Proprietà e metallurgia dell'Acciaio
AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)
Cap. ATS-G09 - Proprietà metalli - Pag. ATS-G09.11
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La corrosione della carpenteria metallica: la ruggine, il grande nemico delle strutture in acciaio
Normativa di riferimento: norme relative ai livelli di finitura a vernice e alla zincatura
L’acciaio, materiale molto diffuso nelle costruzioni, è soggetto a degrado dovuto alla corrosione. Per prevenire conseguenze anche molto gravi, è necessario prevedere una adeguata protezione e manutenzione.
L’utilizzo dell’acciaio in edilizia: carpenteria metallica e armature, i due
utilizzi principali.
Se pensiamo all’acciaio come materiale da costruzione, immediatamente ci saltano
alla mente tutte le varie applicazioni sotto forma di profili di carpenteria
metallica oppure, ancora di più, le gabbie di tondino metallico usate come anima
resistente dei calcestruzzi armati.
Soprattutto negli ultimi anni, anche grazie a campagne finalizzate alla
dimostrazione della sostenibilità dell’utilizzo dell’acciaio nell’edilizia, è
cresciuto il numero di edifici realizzati con struttura in metallo. Pilastri e
travi, tiranti e puntoni in acciaio sostituiscono il consolidato e più
tradizionale utilizzo dei manufatti in cemento armato.
Ma per carpenteria metallica si intende anche una grande quantità di elementi di
completamento e finitura degli edifici, come grate, carters, e profili vari
utilizzati in una grande varietà di applicazioni dipendenti anche dalla
creatività del progettista.
In realizzazioni invece in cui vengono preferite tecniche più tradizionali, il
grande dominatore della costruzione è il cemento armato, costituito, come è a
tutti noto, da calcestruzzo di varia qualità e tondini metallici, nella quasi
totalità dei casi costituiti di acciaio. E’ proprio attraverso questa componente
strutturale che i manufatti, così realizzati, possono resistere a sollecitazioni
di flessione e taglio.
In definitiva abbiamo individuato due grandi famiglie in cui suddividere gli
elementi costruttivi in acciaio. Tali gruppi individuano modalità e campi di
applicazione molto differenti, ma sono legati dalla problematica comune del
degrado del materiale acciaio a causa della ruggine. Le modalità di risposta a
questo nemico della durata dei manufatti, essendo legate alle condizioni di
esercizio del materiale all’interno dell’edificio, sono però differenti, quindi
anche sul mercato troveremo prodotti diversi per l’intervento nell’una o
nell’altra situazione.
L’acciaio, considerato materiale eterno, in realtà può essere aggredito da un
processo di deterioramento, causato da un fenomeno spontaneo ed irreversibile
innescato dall’interazione chimico-fisica con l’ambiente di conservazione. Il
fenomeno in questione è la corrosione, e gli agenti corrosivi più comuni sono
l’ossigeno e l’acqua.
Più comunemente però diciamo che il metallo arrugginisce, sfaldandosi in
continuazione: la ruggine penetra sempre più, fino alla perdita totale delle
capacità di resistenza dell’elemento costruttivo, o addirittura fino alla sua
totale distruzione. Non è però necessario che l’oggetto metallico sia
macroscopicamente interessato dalla corrosione perché si produca il suo
decadimento tecnologico: la riduzione dell’efficienza funzionale può verificarsi
anche in caso di corrosione in pochi punti specifici (perforazione di un tubo,
perdita delle capacità di sostegno delle zanche).
Il processo di corrosione in ambienti secchi è dovuto essenzialmente a reazioni
chimiche con gas ossidanti. Il fenomeno consiste nella tendenza a ripristinare
la forma ossidata, che è quella nella quale i metalli sono naturalmente stabili.
Essa prevede la combinazione con l’ossigeno presente nell’atmosfera per formare
l’ossido corrispondente, oppure con altri agenti atmosferici per formare
carbonati, solfati, idrossidi e solfuri..
In ambienti umidi, invece, la corrosione avviene grazie a reazioni
elettrochimiche. Questa reazione è legata al passaggio di corrente elettrica
nelle soluzioni. Quando due metalli diversi sono immersi in acqua o solamente
nel terreno, che si suppone sempre quantomeno umido, tra essi si genera una
differenza di potenziale, e se tra essi c’è unione attraverso un elemento
conduttore, questo sarà percorso da corrente elettrica, poiché il metallo più
reattivo tende a ossidarsi, secondo il funzionamento della pila. Se, per
esempio, l’acciaio in questione è a contatto con un altro metallo meno reattivo,
oppure sarà caratterizzato da una disomogeneità di composizione, esso sarà in
pericolo di corrosione.
