Normativa acustica
AREA I - ARTE TECNICO-SCIENTIFICA (ATS)
Cap. ATS-C01 - Normativa - Pag. ATS-C01.02
Gli argomenti trattati sono stati inseriti da Ing. Arch. Michele Cuzzoni nel 2009 - © Copyright 2007- 2024 - e sono desunti dalla documentazione indicata in Bibliografia a fondo pagina
Limiti massimi di esposizione al rumore (D.P.C.M. 1/3/91)
N.B.: Il presente Portale è a favore del suono delle campane! La normativa acustica viene qui riportata come riferimento per quelle parrocchie che si trovassero in difficoltà a causa di "segnalazioni di disturbo". Pertanto, oltre a rivolgersi al proprio Legale di fiducia, le parrocchie possono avvalersi dello strumento comunale di "Deroga ai Decibel", utilizzando anche il facsimile riprodotto a pag. C03.04 - Deroga ai decibel consentiti nel proprio Comune - per Campane. |
CLIC QUI per scaricare il file PDF
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 1 marzo 1991.
Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto l'art. 2, comma 14, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il quale prevede che il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, propone al Presidente del Consiglio dei Ministri la fissazione dei limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e i limiti massimi di esposizione relativi ad inquinamenti di natura chimica, fisica, biologica e delle emissioni sonore relativamente all'ambiente esterno e abitativo di cui all'art. 4 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; Considerata l'opportunità di stabilire, in via transitoria, stante la grave situazione di inquinamento acustico attualmente riscontrabile nell'ambito dell'intero territorio nazionale ed in particolare nelle aree urbane, limiti di accettabilità di livelli di rumore validi su tutto il territorio nazionale, quali misure immediate ed urgenti di salvaguardia della qualità ambientale e della esposizione umana al rumore, in attesa dell'approvazione di una legge quadro in materia di tutela dell'ambiente dall'inquinamento acustico, che fissi i limiti adeguati al progresso tecnologico ed alle esigenze emerse in sede di prima applicazione del presente decreto; Su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità;
Decreta:
1. Il presente decreto stabilisce in attuazione dell'art. 2, comma 14, della legge 8 luglio 1986, n. 349, limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno.
2. Ai fini dell'applicazione del presente decreto sono dettate, nell'allegato A, apposite definizioni tecniche e sono altresì determinate, nell'allegato B, le tecniche di rilevamento e di misura dell'inquinamento acustico.
3. Sono escluse dal campo di applicazione del presente decreto le sorgenti sonore che producono effetti esclusivamente all'interno di locali adibiti ad attività industriali o artigianali senza diffusione di rumore nell'ambiente esterno.
4. Dal presente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono altresì escluse le aree e le attività aeroportuali che verranno regolamentate con altro decreto. Le attività temporanee, quali cantieri edili, le manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, qualora comportino l'impiego di macchinari ed impianti rumorosi, debbono essere autorizzate anche in deroga ai limiti del presente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, dal sindaco, il quale stabilisce le opportune prescrizioni per limitare l'inquinamento acustico sentita la competente USL.
1. Ai fini della determinazione dei limiti massimi dei livelli sonori equivalenti, i comuni adottano la classificazione in zone riportata nella tabella 1. I limiti massimi dei livelli sonori equivalenti, fissati in relazione alla diversa destinazione d'uso del territorio, sono indicati nella tabella 2.
2. Per le zone non esclusivamente industriali indicate in precedenza, oltre ai limiti massimi in assoluto per il rumore, sono stabilite anche le seguenti differenze da non superare tra il livello equivalente del rumore ambientale e quello del rumore residuo (criterio differenziale): 5 dB(A) durante il periodo diurno; 3 dB (A) durante il periodo notturno. La misura deve essere effettuata all'interno degli ambienti abitativi e nel tempo di osservazione del fenomeno acustico.
3. Gli impianti a ciclo produttivo continuo che attualmente operano nelle predette zone debbono adeguarsi al sopra specificato livello differenziale entro il termine di cinque anni dall'entrata in vigore del presente decreto ed hanno la possibilità di avvalersi in via prioritaria delle norme relative alla delocalizzazione degli impianti industriali.
1. Ai fini di un graduale adeguamento delle situazioni esistenti ai limiti fissati nel presente decreto, le imprese interessate possono, entro il termine di sei mesi dall'entrata in vigore del decreto stesso, presentare alla competente regione un piano di risanamento con l'indicazione delle modalità di adeguamento e del tempo a tal fine necessario, che non può comunque essere superiore ad un periodo di trenta mesi dalla presentazione del piano. Tale piano deve essere esaminato dalla regione, che, entro il termine di sei mesi, può, sentiti il comune e la USL competenti, apportare eventuali modifiche ed integrazioni. Decorso il predetto termine di sei mesi il piano s'intende approvato a tutti gli effetti.
