesso e la nidificazione ai volatili. |
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L’intervento sulla Ghirlanda ha preso il via dall’osservazione della buona tenuta delle operazione effettuate durante il restauro compiuto nel 1977 a cura della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici delle province di Brescia, Cremona, Mantova, diretto dall’arch. Maria Teresa Saracino 16, che si caratterizzò per la scelta dell’adozione in maniera estensiva, per le operazioni di consolidamento, incollaggio e stuccatura, di resine epossidiche. La ragione di questo uso è da ricercare nella scelta di operare per la massima conservazione delle superfici in opera e la minima sostituzione, e il sistema delle resine epossidiche era l’unico a disposizione in quegli anni per perseguire tali finalità 17. |
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L’accurata campagna d’indagine dello stato delle superfici eseguita in occasione dell’attuale intervento di conservazione 18, corredata da rilievo ortofotografico, ha portato alla verifica della buona tenuta e dell’efficacia dell’intervento di restauro del 1977: sulle superfici lapidee trattate con resine epossidiche era in corso un processo di degrado rallentato rispetto a quelle che non avevano subito il trattamento; l’intervento strutturale si era dimostrato valido; si sono trovati ancora in opera e in buono stato di conservazione i lacerti di intonaco e di tinte che erano state oggetto di intervento di conservazione nel corso del restauro operato dall’arch. Saracino. Si è riscontrato, al contrario, un fenomeno di alterazione cromatica delle superfici trattate con le resine indotta dalla presenza di pigmenti che nel tempo, con l’esposizione alla luce, si sono modificati virando, e un processo di esfoliazione del laterizio in cui la caduta di scaglie provocata dalla tensione di vapore ha reso la superficie vistosamente alveolata. |
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L’analisi delle caratteristiche fisiche e
chimiche dei materiali trattati ed in particolare delle mescole di resine è
stata condotta in laboratorio sulla base di una campagna di prelievi
eseguita in situ i cui
risultati sono in via di pubblicazione.
L’intervento, non essendo necessarie altre operazioni, è consistito nella sola pulitura meccanica con spazzole preceduta da trattamento biocida e asportazione di muschi e vegetazioni che si erano formati sulla superficie interessando anche le stuccature con resine epossidiche; l’unico intervento modificativo è stata l’operazione di correzione delle alterazioni cromatiche con acquarelli. Sulle murature si è deciso, dopo una fase di controllo del fenomeno di esfoliazione da cui è emerso che il comportamento risulta ridotto ma ancora in atto, di lasciare esaurire il processo di degrado anche perché non costituisce pericolo, e di intervenire con una pulitura meccanica leggera con spazzole previa azione biocida. Nel corso del primo lotto ha inoltre trovato realizzazione il reinserimento di due solai all’interno dell’ambiente posto al di sotto della cella campanaria, che costituiva una grande canna libera in altezza, senza elementi controventanti, dato che i solai preesistenti erano andati quasi del tutto perduti in epoca passata, fatta eccezione per alcune travi portanti fortemente degradate ancora in opera. |
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Mentre le travi preesistenti sono state mantenute e sottoposte a pulitura e trattamento antiparassitario, i solai inseriti sono stati realizzati mediante la collocazione in opera di un’orditura portante incrociata di putrelle in ferro tassellate al corpo murario portante mediante connettori filettati infissi per resinatura, a costituire una sorta di cerchiatura; a tale struttura è stato sovrapposto un assito maschiato inchiodato, ed un analogo assito è stato fissato all’intradosso delle travi in ferro. Sia i piani lignei sia la struttura portante sono stati predisposti per consentire, mediante l’apertura di botole appositamente predisposte, il passaggio delle campane per la eventuale loro discesa a terra per futuri interventi manutentivi. |
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L’inserimento di questi solai non ha funzione prettamente strutturale, anche se assolve un minimo contributo controventante della struttura; l’operazione, oltre che moltiplicare comunque gli spazi agibili all’interno della torre, trova il proprio senso essenzialmente nell’ambito di un programma di approfondimento della conoscenza dell’edificio in cui diventano piani per il monitoraggio e a servizio del rilievo di dettaglio. In concomitanza con l’avvio del primo stralcio di lavori si sono iniziate le operazioni di sostituzione dell’impianto di protezione dalle scariche atmosferiche, essendo quello in opera del tutto vetusto ed inadeguato; il lavoro è stato assegnato alla ditta S.I.E.B. di Bozzolo (MN). I lavori sono consistiti nella posa in opera di un nuovo captatore posto sulla sommità della croce all’apice del cono cestile, nella sostituzione delle due calate lungo la Ghirlanda ed i prospetti orientale e meridionale della torre prismatica, nella realizzazione di sei cerchiature di cui due posizionate sulla Ghirlanda e quattro sulla torre, collocate a diversi livelli in corrispondenza delle cornici per limitare l’impatto visivo sul monumento, che è comunque molto contenuto dato che i nuovi elementi sono in rame, del diametro di 8 millimetri.
