Principi generali di analisi acustica
AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)
Cap. ATS-J01 - Acustica - Pag. ATS-J01.07
Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2009 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina
Da Fourier a Wavelet
Dalla trasformata di Fourier a breve termine alla Trasformata Wavelet Continua
Esempio pratico dell’utilizzo della Trasformata wavelet continua
Si può notare che la STFT è una tecnica di analisi a risoluzione fissa e si è appurato come questo possa costituire una limitazione. Si è anche osservato come la causa sia intrinseca nella presenza della funzione finestra g(t) a supporto e a banda limitata, che viene modulata con ej2πft e moltiplicata scalarmente con il segnale x(t). Per ottenere un’analisi a risoluzione variabile occorre fare in modo che le risoluzioni relative Δt/t e Δf/f risultino costanti e questo richiede che all’aumentare della frequenza f aumenti in modo proporzionale la banda Δf. A tale riguardo viene in aiuto una proprietà fondamentale della trasformata di Fourier: comprimendo nel tempo una funzione si ottiene una espansione in frequenza del suo spettro, e viceversa:
Da questa considerazione nasce l’idea di sostituire l’operazione di modulazione con l’operazione di scalamento, ovvero anziché moltiplicare il segnale per la finestra g(t) ad ampiezza temporale costante si esegue direttamente il prodotto con lo scalare con scalamenti e traslazioni di un unico prototipo.
Quello che si ottiene prende il nome di trasformata wavelet continua (CWT):
con:
Il prototipo ψ(t) prende il nome di wavelet madre; a è il parametro di scalamento, b è il parametro di traslazione.
La denominazione wavelet deriva dal fatto che, graficamente, il prototipo è una funzione che oscilla e si smorza come una piccola onda. Un esempio classico di ondina è riportato in Figura 2.
Per capire meglio il discorso di risoluzione variabile riporto in Figura 3 la risoluzione tempo(t)-frequenza(ω) della STFT e in Figura 4 quello che avviene con una risoluzione variabile (si può ben vedere che le finestre sono di forme diverse ma hanno area uguale). Con una risoluzione variabile si riesce meglio a descrivere segnali, quindi funzioni, presenti in natura. Per fare un esempio pratico; solitamente un segnale video ha una componente in bassa frequenza che dura per molto tempo (ad esempio le luci della stanza, la nebbia nel campo...), mentre le componenti ad alte frequenze si muoveranno più velocemente (la mosca che vola nell’inquadratura, l’uccello che vola in cielo...)
Come interpretare l’informazione fornita da una rappresentazione temposcala (scalamento dovuto alla CWT)? Occorre svincolarsi dal concetto di frequenza, poiché confrontando la definizione di trasformata di Fourier con la definizione di trasformata wavelet continua è immediato notare che il prodotto del segnale x(t) viene ora eseguito con una funzione non periodica e limitata nel tempo: il concetto di frequenza dell’armonica ej2πft viene sostituito con il concetto di scala dell’ondina ψab(t).
L’analogia è tuttavia immediata: valori piccoli di a significano ondine compresse nel tempo, quindi contenenti armoniche ad alta frequenza; effettuare il prodotto con esse implica ottenere proiezioni che portano informazioni sui dettagli del segnale, cioè su fenomeni rapidamente variabili; d’altra parte, valori grandi di a comportano ondine lentamente variabili, con banda stretta, che invece colgono il comportamento del segnale a lungo termine. Queste fondamentali proprietà sono note come localizzazione temporale (più l’ondina è concentrata nel tempo, migliore è la risoluzione in questo dominio) e come localizzazione spettrale (più l’ondina è concentrata in frequenza, migliore è la risoluzione in questo dominio).
Tra le altre proprietà della trasformata wavelet è opportuno ricordare la linearità, l’invarianza per traslazioni temporali e l’invarianza per scalamento.
Fondamentale è tuttavia la proprietà di invertibilità: date due ondine ψ1(t) e ψ2(t) con particolari caratteristiche sulle quali non ci si addentra, se si valuta la CWT rispetto a ψ1(t).
allora il segnale è ricostruibile attraverso la ψ2(t) e si ha:
Figura 5: Moltiplico il segnale per l’ondina
Si ricordi che è proprio a partire da questa proprietà che deriva la trasformata wavelet discreta.