2. Le imprese che non presentano il piano di risanamento debbono adeguarsi ai limiti fissati nel presente decreto entro il termine previsto dal precedente comma per la presentazione del piano stesso.
1. Al fine di consentire l'adeguamento ai limiti di zona previsti dal presente decreto, le regioni provvedono entro un anno dall'entrata in vigore del decreto stesso ad emanare direttive per la predisposizione da parte dei comuni di piani di risanamento.
2. I piani devono contenere:
a) l'individuazione della tipologia ed entità dei rumori presenti, incluse le sorgenti mobili, nelle zone da risanare;
b) i soggetti a cui compete l'intervento;
c) le modalità ed i tempi per il risanamento ambientale;
d) la stima degli oneri finanziari ed i mezzi necessari;
e) le eventuali misure cautelari a carattere d'urgenza per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica.
3. La regione, in base alle proposte pervenute le e secondo la disponibilità finanziaria assegnatale dallo Stato, predispone un piano regionale annuale di intervento per la bonifica dall'inquinamento acustico in esecuzione del quale vengono adottati dai comuni i singoli piani di risanamento.
1. La domanda per il rilascio di concessione edilizia relativa a nuovi impianti industriali di licenza od autorizzazione all'esercizio di tali attività deve contenere idonea documentazione di previsione d'impatto acustico.
1. In attesa della suddivisione del territorio comunale nelle zone di cui alla tabella 1, si applicano per le sorgenti sonore fisse i seguenti limiti di accettabilità:
2. Per le zone non esclusivamente industriali indicate in precedenza, oltre i limiti massimi in assoluto per il rumore, sono stabilite anche le seguenti differenze da non superare tra il livello equivalente del rumore ambientale e quello del rumore residuo (criterio differenziale): 5 dB(A) per il Leq (A) durante il periodo diurno: 3 dB(A) per il Leq (A) durante il periodo notturno. La misura deve essere effettuata nel tempo di osservazione del fenomeno acustico negli ambienti abitativi.
3. Le imprese possono avvalersi della facoltà di cui all'art. 3.
1. Gli allegati A e B e le tabelle 1 e 2 sono parte integrante del presente decreto.
1. Ambiente abitativo.
Ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza di persone o comunità ed utilizzato per le diverse attività umane:vengono esclusi gli ambienti di lavoro salvo quanto concerne l'immissione di rumore da sorgenti esterne o interne non connesse con attività lavorativa.
2. Rumore.
Qualunque emissione sonora che provochi sull'uomo effetti indesiderati, disturbanti o dannosi o che determini un qualsiasi deterioramento qualitativo dell'ambiente.
3. Livello di rumore residuo - Lr.
É il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato 'A' che si rileva quando si escludono le specifiche sorgenti disturbanti. Esso deve essere misurato con le identiche modalità impiegate per la misura del rumore ambientale.
4. Livello di rumore ambientale - La.
É il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato 'A' prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo. Il rumore ambientale è costituito dall'insieme del rumore residuo (come definito al punto 3) e da quello prodotto dalle specifiche sorgenti disturbanti.
5. Sorgente sonora.
Qualsiasi oggetto, dispositivo, macchina o impianto o essere vivente idoneo a produrre emissioni sonore.
6. Sorgente specifica.
Sorgente sonora selettivamente identificabile che costituisce la causa del disturbo.
7. Livello di pressione sonora.
Esprime il valore della pressione acustica di un fenomeno sonoro mediante la scala logaritmica dei decibel (dB) ed è dato dalla relazione seguente: dove p è il valore efficace della pressione sonora misurata in pascal (Pa) è P0 è la pressione di riferimento che si assume uguale a 20 micropascal in condizioni standard.
8. Livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato 'A'.
É il parametro fisico adottato per la misura del rumore, definito dalla relazione analitica seguente: dove pa(t) è il valore istantaneo della pressione sonora ponderata secondo la curva A (norma I.E.C. n. 651); po è il valore della pressione sonora di riferimento già citato al punto 7; T è l'intervallo di tempo di integrazione; Leq (A),T esprime il livello energetico medio del rumore ponderato in curva A, nell'intervallo di tempo considerato.
9. Livello differenziale di rumore.
Differenza tra il livello Leq (A) di rumore ambientale e quello del rumore residuo.
10. Rumore con componenti impulsive.
Emissione sonora nella quale siano chiaramente udibili e strumentalmente rilevabili eventi sonori di durata inferiore ad un secondo.