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Fase 05: L'intervento di restauro - 2° Lotto | |
Il secondo lotto di lavori, affidato all’impresa Foglia & C. s.r.l. di Parma ed avviato nel mese di marzo 2002, ha interessato le operazioni di conservazione dei prospetti occidentale, meridionale e orientale della torre prismatica, la messa a norma dell’impianto elettrico e l’intervento finalizzato a limitare le sollecitazioni indotte sulla struttura muraria dalla presenza del castello delle campane. La metodologia d’intervento conservativo e di messa in sicurezza dei prospetti della torre prismatica è stata di massima la medesima adottata per la facciata settentrionale, anche se la visione ravvicinata del monumento consentita dal cantiere ha fatto emergere problemi particolari che hanno caratterizzato in modo specifico i fronti occidentale ed orientale. Per quanto riguarda il lato ovest l’ispezione dettagliata ha rivelato la presenza, in corrispondenza di lesioni già individuate in sede di studi preliminari, di punti di allontanamento del paramento murario dalla struttura portante della torre. |
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La possibilità di indagare la superficie senza soluzione di continuità, fornita dall’uso delle piattaforme elettriche, ha permesso la verifica puntuale del paramento murario attraverso la sollecitazione a percussione dei laterizi avendo cura soprattutto di rilevare gli elementi posti di testa che collegano il paramento in laterizio alla sezione muraria portante. Il punto che destava maggiore preoccupazione era la porzione posta tra le due bifore e la quadrifora nel prospetto occidentale il cui quadro fessurativo richiedeva un esame approfondito per comprendere la profondità e l’inclinazione della fessura passante riscontrata e lo stato di connessione tra la sezione muraria ed il paramento esterno ad essa legato. L’insorgere di problemi di natura strutturale che non erano emersi nelle fasi di studio precedenti, ha reso necessario il coinvolgimento – oltre che della Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio di Brescia, Cremona, e Mantova – di consulenti 19 che hanno contribuito ad indirizzare la fase di studio e di comprensione del fenomeno a supporto alla fase decisionale di intervento. |
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Si è proceduto con l’esecuzione di scuci – cuci di una porzione di muratura limitata, interessata dal quadro fessurativo in oggetto, e con l’esecuzione di un carotaggio con prelievo di materiale dall’interno verso l’esterno che è stato sottoposto in laboratorio ad analisi chimiche e fisiche 20. Da tali indagini è emerso che al di sotto del paramento murario esterno, i cui elementi posti di testa risultano ampiamente fessurati compromettendo la funzione di connessione con la sezione muraria, esiste un riempimento retrostante 21. La fessurazione è risultata avere un andamento diagonale dall’interno verso l’esterno da nord-ovest verso sud-est, e la distanza tra la fessura sul paramento esterno e quella sulla parete interna è di 50 cm circa. L’indagine è stata completata da una campagna di indagini non distruttive con tecnica georadar 22. |
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Si è così rilevato che il fenomeno di distacco della zona presa in esame è di tipo segmentato, cioè caratterizzato dall’alternanza di zone in cui il paramento esterno presenta connessione con la massa muraria e altre in cui tale collegamento non si verifica; l’area in cui si è riscontrata una più alta percentuale di distacco, pari al 30-40%, è quella posta tra le due bifore e la quadrifora soprastante; si sono evidenziati invece pochi punti di distacco nella zona posta sopra la quadrifora dove è stata individuata una seconda fessura passante. Alla luce di queste iniziali e parziali informazioni, supportate dai consulenti, si è avanzata l’ipotesi che si potesse limitare l’intervento, operando dall’esterno verso l’interno, con l’inserimento nei laterizi non più legati alla muratura portante di perni filettati in acciaio inox di ridotta sezione, che garantissero il collegamento del paramento esterno con la sezione muraria; per quanto riguarda la fessura passante che interessa la zona in esame si è invece deciso di procedere con una stuccatura eseguita con una malta elastica. |
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Le chiodature sono state realizzate eseguendo fori con diametro di 8 mm nei laterizi posti di testa che sono risultati non essere più collegati alla sezione muraria portante. In tali fori, della lunghezza di circa 33 cm, sono stati infilati perni in acciaio inox del diametro di 6 mm, fissati con resina epossidica bicomponente per garantire l’adesione alla porzione portante della struttura; le teste delle barre, rientranti di pochi millimetri rispetto al filo esterno del paramento murario, sono state stuccate con malta di calce addittivata con cocciopesto. L’esecuzione del rilievo di dettaglio del paramento murario, a cui si è in più occasioni fatto cenno, ha consentito la esatta individuazione e mappatura dei laterizi che sono stati interessati da questo tipo di intervento. |
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Sui prospetti meridionale ed orientale si è esteso il metodo testato sul fonte occidentale della percussione puntuale dei laterizi per rilevare soluzioni di continuità e procedere, in questi casi, alla chiodatura dell’elemento stesso per ripristinare il collegamento con la sezione muraria sottostante. Tuttavia il problema più rilevante riscontrato sul prospetto orientale è stato il fenomeno di esfoliazione e scagliatura per gelività dei mattoni collocati in particolare nelle ultime tre fasce sommitali della torre. Anche in questo caso si è proceduto con l’identificazione della natura e della consistenza del fenomeno, e con la successiva mappatura per identificare e quantificare l’entità del degrado, che per estensione rilevanza non ha trovato riscontro negli altri tre prospetti. |