Il fenomeno corrosivo finora descritto avviene ovviamente se il metallo è
“nudo”, cioè in assenza di protezioni. Per prevenire infatti il degrado delle
strutture in acciaio è necessario rivestire i manufatti con adeguate barriere
che isolino il metallo dagli agenti corrosivi dell’ambiente esterno.
Per contrastare la tendenza all’ossidazione e quindi per conservare i metalli
nella forma non ossidata, essi necessitano di protezione, in modo che siano in
grado di assolvere alle funzioni per le quali sono stati posti in opera.
L’utilizzo di tali rivestimenti è necessario soprattutto se si pensa che il
materiale metallico in assoluto più utilizzato nel settore civile è l’acciaio
basso-legato, il quale risente pesantemente dell’attacco della ruggine.
Per poter prolungare la durata nel tempo dei manufatti di carpenteria metallica
è necessaria innanzitutto una corretta prevenzione, da prevedere fin dalla fase
di progettazione, dato che essa deve dipendere strettamente dalle condizioni
ambientali di esercizio della struttura stessa.
Mentre quest’ultima sarà in servizio, inoltre, essenziale ai fini della durata,
sarà la frequenza e la qualità degli interventi di manutenzione.
La manutenzione è quindi una fase importante nella vita di un manufatto
metallico: essa dovrà essere tempestiva, effettuata con modalità riferite alle
necessità ambientali, ma comunque sempre dai costi commisurati all’importanza
dell’opera.
I rivestimenti superficiali utilizzabili sia in fase di prevenzione, sia nella
manutenzione sono pressappoco gli stessi, ma la vera differenza risiede
nell’operazione di pulitura delle parti arrugginite.
Le modalità di ripristino della funzione protettiva dello strato di barriera
dipendono poi dal tipo di prodotto precedentemente utilizzato e dalle sue
condizioni, ma anche dalla possibilità o meno di smontare e rimontare la
struttura metallica.
In relazione a questi parametri si dovrà infatti stabilire se è più conveniente
operare una totale rimozione del vecchio rivestimento e degli ossidi, o se
limitare l’azione ripristino solo alle zone più danneggiate.
In breve ricordiamo che le modalità di pulitura del metallo possono essere
diverse. Tra esse si sceglierà la sabbiatura, in caso di strutture non
smontabili, oppure la raschiatura per mezzo di spazzola di ferro, se le parti da
rimuovere sono di piccola entità.
La superficie così preparata è pronta per il ciclo di verniciatura.
Il primo strato è il fondo antiruggine (primer), da applicare a pennello, a
rullo, o a spruzzo airless. Per una buona riuscita esso deve possedere
determinate caratteristiche come contenere sostanze (pigmenti) passivanti, avere
un’ottima adesione al substrato metallico e consentire un buon ancoraggio con lo
strato di vernice successivo.
I pigmenti passivanti sono necessari per la realizzazione di un sottile strato
passivo sull’acciaio che blocca l’ossidazione e reagisce con le sostanze
aggressive che possono penetrare attraverso gli strati di vernice soprastanti,
formando composti insolubili non aggressivi per il materiale da proteggere.
I principali pigmenti passivanti per l’acciaio sono a base di cromati,
metaborati, ma soprattutto fosfati (il più utilizzato è il fosfato di zinco). Le
vernici di ultima generazione non utilizzano più gli ossidi di piombo, sebbene
essi garantiscano delle alte prestazioni soprattutto in caso di ruggine residua.
I primers zincanti sono generalmente a base epossi-poliammidica ad alto
contenuto di zinco metallico.
Nel caso si effettui una asportazione grossolana della ruggine la protezione può
essere fatta con l’impiego di primers convertitori o stabilizzatori di ruggine.
La maggior parte di questi convertitori di ruggine sono basati su soluzioni di
acido solforico, altri sono costituiti da soluzioni di tannini con o senza acido
solforico.
Per garantire la compatibilità tra il primer e la seconda mano, esistono oggi i
primer universali, basati su resine fenoliche modificate con resine alchiliche,
che sono compatibili con tutte le vernici.
Sono proprio queste ultime a realizzare l’effetto barriera che impedisce
l’entrata del vapore d’acqua e dell’ossigeno, insieme alle sostanze aggressive e
corrosive, infatti il primer non ha in genere proprietà impermeabili.
Esistono vari tipi di verniciature di rivestimento tra cui distinguiamo quelle a
base di bitumi, combinazioni bituminose, a base epossidica o
epossi-poliuretanica, a base di resine alchiliche, al clorocaucciu e infine a
base di una combinazione di PVC e resine acriliche.