Il risultato che si ottiene dalla trasformata wavlet è una matrice contenente valori che indicano l’intesità di una certa frequenza in un certo tempo. Per poter ottenere questa matrice i principali algoritmi eseguono il prodotto tra la funzione in ingresso e l’ondina al tempo 0 (Figura 5), l’ondina viene così traslata di un tempo Δb e viene eseguito nuovamente il prodotto tra essa e la funzione in ingresso (Figura 6). L’ondina ha la scala minima. Le operazioni si concludono quando si arriva alla fine della funzione di ingresso. Così facendo riempio la prima riga della matrice contenente la soluzione. Dopo tale operazione l’ondina viene riscalata con una scala maggiore Δs e viene ripetuto il procedimento precedentemente (Figura 7). In tal modo si riempie la seconda riga della matrice. Il numero di riga indica la scala, mentre il numero di colonna il tempo. Il procedimento si ripete iterativamente fino a che si arriva alla scala massima (Figura 8).
Questo procedimento richiede un’ingente quantità di operazioni. A volte anche le macchine più veloci risolvono i calcoli con uno sforzo non indifferente. La ricerca di nuovi strumenti matematici si è spostata verso una trasformata che svolgesse i calcoli in una maniera più veloce: la trasformata wavlet discreta.
La definizione di trasformata wavelet continua è utilizzabile nei casi in cui si desideri una valutazione analitica della CWT di un segnale. Tuttavia nella maggior parte dei casi pratici, il segnale x(t) non solo non è noto analiticamente (per esempio, quando è fornito da un sensore) ma risulta quantizzato, cioè è conosciuto esclusivamente in precisi istanti di tempo; se si considera inoltre il desiderio di una valutazione numerica della trasformata, allora essa dovrà essere valutata solo con un numero finito di valori delle variabili a e b.
La scelta non accurata dei parametri ovviamente può determinare da una parte una rappresentazione ridondante, ossia il numero di campioni della trasformata risulta molto più grande di quello del segnale, dall’altra parte si ha una rappresentazione non completa, cioè il numero di campioni non è sufficiente per la ricostruzione. La situazione ideale è la cosiddetta rappresentazione ortogonale, ovvero il segnale e la sua trasformata hanno lo stesso numero di campioni. Si considerino le seguenti osservazioni:
• al variare della scala a le ondine hanno banda relativa costante e costante è l’indeterminazione sulla frequenza. E' quindi ragionevole effettuare una discretizzazione logaritmica di questo parametro.
• quando la scala è piccola le ondine hanno supporto temporale breve, quindi è logico che il passo di traslazione Δb sia piccolo per garantire una sufficiente copertura dell’asse-tempi da parte della serie di ondine.
• viceversa, quando la scala è grande le ondine sono lunghe, per cui il passo di traslazione può essere maggiore.
Nella maggior parte dei casi la trasformata wavelet discreta viene realizzata attraverso dei banchi di filtri (Figura 9). La funzione passa per un filtro passa alto ed uno passa basso (in questo caso sono filtri numerici). Così facendo riesco ad estrapolare la prima scala di frequenze, quelle con frequenze molto basse. Dopo di che prendo la funzione uscente dal filtro passa-alto e la faccio passare ancora per un filtro passa-alto e uno passa-basso ed itero il passaggio per tutte le scale.
In questo ultimo paragrafo si illustra un esempio, realizzato con un programma per l’analisi matematica MATLAB, per vedere la potenza dei nuovi strumenti matematici per l’analisi del tempo-frequenza e in particolare è analizzato un segnale audio mediante la trasformata wavelet continua. Il segnale analizzato è un pezzo di musica classica suonato da un pianoforte, in figura 10 si può vedere il grafico nel dominio del tempo. Dopo di che si è svolta l’analisi in frequenza attraverso la Trasformata di Fourier (figura 11). Come si può vedere dal grafico in Figura 11 ci sono molti picchi che indicano le frequenze, cioè le note che sono state suonate.
Da questa analisi non si riesce a capire quali note siano state suonate per prima e quali dopo. Per questo si è svolta un’analisi sia nel tempo sia nella frequenza utilizzando la CWT illustrata precedentemente. Nel grafico in Figura 12 si può chiaramente capire quando una certa nota (frequenza) sia stata suonata in un certo istante. Così facendo si può capire quali note sono state suonate prima e con un possibile sviluppo si può riuscire a estrapolare anche lo spartito musicale.
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Bib-TS-199 - B. Burke Hubbard: The world according to wavelets, 1996
Bib-TS-200 - Massimo Ruo Roch: La Trasformata wavelet, 1999
Bib-TS-201 - Guida in linea della Mathworks: Wavelet Trasform, 2005
Bib-TS-202 - Wikipedia, l’enciclopedia libera: Analisi di Fourier, 2005