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Una causa certa non è stata a tutt’oggi identificata, ma ciò che si può mettere in evidenza è che il prospetto orientale è quello maggiormente sollecitato dai venti e dagli agenti atmosferici in genere, e con molta probabilità ha sofferto essendosi riscontrata la pressoché totale inefficienza dei doccioni per smaltire le acque meteoriche accumulatesi nel piano di calpestio del piano dei merli, nella cella campanaria come pure delle gallerie sottostanti in cui la muratura è apparsa particolarmente umida non solo alla verifiche fisiche ma anche dalla constatazione della cospicua presenza di vegetazione, superiore a quella presente sugli altri lati: l’esfoliazione per gelività potrebbe essere interpretata come la peculiarità di questo lato sia come conferma dell’intensa umidità sia della difficoltà del suo allontanamento. Sembra di poter annotare come il fenomeno non sia recente ma risalga al passato in quanto sono state ben identificate e rilevate ampie superfici, in particolare al di sotto del piano di spiccato della loggia, in cui il paramento è stato risarcito con laterizi di qualità e dimensioni differenti ed in alcune zone ricoperto con uno strato di intonaco, ora quasi completamente perduto, con funzione protettiva; sembra avvalorare tale ipotesi anche il riscontro dato dalla carenza del corpo dei mattoni, tipica di caduta per esfoliazione, nei laterizi della merlatura visibili in corrispondenza delle cadute dello strato di intonaco che li ricopriva. |
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Tale processo, oltre a preoccupare per il degrado intrinseco del manufatto, implica problemi di sicurezza per il rischio di caduta di frammenti sui passanti; si è deciso di procedere, dopo aver vagliato varie possibilità e sentito il parere della Soprintendenza e dei consulenti, operando puntualmente per aggiunte piuttosto che per sostituzioni scegliendo questa linea nella prassi letta sulla stratigrafia della fabbrica, con l’asportazione degli elementi incoerenti e che non garantivano l’aderenza al substrato, la parziale ricostruzione con malta e cocciopesto della continuità superficiale dei laterizi per contrastare le infiltrazioni d’acqua e l’applicazione di un velo di malta di calce, sabbia fine e polvere di mattone che costituisse una pellicola di protezione per il laterizio particolarmente poroso; per i frammenti con trattamenti di finitura superficiale o di dimensioni che lo consentissero si è operato un consolidamento tramite l’inserimento di perni in acciaio inox. Tra le cause di questo fenomeno di degrado si è riconosciuta l’infiltrazione di acqua piovana proveniente soprattutto dal piano della cella campanaria ed è risultato pertanto assolutamente urgente procedere con un intervento di smaltimento dell’acqua attraverso il ripristino della funzionalità dei doccioni esistenti e la realizzazione di una pendenza del piano della cella campanaria che convogliasse l’acqua verso gli stessi. |
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L'intervento alla cella campanaria | |
A livello della cella campanaria si è inoltre eseguito l’intervento di manutenzione e riparazione del castello delle campane in calcestruzzo, e l’inserimento di sistemi antivibranti in corrispondenza dei supporti delle campane e tra percussori e muri perimetrali della cella campanaria: gli strutturisti del Politecnico sono infatti stati unanimi nel ritenere ininfluente sugli equilibri della torre l’elemento rigido costituito dal castello delle campane in calcestruzzo e dalla piastra dello stesso materiale su cui tale struttura poggia, inseriti negli anni trenta del Novecento, considerati come carichi che non si ripercuotono sulla stabilità della struttura generale. Non si è pertanto ritenuto opportuno rimuovere tali elementi ma è apparso meno invasivo e impattante sugli equilibri ormai consolidati del Torrazzo proporre la soluzione del problema maggiore indotto dalla presenza della struttura rigida in calcestruzzo, quello delle vibrazioni trasmesse alla struttura più antica in muratura 23
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INDICE | |
La Meridiana | |
Se il prospetto meridionale non ha manifestato peculiari problemi di degrado, è stato invece oggetto di un particolare intervento, costituito dalla riproposizione in opera, sulla lesena occidentale, della meridiana progettata e realizzata nel 1911 dal generale Pistoia e parzialmente crollata – e quindi completamente rimossa per motivi di sicurezza - nel 1995. Le lastre in marmo di Carrara, di cui quella caduta, che non è stato possibile recuperare neppure come frammento, è stata sostituita un elemento litico di medesimo materiale (proveniente dalla stessa cava) e dimensioni, sono state nuovamente fissate al paramento murario mediante inserimento di un telaio in acciaio inox fissato alla struttura del Torrazzo con tasselli chimici; la scelta di ricorrere alla soluzione del telaio è stata come sempre concordata con la Soprintendenza ed il consulente prof. Bellini, ed ha trovato giustificazione nel suo consentire le naturali dilatazioni del materiale lapideo che le zanche, che originariamente costituivano i puntuali agganci delle lastre di pietra alla struttura della torre, non rendevano possibili ed anzi contrastavano, favorendo l’insorgere di lesioni nel materiale che di fatto hanno portato alla rottura e al crollo di una lastra novecentesca. |
Le linee della meridiana, incise nella pietra, sono state ripassate con colori a tempera per facilitarne la lettura dal basso; lo gnomone in rame, temporaneamente rimosso al momento dell’installazione del cantiere per consentire il passaggio della piattaforma elettrica, una volta smontato il ponteggio è stato ricollocato in opera dopo che è stato sottoposto ad una serie di operazioni di pulitura e consolidamento delle patine 24.
La messa a norma dell’impianto elettrico è consistita nella predisposizione di nuovi quadri elettrici per la gestione dell’illuminazione interna del Torrazzo nonché dell’impianto citofonico e di telecamere a circuito chiuso inseriti per consentire un adeguato controllo a maggior sicurezza del pubblico che alla conclusione dei lavori tornerà ad accedere al monumento: l’illuminazione lungo la scala, sia ordinaria sia di sicurezza, è stata alimentata da cavi in pirotene che corrono esternamente alla muratura, mentre nei vani centrali è stata predisposta una canalina suddivisa verticalmente in tre scomparti in cui trovano spazio i cavi per l’alimentazione del quadro delle campane posto nella cella campanaria, i fili di alimentazione dell’impianto di illuminazione e forza motrice dei vani interni e della Ghirlanda, l’alloggiamento dei cavi del sistema di monitoraggio della torre che si prevede saranno nuovamente posti in opera alla conclusione dei lavori 25.
