Proprietà e metallurgia delle Leghe
AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)
Cap. ATS-G08 - Proprietà metalli - Pag. ATS-G08.02
Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2009 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina
STRUTTURA delle LEGHE METALLICHE:
CRISTALLI PURI
CRISTALLI MISTI o DI SOLUZIONE SOLIDA
CRISTALLI DI COMPOSTI INTERMETALLICI
Dal punto di vista analitico le leghe vengono sottoposte a diversi tipi di prove atte a rilevarne le caratteristiche compositive, nonché la loro attitudine a determinate applicazioni. Queste prove possono essere di tipo tecnologico, strutturistico e chimico.
Queste prove vengono condotte su provini metallici di forme e dimensioni standardizzate ed i risultati relativi vengono quantificati medianti apparecchi di registrazione automatici. Si hanno così dei dati importantissimi che permettono di trarre conclusioni circa l’idoneità della lega per certe applicazioni. Seguono alcune tra le più importanti prove.
Il provino metallico, di forma cilindrica, viene sottoposto ad uno sforzo di trazione progressivamente crescente in direzione del suo asse.
Contemporaneamente il registratore traccia la curva che esprime l’allungamento subito dal provino, in funzione dei carichi applicati.
L’esame di tale curva rivela l’esistenza di una prima fase in cui il provino ha un comportamento elastico, in base al quale viene calcolato il modulo di elasticità.
Segue un periodo in cui le deformazioni acquistano un carattere permanente, cui corrisponde il carico di snervamento; infine il provino si spezza e si può quindi calcolare il suo carico di rottura.
Si sottopone il provino metallico ad un carico di compressione, progressivamente crescente, registrando le deformazioni subite in funzione del carico applicato, fino a rottura.
Si sottopone il provino metallico ad un carico flettente sino a rottura, registrando, come al solito, le deformazioni subite in funzione del carico.
Questa prova viene eseguita in modi diversi: ad esempio si può colpire il provino con una mazza azionata automaticamente, in modo che la rottura avvenga con un unico colpo. Il lavoro necessario per produrre la rottura viene letto sul quadrante dello strumento e prende il nome di resilienza. Essa misura, in un certo senso, la fragilità del provino.
La durezza viene determinata mediante la misura delle deformazioni superficiali del provino, in seguito a sollecitazione prodotta da una punta di forma appropriata (a sfera, a piramide, a cono).
Queste prove mirano principalmente ad evidenziare i componenti strutturistici delle leghe, allo scopo di fornire un quadro più completo sulla costituzione della lega, che la sola analisi chimica non può dare. Esse vengono effettuate mediante esame, micrografico, eseguito con microscopio ottico od anche elettronico, su provini opportunamente preparati.
Si eseguono le seguenti operazioni fondamentali:
Il provino da esaminare viene dapprima spianato su una faccia, la quale successivamente è sottoposta a sgrossamento con tele a smeriglio ed a pulitura con paste abrasive finissime. Molto efficace è anche la pulitura elettrolitica. In ogni caso si ottiene una superficie perfettamente speculare.
Ha lo scopo di evidenziare sulla superficie così preparata, le caratteristiche strutturali che sono l’oggetto di tali prove. L’azione del reattivo può essere di tipo diverso; ad esempio potrà sciogliere più velocemente certi costituenti rispetto ad altri, oppure potrà depositarsi selettivamente su alcuni di essi od ossidarne la superficie, conferendo loro certe colorazioni caratteristiche.
Viene eseguito mediante apposito microscopio che permette l’osservazione del campione e la contemporanea registrazione fotografica (microscopio metallografico).
L’esame è fatto per riflessione, con ingrandimenti che variano tra poche decine di diametri, fino a oltre i mille. In alcuni casi potrà essere richiesta l’illuminazione a contrasto di fase o quella in luce polarizzata.
I componenti strutturistici della lega si rivelano in questo modo con aspetto caratteristico, che ne permette l’identificazione.
Vengono incluse in questo gruppo tutte le prove eseguite indifferentemente con metodi chimici o fisici, aventi lo scopo comune di stabilire la composizione chimica della lega.
Come è noto, queste prove si avvalgono di numerosi metodi di analisi tra cui quelli ottici in assorbimento ed in emissione, quelli polarografici e quelli chimici tradizionali.
Questi ultimi sono caratterizzati da una buona precisione, ma presentano l’inconveniente di non essere sempre applicabili a bassissime concentrazioni e di richiedere talvolta un tempo considerevole.
Si prestano particolarmente per la determinazione di tracce. Il tempo da essi richiesto è speso principalmente per la preparazione della soluzione da polarografare, che in qualche caso può risultare laboriosa.
Sono applicabili con ottimi risultati, sia nell’analisi di tracce che di macroquantità. La determinazione è in sé rapidissima, ma ciò che talvolta può richiedere molto tempo è la preparazione delle soluzioni in esame e di riferimento. I metodi suddetti comportano sempre l’attacco chimico del metallo, in quanto la misura viene poi effettuata in soluzione .
Si ha l’indiscutibile vantaggio di operare sul campione metallico tal quale senza particolare lavori di preparazione ( analisi non distruttiva); inoltre, nella versione a lettura diretta, la durata di un’analisi completa, di un numero a piacere di elementi, è al massimo di qualche minuto.
Questo fatto, unitamente alla possibilità di esaminare elementi in qualsiasi concentrazione e con buona precisione , fa sì che i metodi e di emissione risultino tra i più congeniali per l’analisi dei metalli.
Ad eccezione delle determinazioni spettrografiche che vengono eseguite su campioni di lega in blocchetti, gli altri metodi di determinazione richiedono che il campione sia portato in soluzione.
Si procede perciò all’attacco chimico che viene condotto sulla lega allo stato di suddivisione grossolana (trucioli, polvere, ecc.). Per le leghe molto fragili si può procedere ad una prima frantumazione, seguita da polverizzazione in apposito mortaio.
Più spesso si usano trucioli metallici ottenuti con piallatrici, trapani, torni ed altre macchine.
È importantissimo che l’utensile sia stato preventivamente sgrassato con etere e sia costruito con acciaio ad elevata durezza ad esempio Cr-W, o al Cr-W-Co. Le leghe molto dure, ma non sufficientemente fragili da essere polverizzate, dovranno preventivamente essere ricotte. È inoltre consigliabile far lavorare la macchina a velocità ridotta.
Poiché il campione deve al solito rispecchiare la composizione media del prodotto in esame, si dovranno prelevare trucioli da punti diversi del pezzo. Raccogliendo i medesimi sia in superficie che in profondità.
Portale "Ingegneria e
Campanologia" -
Autore -
Sommario
- Mappa del Sito -
Home
Bib-TS-010 - M. Cavallini, F. Iacoviello - Materiali Metallici - Francesco Ciolfi Editore, via E. De Nicola, Cassino
Bib-TS-011 - W. Nicodemi - Metallurgia - Masson, Milano
Bib-TS-012 - A. Cigada - Struttura e proprietà dei materiali metallici - Città Studi, Milano
Bib-TS-092 - L. Mugnani - Manuale pratico di fonderia - Milano, 1928
Bib-TS-093 - Dispense di Chimica - A.A. 1992/1993 - Facoltà di Ingegneria Edile / Architettura - Pavia