Le fonderie
AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)
Cap. ATS-I02 - Fonderia - Pag. ATS-I02.04
Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2008 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina
Cfr. il Capitolo ARS-C01: Archeologia fusoria
Probabilmente per le prime fusioni storiche si utilizzarono stampi aperti (ad
una sola valva), in argilla refrattaria, ottenendo così oggetti
bidimensionali, con una faccia piatta.
Successivamente le valve divennero
due e simmetriche, con queste si ottenevano manufatti tridimensionali, dove il
lato destro era eguale o simile a quello sinistro, il lavoro del fabbro era
inferiore e minore era la perdita di metallo.
Queste matrici erano fatte in pietre che avevano precise caratteristiche,
dovevano avere una buona lavorabilità, una notevole resistenza agli shock
termici e una discreta reperibilità, come l’arenaria.
Questa ulteriore
innovazione permetteva il riuso di tali stampi, per molte fusioni.
Con questo metodo si potevano produrre asce, pugnali, spade, punte di frecce, zappe e picconi, ma non si riusciva certamente ad ottenere oggetti metallici più elaborati.
La tecnica di fusione a cera persa consiste nel costruire manualmente un modello in cera, al quale viene applicato, sempre in cera, una sorta di cono, che servirà a facilitare il versamento del metallo fuso; all’estremità opposta dell’oggetto vengono applicati sempre in cera dei bastoncini, che permetteranno la fuoriuscita dell’aria e dei gas evitando così bolle ed imperfezioni di fusione.
Il tutto veniva ricoperto da un
leggero strato di barbottina (argilla molto
depurata e fine) e poi , come una cipolla, si applicavano strati su strati di
argilla refrattaria con granulometria crescente.
La circonferenza maggiore
del cono in cera doveva trovarsi sullo stesso piano dei due o più bastoncelli.
Lasciata seccare da una a più settimane, proporzionalmente alla grandezza
dell’oggetto da fondere e quindi alla massa di argilla, veniva rovesciata ed
avvicinata al focolaio ottenendo così lo scioglimento e lo svuotamento
conseguente della cera e un consolidamento dell’argilla; nel frattempo il
crogiolo con dentro il metallo era pronto per essere versato, si rigirava il
pane di argilla, e si colava il metallo fuso che prendeva il posto dell’oggetto
in cera.
Un ulteriore perfezionamento avvenne con la creazione di una forma interna in argilla molto simile a quanto l’artista voleva ottenere; essa veniva successivamente ricoperta di cera, lavorata accuratamente dallo scultore e poi il procedimento per la fusione seguiva la tecnica predetta.
Il focolare è scavato nella
nuda terra ed ha una forma quasi ovale, rivestito di un impasto di argilla con
sabbia e chamotte ed un circolo di pietre tutte attorno.
Il fuoco viene
mantenuto costantemente attivo con carbone.
Il crogiuolo è fatto con argilla impastata a chamotte e sabbia per renderlo refrattario è costruito con un apposito incastro per le pinze (in legno, bagnate con acqua al momento di usarle) che serviranno per manovrarlo e per ruotarlo al momento della colata del bronzo fuso.
Il mantice è uno strumento fondamentale ed essenziale per riuscire a portare la temperatura di un normale fuoco da campo (600° 700°) a 1180° - (temperatura necessaria alla fusione del bronzo).
Il mantice è costruito in pelle, a doppia sacca, da azionare alternativamente per innalzare la temperatura del fuoco. La tecnica e il ritmo per manovrare il mantice sono estremamente faticosi. Il ritmo deve essere costante, il flusso continuo.
Le due sacche sono dotate di valvole e di raccordi in pelle, che confluiscono in una “Y” di sambuco svuotato a cui è collegato un secondo raccordo in pelle che va a unirsi ad un ugello a “L” fatto della stessa argilla refrattaria, il quale agisce direttamente sulla brace posta sopra al bronzo nel crogiolo.
La matrice è bivalve simmetrica, in arenaria, scavata con scalpelli in bronzo per dare la forma in negativo dell’oggetto. Si praticano fori passanti per fermare le due metà con perni di legno e delle scanalature di sfiato per la fuoriuscita dell’aria durante la colata del bronzo.
La matrice rimane aperta ai bordi del focolare con le superfici scavate verso il fuoco. Quando il bronzo arriva ad una densità pastosa, tipo miele, le due valve vengono unite, inseriti i perni di legno e legate con strisce di pelle bagnata e viene sistemata più vicina possibile ai carboni ardenti.
Dopo che il bronzo ha raggiunto lo stato liquido viene mantenuto tale per un paio di minuti, il crogiolo viene afferrato con le pinze di legno, liberato del carbone che lo ricopre e portato sulla matrice riscaldata.
Le impurità che rimangono a galleggiare sul bronzo fuso non preoccupano: sono assolutamente dissociabili; si cola il metallo liquido dentro la matrice .
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Bib-TS-092 - L. Mugnani - Manuale pratico di fonderia - Milano, 1928
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