Una serie di opere complementari, finalizzate a rendere maggiormente sicura ed agevole la salita da parte del pubblico sulla torre, completerà questo intervento di messa a norma e conservazione del Torrazzo: l’adattamento della biglietteria e delle prime rampe della scala d’accesso, l’innalzamento di alcuni parapetti, l’inserimento di alcune cancellate per impedire l’accesso ai volatili, la sistemazione del cortile alla base del monumento.
Come già anticipato, l’impostazione progettuale è stata strutturata nell’intenzione di riproporre per il futuro, sistematizzandolo (una volta adeguato il monumento alle normative vigenti e risolti alcuni problemi contingenti legati a carenze strutturali attuali) lo stesso atteggiamento di cura, legato alla intima conoscenza delle caratteristiche e dei problemi del Torrazzo, che in passato era affidato alle poche persone che frequentavano quotidianamente l’edificio, e che con occhio attento e sensibile sorvegliavano e correvano per tempo ai ripari in caso di segnali di pericolo.
Oggi, scomparse le figure del custode, del campanaro, dell’orologiaio, si rende necessario trasferire le conoscenze legate alla singola esperienza su supporti che le rendano disponibili a più persone, e da queste considerazioni è derivata la proposta della predisposizione di un programma di manutenzione (peraltro già previsto a livello normativo) in cui siano raccolti e resi facilmente e operativamente consultabili tutti i dati raccolti nelle fasi conoscitive preliminari all’intervento di restauro e nel corso dell’intervento stesso, e in cui siano indicati i tempi e le modalità per gli interventi di manutenzione sulle singole parti del monumento.
Sarà quindi il completamento del libretto di manutenzione in forma ipertestuale, con la collazione dell’ingente mole di documentazione raccolta sul Torrazzo in questa importantissima fase di cantiere di conoscenza, a far ritenere di aver raggiunto – si auspica – tutti gli obbiettivi ed una degna conclusione di questa campagna di interventi.
In conclusione appare opportuno sottolineare come anche per il Torrazzo di Cremona si sia ancora una volta avuta la conferma della estrema complessità insita in un progetto e nel conseguente intervento di conservazione, che implica necessariamente l’apporto di molteplici competenze e si realizza pienamente nell’ambito di un processo dialettico, sempre aperto alla collaborazione con specifiche e plurime esperienze, capacità, contributi che naturalmente necessitano di un coordinamento nell’ambito di una indispensabile chiara e coerente impostazione progettuale.
In particolare nel caso del Torrazzo le modalità decisionali, a partire dall’impostazione del progetto ma in particolare nell’imprescindibile momento di verifica del cantiere, sono state istituzionalizzate – come più volte sottolineato – con la costante, preziosa presenza sia del responsabile del procedimento, sia del responsabile per i Beni culturali della Curia, sia dei funzionari di Soprintendenza, sia dei consulenti nominati, in modo che ogni scelta fosse attentamente vagliata e ponderata e di tale dibattito restasse traccia, tramite le compilazioni di verbali alla fine del processo decisionale sempre sottoposti all’approvazione definitiva dell’organo tutorio; un ulteriore contributo da inserire nel libretto di manutenzione per la conoscenza dell’edificio, dei suoi problemi, dell’impostazione progettuale, delle scelte contingenti, dell’ambito culturale in cui l’intervento è maturato e si è compiuto.
[1] Il responsabile scientifico della ricerca interdisciplinare è stato nominato nella persona del prof. Amedeo Bellini, che ha individuato tra il personale docente del Politecnico gli esperti nei vari settori specifici coinvolti dallo studio, indirizzandone e coordinandone i contributi.
[2] I primi testi manoscritti e a stampa che riguardano il Torrazzo risalgono al XVI sec., e alla fine del XVIII si collocano i primi studi sulla sua storia con un approccio filologico via via sempre più consapevole; ma è a partire dagli anni 1970, a seguito delle riflessioni sulla necessità di restaurare la torre, che vengono intrapresi una serie di studi volti ad approfondire la conoscenza sulla sua storia edilizia con lo studio dei documenti di archivio conservati negli Atti di Congregazione e in un carteggio sul Torrazzo nell’archivio storico della Fabbriceria della Cattedrale di Cremona.
[3] La ricerca storica è stata affidata al Dipartimento di conservazione e storia dell’architettura del Politecnico di Milano, responsabile prof. Amedeo Bellini.
M. CARLESSI, A. KLUZER, Il Torrazzo di Cremona. La cura e gli interventi alla fabbrica per un approfondimento della ricerca, 12 luglio 1998.
M. CARLESSI, A. KLUZER, Il Torrazzo di Cremona. Prime osservazioni stratigrafiche. I fronti esterni, novembre 1999.
Il monumento, emerge dalle relazioni, fu oggetto nel tempo di una continua attenzione e cura attraverso un costante e assiduo controllo delle sue condizioni e una continua manutenzione.
La Fabbriceria del Torrazzo aveva disposto che il custode avesse buona cura e custodia del monumento, segnalasse i danni alla Fabbriceria e sollecitasse l’intervento dell’ingegnere della fabbrica il quale eseguiva un sopralluogo, redigeva una relazione e proponeva l’intervento. Questa prassi cessò intorno alla metà del Novecento quando alla Fabbriceria si sostituì il Capitolo nel controllo e nella gestione del Torrazzo, privando di fatto il monumento di una base di conoscenza fondamentale ed di un efficace sistema di controllo e di manutenzione.