È possibile trovare in commercio anche rivestimenti universali per acciaio che
non necessitano dell’applicazione del primer, e sono particolarmente indicati
per la sovraverniciatura di vecchi rivestimenti.
Per concludere la carrellata di sistemi di protezione dell’acciaio è doveroso
sottolineare le capacità del sistema più diffuso: la zincatura a caldo. Si
tratta di un rivestimento efficace, duraturo ed economico. La zincatura a caldo
è un processo industriale che protegge l’acciaio in maniera doppia: fisica e
elettrochimica.
La protezione fisica viene assicurata dalla protezione di zinco che isola
materialmente l’acciaio dall’ambiente circostante, mentre la protezione
elettrochimica si innesca per la maggior elettronegatività dello zinco rispetto
all’acciaio. Si forma infatti una pila Zn-Fe, per cui lo zinco si sacrifica per
proteggere il ferro soprattutto nelle zone danneggiate accidentalmente: si
tratta della protezione catodica.
È necessario collaudare bene la zincatura, poiché una insufficiente zincatura
può compromettere la durata del rivestimento. Quest’ultima è infatti di facile
previsione. Essa dipende dallo spessore di zinco applicato e dalla tipologia
dell’ambiente in cui sarà esposto il manufatto, il che determina la velocità di
corrosione del rivestimento.
Sembra strano a dirsi, ma la causa di quelle brutte spaccature sempre più
visibili nel tempo sui cementi armati, rinvenibili non solo su grandi
infrastrutture come i ponti, ma anche nelle parti più esposte degli edifici in
cui viviamo, è la ruggine, che corrode le armature metalliche inserite nel
conglomerato.
Come abbiamo già precedentemente sottolineato, l’acciaio viene in genere
aggredito dalla ruggine in tutti gli ambienti più comuni, ma la teoria ci
insegna che negli ambienti alcalini, come all’interno del cemento, esso si
autoprotegge attraverso la creazione di una pellicola resistente.
Qual è il motivo allora della corrosione delle armature d’acciaio annegate nei
manufatti di calcestruzzo?
In realtà l’alcalinità dell’ambiente in cui si trovano i ferri con il tempo
diminuisce fino a venire meno totalmente. Ciò avviene a causa dell’ingresso di
sostanze aggressive come l’anidride carbonica, l’anidride solforosa e i cloruri.
La teoria che vede eterna la durata del cls armato considera la matrice
cementizia impenetrabile da parte degli agenti acidificanti sopra citati. Gli
impasti prodotti in cantiere però non sono perfettamente simili ai campioni di
laboratorio e, seppur rispettando determinati valori del rapporto acqua/cemento
e del volume d’aria inglobata nell’impasto, la matrice cementizia presenta
comunque un determinato livello di porosità, che permette la penetrazione dei
nemici delle armature.
Qui inizia il degrado dei ferri, e del calcestruzzo insieme. La parte di ferro
che si ossida, che quindi si trasforma in ruggine, infatti, ha la caratteristica
di possedere un volume maggiore del ferro non ossidato. E’ proprio questo
aumento di volume che provoca le prime spaccature nel copriferro, soprattutto in
quei casi (purtroppo molto frequenti) in cui esso sia di inadeguato spessore.
Il processo di decadimento del manufatto così innescato è irreversibile, finché
non si intervenga con opere di pulizia, protezione e ripristino dell’intera
parte danneggiata.
La corrosione delle armature all’interno dei conglomerati può avvenire anche in
caso di impasti cementizi bene eseguiti, ma sarà comunque di lento sviluppo.
Qualora però la pericolosità dell’ambiente sia tale da poter compromettere nel
tempo lo stato di corrosione dei ferri di armatura, è necessario, o comunque
auspicabile, ricorrere all’adozione di misure di prevenzione aggiuntive.
Ovviamente la decisione più drastica potrebbe essere quella di sostituire
l’armatura tradizionale con altri tipi di materiali meno reattivi come ad
esempio l’acciaio inossidabile, il titanio, o addirittura le fibre composite, il
che comporterebbe costi molto più elevati.
I ferri tradizionali però possono essere rivestiti con materiali resistenti alla
corrosione, come per esempio le resine epossidiche.
L’applicazione di queste però presenta dei problemi relativi allo stoccaggio
delle barre prima dell’uso e alla loro movimentazione durante la messa in opera.
Le resine epossidiche inoltre non garantiscono una perfetta adesione al
calcestruzzo.
Una soluzione notevolmente più economica degli altri sistemi di prevenzione è la
zincatura dei ferri.