11. Tempo di riferimento - Tr.
É il parametro che rappresenta la collocazione del fenomeno acustico nell'arco delle 24 ore: si individuano il periodo diurno e notturno. Il periodo diurno è di norma, quello relativo all'intervallo di tempo compreso tra le h 6,00 e le h. 22,00. Il periodo notturno è quello relativo all'intervallo di tempo compreso tra le h 22,00 e le h 6,00.
12. Rumori con componenti tonali.
Emissioni sonore all'interno delle quali siano evidenziabili suoni corrispondenti ad un tono puro o contenuti entro 1/3 di ottava e che siano chiaramente udibili e strumentalmente rilevabili.
13. Tempo di osservazione - To.
É un periodo di tempo, compreso entro uno dei tempi di riferimento, durante il quale l'operatore effettua il controllo e la verifica delle condizioni di rumorosità.
14. Tempo di misura - Tm.
É il periodo di tempo, compreso entro il tempo di osservazione, durante il quale vengono effettuate le misure di rumore.
1. Strumentazione.
Devono essere utilizzati strumenti di misura almeno di classe I come definiti negli standard I.E.C. (International Electrotechnical Commission) n. 651 del 1979 e n. 804 del 1985; le misure devono essere eseguite con un misuratore di livello sonoro (fonometro) integratore o strumentazione equivalente. Si deve poter procedere anche a misura dei livelli sonori massimi con costante di tempo 'slow' ed 'impulse' ed all'analisi per bande di terzo d'ottava.
2. Calibrazione del fonometro.
Il fonometro deve essere calibrato con uno strumento il cui grado di precisione sia non inferiore a quello del fonometro stesso.
La calibrazione dovrà essere eseguita prima e dopo ogni ciclo di misura. Le misure fonometriche eseguite sono da ritenersi valide se le due calibrazioni effettuate prima e dopo il ciclo di misura differiscono al massimo di 0.5 dB.
3. Rilevamento del livello di rumore.
Il rilevamento deve essere eseguito misurando il livello sonoro continuo equivalente ponderato in curva A (Leq A) per un tempo di misura sufficiente ad ottenere una valutazione significativa del fenomeno sonoro esaminato. Per le sorgenti fisse tale rilevamento dovrà, comunque, essere eseguito nel periodo di massimo disturbo non tenendo conto di eventi eccezionali ed in corrispondenza del luogo disturbato. Il microfono del fonometro deve essere posizionato a metri 1.20-1.50 dal suolo, ad almeno un metro da altre superfici interferenti (pareti ed ostacoli in genere), e deve essere orientato verso la sorgente di rumore la cui provenienza sia identificabile.
L'osservatore deve tenersi a sufficiente distanza dal microfono per non interferire con la misura.
La misura deve essere arrotondata a 0.5 dB.
Le misure in esterno devono essere eseguite in condizioni meteorologiche normali ed in assenza di precipitazioni atmosferiche.
3.1. Per misure in esterno.
Il microfono deve essere munito di cuffia antivento. Nel caso di edifici con facciata a filo della sede stradale o di spazi liberi, il microfono dev'essere collocato a metri uno dalla facciata stessa. Nel caso di edifici con distacco dalla sede stradale o di spazi liberi, il microfono dev'essere collocato a metri uno dalla perimetrazione esterna dell'edificio. Nelle aree esterne non edificate, i rilevamenti devono essere effettuati in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone o comunità. Si deve effettuare la misura del livello di rumore ambientale e confrontarla con i limiti di esposizione di cui all'art. 2 di cui al presente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
3.2. Per misure all'interno di ambienti abitativi.
Il rilevamento in caso di sorgenti esterne all'edificio deve essere eseguito a finestre aperte, ad un metro da esse. Fermo restando quanto contenuto nel precedente punto 3 per quanto riguarda il rilevamento del livello assoluto di rumore, per il rilevamento del livello differenziale si deve effettuare la misura del rumore ambientale (definito nell'allegato A al punto 4) e del rumore residuo (definito nell'allegato A al punto 3).
La differenza fra rumore ambientale e rumore residuo verrà confrontata con i limiti massimi differenziali di cui al presente decreto. Qualora il livello del rumore ambientale misurato a finestre chiuse sia inferiore a 40 dB(A) durante il periodo diurno e 30 dB(A) durante il periodo notturno, ogni effetto di disturbo del rumore è ritenuto trascurabile e, quindi, il livello del rumore ambientale rilevato deve considerarsi accettabile. Inoltre valori di rumore ambientale superiori a 60 dB(A) durante il periodo diurno ed a 45 dB(A) durante il periodo notturno non devono comunque essere considerati accettabili ai fini dell'applicabilità del criterio del limite massimo differenziale, restando comunque valida l'applicabilità del criterio stesso per livelli di rumore ambientale inferiori ai valori sopradetti.