Gli interventi descritti negli Atti di Congregazione, a partire dal 1530, si concentrano nella Ghirlanda e nella parte sommitale della torre che è la più vulnerabile per la sua particolare struttura con maggior definizione ornamentale, per l’esposizione agli agenti atmosferici e per la differente qualità dei materiali. I lavori documentati si riferiscono ad interventi di manutenzione, consolidamento e spesso sostituzione in un ottica di generale mantenimento in efficienza.
[4] Il rilievo è stato condotto dal Dipartimento di ingegneria idraulica, ambientale e del rilevamento del Politecnico di Milano, Sezione rilevamento, responsabile prof. Carlo Monti.
[5] Il rilievo si è articolato in varie fasi successive e correlate a partire dalla progettazione e realizzazione di una rete di inquadramento i cui vertici (21, materializzati con chiodi di acciaio), misurati plano-altimetricamente, sono stati collocati sulla torre del Comune e sulle guglie del Duomo. A questa rete si è appoggiata la rete di raffittimento costituita da una poligonale che, partendo dalla stanza a piano terra del Torrazzo e attraverso la scala interna, giunge al piano d’imposta della Ghirlanda. Nella successiva fase di rilievo di dettaglio sono stati presi i punti delle finestre che costituiscono i punti di appoggio per il rilievo fotogrammetrico delle facciate, si è proceduto infine con il rilievo diretto degli interni, del vano scala e della Ghirlanda.
[6] I rilievi sono stati pubblicati in M.T. SARACINO, Il Torrazzo e il suo restauro, Cremona 1979.
[7] Dipartimento di ingegneria strutturale del Politecnico di Milano, responsabili prof. Luigia Binda e prof. Carlo Poggi. Ricerca volta a stabilire le condizioni statiche ed il comportamento meccanico della muratura del campanile del Duomo di Cremona, luglio 1999.
A. RINOLDI, M.S. RIZZOTTO, SR. P. DELL’ORO, M. DELLAVEDOVA, Rilievo del quadro fessurativo, della tessitura muraria e del degrado del Torrazzo, s.d.
[8] Il quadro fessurativo più rilevante è quello riscontrato nel prospetto occidentale, dove è stato individuato uno stato fessurativo diffuso con lesioni verticali passanti concentrate a 20 metri da terra: si tratta di un fenomeno tipico di strutture massive con peso proprio molto elevato e resistenza dei materiali relativamente bassa rispetto allo sforzo sopportato. Altre fessure importanti sono state individuate in corrispondenza della loggia della torre, zona con grandi aperture e presenza di sforzi trasmessi dalla Ghirlanda. Negli altri prospetti lo stato fessurativo è meno preoccupante: nel prospetto settentrionale è stato individuato uno stato fessurativo poco rilevante nella zona centrale; nel prospetto orientale si sono rilevate due zone presentanti lesioni, una nella porzione centrale e l’altra in sommità; infine il lato meridionale manifesta uno stato fessurativo non diffuso nella zona centrale. Sullo stato fessurativo senz’altro influiscono le deformazioni termiche di carattere ciclico e non uniformi sui quattro lati della torre.
[9] Come si dirà in seguito, in fase di cantiere, con la possibilità di una visione ravvicinata del monumento, il fenomeno del distacco del paramento dalla struttura muraria portante si è rivelato, in modo particolare sul prospetto occidentale, di entità sensibilmente maggiore rispetto a quanto fino a quel momento supposto.
[10] Dipartimento di meccanica del Politecnico di Milano, responsabile prof. M. Falco. Ricerca volta a stabilire le condizioni statiche ed il comportamento meccanico della muratura del campanile del Duomo di Cremona, 31 gennaio 2000.
Il monitoraggio è avvenuto attraverso il posizionamento di anemometri e trasduttori, sulla Ghirlanda al livello della camera delle Ore, collocati su tralicci d’acciaio posti in un luogo il più lontano possibile dall’influenza della torre; di trasduttori di spostamento e di temperatura in corrispondenza delle fessure di maggior rilievo; la rilevazione del comportamento dinamico della torre è stata essenzialmente affidata a misure di accelerazione effettuate mediante servoaccelerometri opportunamente posizionati in diverse sezioni lungo lo sviluppo verticale del Torrazzo.
[11] Lo strumento, in una sua prima applicazione impostata come prototipo, è stato presentato nella relazione "La qualità del rilievo per il progetto di conservazione" tenuta dal prof. Luciano Roncai al convegno "Restauro o conservazione nel Cremonese?" tenutosi a Cremona il 13 dicembre 2000, organizzato dal Gruppo Conservazione e Restauro della Commissione Territorio dell’Ordine degli Architetti del Provincia di Cremona. In quell’occasione fu presentato il progetto, strutturato in forma ipertestuale, di conservazione delle superfici interne affrescate della zona absidale della chiesa di San Francesco a Romprezzagno (CR), realizzato con la collaborazione degli achh. Elisabetta Bondioni e Stefania Terenzoni, del tecnico del rilievo architettonico Emilio Greppi e del tecnico informatico Fabrizio Zacchè.
[12] Su ognuno dei quattro prospetti della torre prismatica si è installato un ponteggio elettrico automontate bicolonna della ditta Alimak. Le colonne portanti, costituite da tralicci metallici, fissate alla struttura muraria della torre mediante tasselli chimici posizionati ogni 9-12 metri di altezza, si sono appoggiate al piano alla base del Torrazzo per i lati settentrionale, meridionale e orientale; sul lato occidentale, data la presenza della loggia della Bertazzola, la base delle colonne portanti del ponteggio è stata realizzata inserendo, sempre mediante massellatura chimica di barre d’acciaio opportunamente dimensionate, due mensole in acciaio immediatamente al di sopra dell’estradosso della struttura di copertura della Bertazzola.