L’unica problematica legata a questo trattamento è la corrosione dello strato di
zinco soprattutto nel primo periodo di vita del manufatto in calcestruzzo,
quando il grado di alcalinità al suo interno è ancora molto elevato. Lo zinco
infatti, è attaccato in questo tipo di ambiente.
L’utilizzazione di barre zincate però, anche senza l’impiego di tali inibitori,
apporta un incremento di durabilità non trascurabile.
L’azione benefica della zincatura infatti, si evidenzia già nella primissima
fase in cui la bassa alcalinità non corrode ancora il rivestimento di zinco ma,
in assenza di esso, l’acciaio perderebbe già la capacità di rimanere integro.
Successivamente lo zinco, corrodendosi, esplica la sua funzione protettiva nei
confronti dell’acciaio sottostante.
I prodotti di corrosione dello zinco, infatti, non essendo espansivi come la
ruggine del ferro, non provocano danneggiamenti meccanici nel calcestruzzo
circostante.
La corrosione dello zinco, è il segno comunque di una protezione catodica
sull’acciaio, il quale però viene così progressivamente scoperto dal suo
rivestimento.
È solo ad esaurimento del periodo di protezione infatti, che l’acciaio inizia a
corrodersi come le armature tradizionali. È evidente quindi l’incremento di
durabilità delle strutture.
Se invece si sono utilizzati tondini in acciaio tradizionali per la
realizzazione di manufatti in cemento armato, ed essi hanno subito processi di
degrado e di espulsione del copriferro, l’unica soluzione è il recupero
dell’integrità sia delle armature sia del conglomerato.
L’intervento tipo di ripristino dei calcestruzzi armati, si compone delle
seguenti fasi: rimozione del calcestruzzo ammalorato, pulitura dei ferri, loro
rivestimento e infine ricostruzione del copriferro rimosso. Anche in questo caso
l’eliminazione degli ossidi dai ferri arrugginiti è molto importante, e essa può
essere effettuata mediante sabbiatura oppure attraverso un’accurata spazzolatura
dei ferri portandoli a metallo bianco.
Una volta ripulito il ferro per tutta la parte in cui esso si presenti
deteriorato, si può procedere all’applicazione dei prodotti protettivi
finalizzati all’inibizione della futura corrosione. Si tratta in genere di
boiacche passivanti applicabili a pennello. Possono essere sia bicomponenti da
miscelare sia monocomponenti. Esse sono composte in genere da polimeri di resine
sintetiche in dispersione acquosa e contengono in genere polveri silicee e
inibitori di corrosione.
Nel caso in cui venga sporcato anche il calcestruzzo adiacente, l’adesione di
malte cementizie da riparazione non viene minimamente compromessa, anzi, alcuni
prodotti sono applicati in due mani successive, la seconda delle quali serve a
favorire l’aggancio della successiva malta di riporto.
Per il grado di finitura superficiale finale dei manufatti di carpenteria
metallica, si fa riferimento a normative esistenti da tempo. In Europa ci si può
riferire alle SIS-Standards 055900 che prevedono tre diversi livelli di finitura
superficiale, denominate Sa-2, Sa-2.5 e Sa-3. La finitura Sa-2 prevede la
presenza del 20% di ossidi residui, la Sa-2.5 una ruggine residua di circa il
5%, e la Sa-3 il 100% di metallo vergine.
Queste categorie vengono citate dai produttori nelle schede tecniche dei loro
prodotti. Esistono infatti prodotti adatti ad ognuna di queste categorie.
Per quanto riguarda la zincatura a caldo, è oggi in vigore la norma UNI EN ISO
1461 (Rivestimenti di zincatura per immersione a caldo su prodotti finiti
ferrosi e articoli di acciaio. Specificazioni e metodi di prova) pubblicata nel
settembre 1999. Si tratta di un testo di carattere generale che interessa la
zincatura a caldo.
La presente norma e' la versione ufficiale in lingua italiana della norma
europea EN ISO 1461 (edizione febbraio 1999). La norma specifica le proprietà
generali e i metodi di prova per i rivestimenti applicati tramite immersione in
zinco fuso (zincatura a caldo) (contenente non oltre il 2% di altri metalli) su
articoli di ferro e acciaio.
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Campanologia" -
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Sommario
- Mappa del Sito -
Home
100 - P. Pedeferri, La corrosione delle armature nel calcestruzzo, Corso di Istruzione Permanente: “La corrosione nelle strutture in cemento armato: fenomenologie, cause, valutazione, rimedi, Politecnico di Milano, giugno, 1992
Bib-TS-102 - P. Pedeferri, Corrosione e protezione dei materiali metallici, CLUP, Milano, 1978.
Bib-TS-123 - Monografia di L. Ciapparelli