4. Riconoscimento di componenti impulsive nel rumore.
Nel caso si riconosca soggettivamente la presenza di componenti impulsive ripetitive nel rumore, si procede ad una verifica. A tal fine si effettua la misura del livello massimo del rumore rispettivamente con costante di tempo 'slow' ed 'impulse'. Qualora la differenza dei valori massimi delle due misure suddette sia superiore a 5 dB(A), viene riconosciuta la presenza di componenti impulsive penalizzabili nel rumore. In tal caso il valore del rumore misurato in Leq (A) dev'essere maggiorato di 3 dB(A).
5. Riconoscimento di componenti tonali nel rumore.
Nel caso si riconosca soggettivamente la presenza di componenti tonali nel rumore, si procede ad una verifica. A tal fine si effettua un'analisi spettrale del rumore per bande di 1/3 di ottava. Quando, all'interno di una banda di 1/3 di ottava, il livello di pressione sonora supera di almeno 5 dB i livelli di pressione sonora di ambedue le bande adiacenti, viene riconosciuta la presenza di componenti tonali penalizzabili nel rumore. In tal caso, il valore del rumore misurato in Leq (A) dev'essere maggiorato di 3 dB(A).
6. Presenza contemporanea di componenti impulsive e tonali nel rumore.
Nel caso si rilevi la presenza contemporanea di componenti impulsive e tonali nel rumore, come indicato ai punti 4 e 5, il valore del rumore misurato in Leq (A) dev'essere maggiorato di 6 dB(A).
7. Presenza di componenti impulsive e/o tonali nel rumore residuo.
Nel caso si rilevi la presenza di componenti impulsive e/o tonali nel rumore ambientale, si deve verificare l'eventuale presenza delle stesse nel rumore residuo, con le modalità previste ai punti 4, 5 e 6 ed applicare ad esso le penalizzazioni di cui ai punti medesimi.
8. Presenza di rumore a tempo parziale.
Esclusivamente durante il tempo di riferimento relativo al periodo diurno (come definito al punto 11 dell'allegato A), si prende in considerazione la presenza di un rumore a tempo parziale nel caso di persistenza del rumore stesso per un tempo totale non superiore ad un'ora. Qualora il rumore a tempo parziale sia compreso tra 1 h e 15 minuti il valore del rumore ambientale, misurato in Leq (A) dev'essere diminuito di 3 dB(A); qualora sia inferiore a 15 minuti il Leq (A) dev'essere diminuito di 5 dB(A).
Per le emissioni sonore provenienti da sistemi di allarme, non si applicano i limiti del presente decreto, ma la durata di tale emissione non può superare il periodo di 15 minuti.
9. Presentazione dei risultati.
I risultati dei rilevamenti devono essere trascritti in un rapporto che contenga almeno i seguenti dati:
a) data, luogo ed ora del rilevamento;
b) tempo di riferimento, di osservazione e di misura, come definiti ai punti 11, 13 e 14 dell'allegato A;
c) strumentazione impiegata e relativo grado di precisione, secondo gli standard I.E.C. n. 651 del 1979 e n. 804 del 1985;
d) valori in Leq (A) rilevati del rumore residuo, all'interno degli ambienti confinati eventualmente corretti per la presenza di componenti impulsive e/o tonali;
e) valori in Leq (A) rilevati del rumore ambientale, eventualmente corretti per la presenza di componenti impulsive, tonali e/o di rumore a tempo parziale, all'interno degli ambienti confinati;
f) differenza rilevata fra Leq (A) del rumore ambientale e Leq (A) del rumore residuo;
g) limite massimo differenziale applicato nel tempo di riferimento considerato (diurno, notturno);
h) valori di Leq (A) del rumore ambientale rilevato in esterno, eventualmente corretto come indicato nel punto e);
i) classe di destinazione d'uso alla quale appartiene il luogo di misura e relativi valori dei limiti massimi di esposizione;
l) giudizio conclusivo.
Classe I - Aree particolarmente protette.
Rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.
Classe II - Aree destinate ad uso prevalentemente residenziale.
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali ed artigianali.
Classe III - Aree di tipo misto.
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione con presenza di attività commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.
Classe IV - Aree di intensa attività umana.
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali; le aree con limitata presenza di piccole industrie.
Classe V - Aree prevalentemente industriali.
Rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni.
Classe VI - Aree esclusivamente industriali.
Rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi.
Portale "Ingegneria e
Campanologia" -
Autore -
Sommario
- Mappa del Sito -
Home
Bib-TS-024 - La Legge è desunta dal sito fonte originario: http://www.minambiente.it/normative/decreto-del-presidente-del-consiglio-dei-ministri-1deg-marzo-1991-limiti-massimi-di