[13] Il rilievo è stato condotto dal Tecnico di rilievo architettonico Emilio Greppi.
La mappatura fotografica dei prospetti della sezione prismatica del torrazzo è stata preceduta dal progetto delle riprese fotografiche, al fine di dividere i prospetti in una griglia numerata per classificare ogni scatto singolo per ogni lato.
Le dimensioni della griglia sono variate, per ogni prospetto, in base alla distanza di ripresa del ponteggio mobile e alla presenza di ostacoli non rimovibili (tralicci di ancoraggio alla muratura, pilastri vari ecc.).
Per le riprese del prospetto settentrionale si è utilizzata una macchina fotografica tradizionale di medio formato Pentax 645 con obbiettivo SMC Pentax 35 mm F 3,5, angolo di campo sulla diagonale di 900 mm, diaframma di f 8-11, tempo di ripresa medio di ¼ di secondo, pellicola diapositiva Fujichrome Velvia 50 iso, con una distanza di ripresa di 120-130 cm ed un numero di circa 760 fotogrammi. Le riprese sono state effettuate a luce ambiente e in varie ore della giornata, distribuite tra dicembre 2001 e aprile 2002.
La pellicola Fuji Velvia, è una pellicola invertibile da cui si ottengono esclusivamente diapositive, caratterizzata da una grana extra fine che garantisce un’eccezionale nitidezza e colori saturi.
Per i prospetti dei lati ovest, sud e est si è utilizzata invece una macchina fotografica digitale Nikon Coolpix 5700, 5 milioni di pixel, dimensione immagine massima 2560x1920 pixel, obiettivo ottico Zoom-Nikkor 8x 9-72 mm 14 lenti in 10 gruppi (equivalenza "24x36": 35-280 mm), f/2 8-4. Memorizzazione Sistema: TIFF senza compressione esposizione automatica, tempi di esposizione 1/100 – 1/200, sensibilità da 100 a 800 Asa, bilanciamento del bianco Auto Matrix con controllo TTL. Focale di ripresa per il Torrazzo 8.9 (equivalenza "24x36" a 35 mm), diaframma f 5, tempo di esposizione 1/30 - 1/200 di secondo, con un dimensione per ogni fotogramma di circa 14 megabyte, sempre in luce naturale e riprese nell’arco dell’intera giornata, eseguite da agosto 2002 a febbraio 2003.
Il numero delle riprese è stato così suddiviso: lato ovest 690 fotogrammi, lato sud 840 fotogrammi, lato est 1020 fotogrammi.
Prima di ogni ripresa si sono poste delle mire di dimensioni di 2x2 cm, nel numero minimo di 4 per ogni fotogramma, concatenate tra loro e rilevate metricamente in sito per portare in scala le immagini riprese.
Nel lato nord del Torrazzo per ogni fotogramma si è formato un rettangolo di dimensioni all’incirca 160 x 80 cm, mentre per gli altri prospetti il campo di ripresa ha consentito di realizzare un rettangolo di circa 120x90 cm; di ogni rettangolo sono stati misurati i quattro lati e le due diagonali.
Nelle riprese, inoltre, sono state posizionate due scale cromatiche, una riguardante la scala dei colori l’altra riguardante i toni di grigio, per agevolare la fase di restituzione e di stampa.
Una volta eseguito il rilievo dell’oggetto si è proceduto al trattamento delle immagini. Il processo d’acquisizione e di trattamento dell’immagine si può descrivere analiticamente nel seguente schema:
- ripresa;
- sviluppo della diapositiva o salvataggio e scaricamento immagini digitali su un computer;
- scansione e elaborazione;
- ridimensionamento;
- raddrizzamento;
- mosaicatura e ritaglio.
La prima operazione è stata quella di ridimensionare le immagini (programma adottato Adobe Photoshop), al fine di diminuire le dimensioni dei file in quanto troppo grandi, per cui occupavano troppa memoria nel computer e di conseguenza i tempi di lavorazione e la gestione diventavano troppo lunghi.
La seconda operazione eseguita è stata quella di classificare i file, creando corrispondenze tra fotogrammi e griglia di progetto.
Successivamente si è eliminato l’effetto "barile" delle immagini scattate con obbiettivi grandangolari (programma Calibra della Vectar).
Le immagini fotografiche sono quindi state convertite da prospettiva centrale a proiezione ortogonale tramite la rispondenza tra almeno quattro coordinate oggetto (coordinate misurate sul manufatto) e le coordinate fotogramma (coordinate misurate sul fotogramma) dei corrispondenti quattro punti immagine (programma utilizzato Add Plan della Add Software, applicativo di AutoCad).
Si è quindi proceduto al raddrizzamento delle immagini, che consiste nell’allineamento verticale e orizzontale degli elementi primari dell’immagine (programma utilizzato Real View della Vectar, applicativo di AutoCad).
L’ultima operazione è consistita nella mosaicatura delle immagini (programma utilizzato AutoCad di Autodesk), definendo su ogni fotogramma l’area da utilizzare e procedendo al ritaglio dei bordi e alla collazione delle parti utili.
Si sono così ottenute per ognuno dei quattro prospetti del Torrazzo delle immagini ad altissima definizione e con minime distorsioni, che consentono una visione al computer del manufatto in scala 1:1, e fino al 2:1.
[14] E. BONVICINI, E. TONINELLI, Analisi stratigrafica del prospetto nord del Torrazzo di Cremona, A.A. 2001-2002; relatore prof. Luciano Roncai, tutor esterno archh. Elisabetta Bondioni e Stefania Terenzoni.
A. CATTANEO, Predisposizione dell’ipertesto per la gestione del progetto e del cantiere di conservazione del Torrazzo di Cremona, A.A. 2001-2002; relatore prof. Luciano Roncai, tutor esterno archh. Elisabetta Bondioni e Stefania Terenzoni.
W. BALDUCCHI, V. CUGOLA, Analisi stratigrafica del prospetto occidentale del Torrazzo di Cremona, A.A. 2001-2002; relatore prof. Luciano Roncai, tutor esterno archh. Elisabetta Bondioni e Stefania Terenzoni.
L. BASSANI, Rilievo materico e studio stratigrafico della Ghirlanda del Torrazzo di Cremona, A.A. 2001-2002; relatore prof. Luciano Roncai, tutor esterno archh. Elisabetta Bondioni e Stefania Terenzoni.
E. BIANCHI, Analisi stratigrafica del prospetto meridionale del Torrazzo di Cremona, A.A. 2002-2003; relatore prof. Luciano Roncai, tutor esterno archh. Elisabetta Bondioni e Stefania Terenzoni.
[15] L’intervento ha beneficiato di contributi erogati dalla Regione Lombardia, dalla Fondazione Cariplo, dalla Curia Vescovile di Cremona e dal Ministero per i beni Culturali e Ambientali.
La committenza, rappresentata dalla Chiesa Cattedrale di Cremona, ha nominato quale responsabile del procedimento l’ing. Dante Augusto Coppi, ed ha affidato l’incarico di progettazione e direzione lavori all’arch. Luciano Roncai, che si è avvalso della collaborazione degli arch. Elisabetta Bondioni e Stefania Terenzoni per la progettazione e la direzione lavori, del tecnico del rilievo architettonico Emilio Greppi per i rilievi e le elaborazioni grafiche, del geom. Stefano Maglia per la tenuta della contabilità dei lavori. L’incarico di coordinatore per la sicurezza in corso di progettazione e di esecuzione è stato assunto dall’ing. Rosolino Bernocchi, e quello di collaudatore in corso d’opera dall’ing. Verino Gatti. La progettazione e direzione dell’impianto elettrico e di protezione dalle scariche atmosferiche è stata affidata al p.i. Alfio Lucchini, mentre quella delle strutture metalliche all’ing. Giuseppe Pettenazzi. Un ruolo determinante sia nella fase di progettazione sia in quella di cantiere, sulle scelte operative, è stata assunta dal responsabile per i beni culturali della Curia vescovile di Cremona, prof. Achille Bonazzi, dal Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio di Cremona, Brescia e Mantova, arch. Luca Rinaldi, e dal funzionario della medesima Soprintendenza arch. Marco Fasser.
[16] M.T. SARACINO, Il Torrazzo…, cit.
[17] L’intervento allora prese il via da una fase di verifica strutturale che individuò un fenomeno di ammaloramento grave per le parti ornamentali mentre l’edificio risultò dal punto di vista statico generalmente sano. Risultavano da risolvere solo alcuni problemi statici che erano legati all’ossidazione delle legature in ferro una di queste era costituita da una cerchiatura alla base del cono cestile a cui era collegato un sistema di tiranti incrociati che formavano una griglia ortogonale che versava in un grave stato di ossidazione. Mentre si optò per la riproposizione della cerchiatura si decise di sostituire i tiranti con una leggera soletta in calcestruzzo con funzione di collegamento alla muratura e di irrigidimento orizzontale. Il punto più critico dal punto di vista statico era la camera delle Ore: dopo aver eseguito verifiche sullo sforzo, accertamenti sulle condizioni dei materiali anche con l’ausilio della tecnica ad ultrasuoni, e verificato le condizioni di grave ossidazione delle cerchiature interne e esterne, si operò con la sostituzione di queste con altre in acciaio inox con la cura di non applicarle direttamente alla muratura ma a delle piastre di distribuzione opportunamente dimensionate. Per risolvere il problema di rinforzare gli incastri delle colonne con la muratura sia alla base che ai capitelli si studiò una struttura di cemento armato costituita da un anello di irrigidimento ottagonale e da due travi incrociate, sostenuta da cavalletti in c.a., che lavora solo in caso di necessità qualora la struttura antica non sopporti gli sforzi eccessivi. Fu necessario poi intervenire all’estradosso della volta ombrelliforme in quanto tra il pavimento della camera delle ore e l’estradosso della volta si trovò il vuoto e quindi per raggiungere la muratura solida si inserì un cordolo ottagono di collegamento in c.a. al di sotto di detto pavimento. Le legature orizzontali con tiranti ossidate avevano provocato gravi danni anche alla sottostante volta ad ombrello che si verificò essere costituita da due paramenti staccati e affiancati, si operò con la rimozione delle legature e delle catene, il risanamento delle porzioni di muratura ammalorata e l’inserimento di catene esterne perimetrali in acciaio inox messe in tiro da appositi tenditori; si sostituirono inoltre le cerchiature delle colonne in cotto al piano di imposta della Ghirlanda che avevano indotto degradi analoghi a quelli suddetti con cerchiature in acciaio inox.
Il restauro delle superfici lapidee si articolò in varie fasi: dopo la fase di pulitura con sabbiatura e il controllo e l’eventuale rimozione delle stuccature e incollaggi pregressi che non davano garanzia di solidità, e delle cerchiature in ferro ossidate, si operò con l’incollaggio delle parti distaccate e l’inserimento di perni in acciaio di collegamento tra le parti e l’impregnazione a saturazione degli elementi in cotto e pietra mediante spruzzatura sotto pressione di resine epossidiche rese molto fluide con apposito diluente per facilitare la penetrazione nel materiale lapideo.
L’ultima fase consistette nella stuccatura di microfessure e lesioni per evitare l’infiltrazione di acqua nel materiale lapideo e nell’applicazione con funzione protettiva di resina acrilsiliconica.
Tutte le informazioni sugli interventi realizzati nel corso del restauro della Ghirlanda del 1977 sono tratte da M.T. SARACINO, Il Torrazzo…, cit.
Per un maggior dettaglio sullo stato di conservazione dei materiali della Ghirlanda alla vigilia dell’intervento conservativo di cui si tratta nel presente scritto cfr, su questo stesso numero di Tema, E. BONDIONI, L. RONCAI, S. TERENZONI, Alterazioni dei risarcimenti con resina epossidica sulla ghirlanda del Torrazzo di Cremona: prime considerazioni a 25 anni dall’intervento.
[18] Per il cantiere della Ghirlanda, data la sua particolare conformazione e complessità, si è fatto ricorso a ponteggi multidirezionali della ditta Layher, montati da tecnici dell’impresa Gramigna di San Lazzaro di Savena (BO), a cui si deve anche l’installazione di un ascensore Alimak, collocato sul versante orientale della torre, posto in opera a servizio del montaggio, smontaggio ed accesso al ponteggio della Ghirlanda stesso, data la sua collocazione ad una quota compresa tra i 70 e 115 metri di altezza.
[19] E’ stato affidato l’incarico di consulente sulle procedure d’intervento al prof. Amedeo Bellini, e al prof. Giulio Mirabella Roberti come strutturista.
[20] I carotaggi sono stati realizzati dalla ditta Intergeo s.r.l. di Remedello (BS); le analisi sui campioni di materiali sono state eseguite dal prof. Achille Bonazzi dell’Università degli Studi di Parma, Dipartimento di Scienze della Terra: Indagini chimico-fisiche-mineralogico-petrografiche sulle malte del lato ovest del Torrazzo di Cremona, 30 luglio 2002; Analisi chimico-mineralogico-petrografiche sui carotaggi della cella campanaria del Torrazzo di Cremona, 2 ottobre 2002.
Tali studi sulle malte hanno evidenziato l’estrema omogeneità della loro composizione mineralogica, con aggregato più grossolano per le malte interne e più fine per le malte del paramento esterno; hanno confermato la presenza, sul paramento esterno, di un "film pittorico a base di silicati di ferro con alcuni granuli di ematite"; la presenza di processi di solfatazione in particolare sul prospetto ovest, in corrispondenza delle zone maggiormente fessurate; a livello della cella campanaria sono molto evidenti i processi di idratazione nella fascia più esterna del prospetto orientale.
[21] La natura e la tessitura del riempimento che costituisce la struttura portante della torre è ancora da indagare nel dettaglio. I carotaggi di cui si è fatto cenno nella nota precedente hanno in realtà evidenziato in alcuni punti una struttura ben ordita e legata, in altri composta da materiali disomogenei e non ordinati. Per approfondire la conoscenza di questo basilare elemento della fabbrica sono stati richiesti dai consulenti, prof. Amedeo Bellini e prof. Giulio Mirabella Roberti, ulteriori carotaggi ed indagini endoscopiche già autorizzati dalla Soprintendenza.
[22] Le ispezioni mediante georadar sono state eseguite nel luglio 2002 a cura dei proff. Luigia Binda e Luigi Zanzi del Laboratorio prove materiali del Dipartimento di ingegneria strutturale del Politecnico di Milano.
Le aree sottoposte a prova sono state la parete esterna occidentale della parte prismatica del Torrazzo tra quota m 53 e m 66 dal suolo, allo scopo di stimare ed individuare le zone di distacco dal paramento esterno dalla struttura muraria portante. La prova ha evidenziato la massima intensità del distacco nella zona compresa tra le due bifore e la quadrifora, a quota m 53-58 dal suolo, in corrispondenza soprattutto delle fessurazioni principali, ma la tecnica con georadar non è in grado di distinguere, come si legge nel certificato di prova n. 2002/2281 emesso in data 29 ottobre 2002, "la situazione paramento esterno appoggiato dalla situazione paramento esterno aderente". E’ apparso quindi estremamente utile affiancare il rilevamento strumentale con la percussione sistematica del paramento per individuare precisamente i punti di distacco su cui intervenire con chiodature per ripristinare il collegamento tra paramento e sezione muraria portante.
Altre aree interessate dall’ispezione con georadar sono state la bifora sul prospetto occidentale posta a m 52 di quota, al di sotto del cui paramento il georadar ha evidenziato la presenza di un arco a tutto sesto; la soletta in calcestruzzo della cella campanaria, al fine di individuare la localizzazione e l’andamento delle travi principali di sostegno della soletta stessa; le colonne della quadrifora del prospetto occidentale, per l’individuazione di fessure e fratture interne.
[23] L’intervento è stato eseguito dalla ditta Capanni cav. uff. Paolo s.r.l. di Castelnuovo ne’ Monti (RE).
[24] La ricostruzione della meridiana (esatto riposizionamento, disegno delle linee sulla lastra mancante, ricollocazione dello gnomone), è stata resa possibile grazie al contributo scientifico prestato dai proff. Emilio Baietti e Alessandro Maianti del Gruppo Astrofili Cremonesi.
[25] L’impianto elettrico è stato realizzato dalla ditta GEBO s.n.c.di Corte Palasio (LO).
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Bib-TS-357 - M. Carlessi, A. Kluzer, Il Torrazzo di Cremona. Prime osservazioni stratigrafiche. I fronti esterni, novembre 1999
Bib-TS-358 - M.T. Saracino, Il Torrazzo e il suo restauro, Cremona 1979
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